IL TRIBUNALE DI CATANIA

Prima Sezione Civile riunito in camera di consiglio e composto dai seguenti magistrati: dott. Massimo Escher Presidente dott. Ignazio Cannata Baratta giudice dott. ssa Venera Condorelli giudice relatore

esaminati gli atti del procedimento iscritto al n. 2438/2024 R.G., avente ad oggetto la declaratoria di incandidabilità, ex art. 143, comma 11, d. lgs. 267/2000, di Sgroi Francesco Giovanni Emanuele, Russo Maria Serena, Proietto Batturi Nunzio Gerardo, Sgroi Francesco, Petrina Chiara, Sindoni Sara Anna, Gullotto Maria Cristina; con l’intervento del Pubblico Ministero sciogliendo la riserva assunta all’udienza in camera di consiglio del 17 ottobre 2024; OSSERVA

1.       Con nota del 21.2.2024, il Ministero dell’Interno inoltrava, per le finalità di cui all’art. 143, comma 11, d. lgs. 267/2000 (Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali, d’ora in poi T.U.E.L.), copia del decreto del Presidente della Repubblica emesso in data 26.1.2024 con cui era stato adottato lo scioglimento del Consiglio Comunale del Comune di Randazzo, unitamente alla copia della proposta di scioglimento redatta dal Ministro dell’Interno ed alla relazione del Prefetto di Catania.

Francesco Sgroi, ex sindaco di Randazzo. Sopra: il municipio della città etnea

 Instaurato ritualmente il contraddittorio, all’udienza camerale del 27/6/2024 sono comparsi, per il tramite dei rispettivi difensori, le parti costituite Sgroi Francesco Giovanni Emanuele, con l’avv. Luigi Casiraro, Russo Maria Serena, con gli avv.ti Giacomo Cugnata, Liliana D’Amico e Giovanni Maia, Proietto Batturi Nunzio Gerardo, con gli avv.ti Fabrizio Tigano e Stefania Caggegi, Sgroi Francesco, con l’avv. Nicola Mazzaglia, Petrina Chiara, con l’avv. Alfio Scuderi, Sindoni Sara Anna, con l’avv. Giuseppe Berretta e Gullotto Maria Cristina, con l’avv. 2 Bonaventura Lo Duca, nonché il Pubblico Ministero ed il Ministero dell’Interno, costituito per il tramite dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato. L’Avvocatura dello Stato ha precisato che la domanda di incandidabilità di cui all’art. 143 comma11 TU enti locali come modificato dal D.L. 113/2018 convertito in L. 132/2018 era rivolta nei soli confronti dell’ex sindaco Sgroi Francesco Giovanni Emanuele e dell’ex assessore Proietto Batturi Nunzio Gerardo; ciò comporta il tacito venir meno della domanda dell’amministrazione nei confronti degli altri soggetti evocati in giudizio sulla scorta dell’originaria proposta del Ministero dell’Interno; i procuratori delle parti costituite Russo Maria Serena, Sgroi Francesco, Petrina Chiara, Sindoni Sara Anna e Gullotto Maria Cristina hanno accettato la rinuncia dell’Amministrazione alla domanda di incandidabilità nei confronti dei rispettivi assistiti. Infine all’udienza del 17/10/2024 le parti hanno discusso la causa e il Collegio si è riservato di decidere.

2.          Va preliminarmente rilevato come la dichiarazione del Ministero dell’Interno, volta a circoscrivere solo ad alcuni amministratori la domanda di dichiarazione di incandidabilità, debba essere qualificata come parziale rinuncia agli atti, costituendo la proposta ministeriale l’unico atto introduttivo dello speciale giudizio previsto dall’art. 143 del d.lgs. n. 267 del 2000, con cui il legislatore, per un verso, ha derogato al disposto dell’art. 737 c.p.c., sulla “edictio actionis” necessaria per ottenere un provvedimento cautelare e, per altro verso, non ne ha consentito la sostituzione con atti diversi dalla proposta ministeriale in questione (orientamento maggioritario, cfr. Cass., n. 16048/2015).

La rinuncia agli atti da parte dell’Amministrazione nei confronti di alcuni degli amministratori indicati nella proposta è regolare ed efficace e appare perfettamente compatibile con il modulo procedimentale dell’ordinario giudizio camerale contenzioso applicato al caso di specie giusta il richiamo dell’art. 143 comma 11 ultimo capoverso TU Enti locali: va pertanto dichiarata l’estinzione del giudizio nei confronti di Russo Maria Serena, Sgroi Francesco, Petrina Chiara, Sindoni Sara Anna e Gullotto Maria Cristina, con compensazione delle spese di lite avuto riguardo alla condotta processuale dell’Amministrazione che sin da subito ha precisato di limitare la domanda nei confronti dei soli Sgroi Francesco Giovanni Emanuele e Proietto Batturi Nunzio Gerardo.

2.1       Non può trovare accoglimento la richiesta, avanzata nell’interesse di Sgroi Francesco Giovanni Emanuele, di emissione dell’ordine di esibizione avente ad oggetto la relazione della Commissione d’indagine prefettizia e dei relativi allegati, trattandosi di documenti coperti da vincolo di riservatezza apposto dal Ministero dell’Interno e dunque non acquisibili al fascicolo telematico, al fine dell’instaurazione del contraddittorio tra le parti.

Il sit in antimafia organizzato dalla società civile di Randazzo alcuni mesi fa

3.       L’odierno procedimento trae origine dal provvedimento di scioglimento del Consiglio Comunale del Comune di Randazzo disposto con decreto del Presidente della Repubblica emesso in data 26.1.2024, ai sensi dell’art. 143 d. lgs. 267/2000. Le motivazioni poste a sostegno del provvedimento di massimo rigore adottato dal Presidente della Repubblica, su conforme richiesta del Ministro dell’Interno, trovano fondamento negli atti di inchiesta della commissione d’indagine nominata dal Prefetto di Catania e muovono dall’esecuzione di un’ordinanza applicativa della misura cautelare nei confronti di soggetti contigui o appartenenti al gruppo mafioso “Sangani”, con a capo Salvatore Sangani, riconducibile al clan Laudani (operazione “Terra Bruciata”, p.p. n. 11080/2018 R.G.N.R.). La relazione prefettizia pone preliminarmente in rilievo il contesto territoriale nel quale insiste il comune di Randazzo, caratterizzato storicamente da una conclamata e radicata presenza di associazioni a delinquere di tipo mafioso, da sempre interessato ad interferire nella vita politico -amministrativa degli enti locali del territorio.

L’oggetto dell’attività della Commissione ha riguardato l’arco temporale intercorrente tra il 2018 e il 19 marzo 2023, periodo in cui (a parte la brevissima parentesi del Commissario regionale fra il mese di marzo ed il giugno 2022) si è dispiegata l’attività amministrativa delle due sindacature Sgroi, caratterizzate da un’assoluta continuità politico-amministrativa.

Come riferito dal Prefetto di Catania, gli esiti del monitoraggio condotto sull’ente locale, avviato a seguito di diverse iniziative giudiziarie, nonché le risultanze di attività investigative delle forze di polizia, culminate nell’operazione di polizia giudiziaria denominata “Terra bruciata”, hanno posto in risalto possibili forme di condizionamento dell’amministrazione locale da parte di organizzazioni criminali operanti sul territorio di Randazzo. Con riferimento all’ex sindaco Sgroi, viene riferito come lo stesso ed altri due consiglieri comunali siano stati indagati del reato di cui all’art. 110 e 416 ter c.p. – scambio elettorale politico mafioso, in concorso -in quanto, in occasione della tornata elettorale amministrativa svoltasi nel 2018, alcuni di loro sarebbero stati “appoggiati da due pregiudicati per mafia”, imputazione archiviata in data 24 marzo 2023 dal giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Catania. Sebbene le risultanze delle indagini non siano scaturite in un procedimento penale, le stesse avrebbero messo in luce la presenza e la considerazione goduta dai soggetti legati alla criminalità organizzata all’interno delle istituzioni locali.

3.1      Gli esiti dell’attività ispettiva hanno evidenziato un tessuto relazionale e parentale, nonché stretti rapporti personali degli amministratori e dei dipendenti comunali con soggetti gravati da condanne per associazione di stampo mafioso, dai quali sarebbero scaturiti una serie di condizionamenti dell’ente da parte della locale criminalità organizzata, con conseguente svilimento e perdita di credibilità dell’istituzione locale, volta a perseguire fini diversi da quelli istituzionali, unitamente all’inevitabile pregiudizio degli interessi della collettività.

In particolare, viene segnalato come lo stesso ex primo cittadino sia cognato di Paolo Rombes, soggetto controindicato già arrestato in una precedente operazione di polizia giudiziaria per associazione di tipo mafioso, unitamente ad esponenti del locale gruppo criminale. Viene riferito, inoltre, come sia emersa la personale vicinanza, nonché lo stretto e continuo legame, assai risalente nel tempo e ancora attuale, che lo stesso ex primo cittadino mantiene con soggetti contigui ad ambienti malavitosi, oltreché frequentazioni con pregiudicati della zona, alcuni dei quali accusati anche di reati di associazione a delinquere di tipo mafioso.

Tra questi, viene menzionato Francesco Rosta, esponente di vertice del locale clan mafioso, il quale sarebbe intervenuto in prima persona, unitamente ad altri, nella violenta aggressione armata posta in essere ai danni di un soggetto in relazione al furto subito dal predetto ex primo cittadino presso l’abitazione di residenza. Francesco Rosta, in più occasioni, oltre a dichiarare di avere con lo Sgroi un rapporto di fraterna amicizia, avrebbe rivelato di aver fatto campagna elettorale in suo favore durante le precedenti tornate amministrative, svoltesi rispettivamente nel 2013 e nel 2018. Rapporti di stretta frequentazione con soggetti riconducibili ad ambienti controindicati vengono segnalati anche nei confronti dell’ex assessore, con delega ai lavori pubblici, Nunzio Gerardo Proietto Batturi, punto di riferimento dell’ex sindaco Sgroi e imprenditore di rilievo nel territorio di Randazzo, il quale risulta essere titolare di varie imprese, fra cui “L’Orchidea” che, nel corso dell’amministrazione Sgroi, ha ottenuto pubbliche commesse per lavori nel cimitero comunale.

Al riguardo, viene riferito che nelle imprese riconducibili al Batturi hanno svolto attività lavorativa esponenti legati alla criminalità organizzata operante a Randazzo, fra cui anche uno stretto parente di un pregiudicato per reati mafiosi, coinvolto nella succitata operazione di polizia giudiziaria. Viene sottolineato, inoltre, lo stretto rapporto amicale che lega il Batturi ad Alessandro Santo Spampinato, noto esponente mafioso e viene posto in rilievo come l’intensa relazione personale si sia palesata, tra l’altro, in occasione della costituzione in carcere del predetto esponente, il quale risulta essere stato accompagnato personalmente dal citato ex amministratore comunale, utilizzando la propria autovettura.

La commissione di indagine riferisce in ordine ad un’acclarata mala gestio della cosa pubblica ed un’evidente assenza di legalità dell’azione amministrativa, evidenziando la grave precarietà funzionale degli uffici comunali, nonché l’ingerenza operata sugli stessi dall’ex sindaco, in violazione del principio di separazione tra la funzione politica e quella gestionale. La commissione di indagine rileva altresì la pressoché totale assenza delle cautele antimafia nell’effettuazione delle procedure di affidamenti e di servizi. Al riguardo, viene messa in luce la circostanza che il personale comunale sia stato accreditato per operare l’accesso alla banca dati nazionale antimafia (BDNA) solo alla fine dell’anno 2022.

Come sottolineato dal Prefetto, l’inefficienza complessiva dell’azione amministrativa si rileva anche dalla grave situazione finanziaria in cui versa l’ente locale in argomento, attualmente in stato di dissesto. A questo proposito, nel porre in rilievo il breve tempo intercorso tra l’approvazione del piano di riequilibrio pluriennale finanziario e la proposta di dissesto – conseguente a un disavanzo ulteriormente provocato da un cospicuo ammontare di debiti fuori bilancio, sia di parte corrente che di parte capitale – il Prefetto evidenzia come rispetto a tale disavanzo l‘amministrazione comunale non abbia inteso porre in essere alcuna iniziativa, né rimedio, preferendo, invece, procedere alla dichiarazione di dissesto finanziario, scelta che potrebbe essere stata strumentale e giustificativa per la successiva alienazione di terreni di proprietà comunale a favore di famiglie mafiose. L’organo ispettivo ha rilevato come gli uffici comunali non avessero la reale conoscenza del patrimonio dell’ente, atteso che l’elenco consegnato alla commissione di indagine riportava un ammontare di soli n. 238 beni, a fronte di cespiti ben più numerosi (n. 1798) accertati a mezzo dell’Agenzia delle Entrate. Risulta inoltre che tali beni siano stati spesso utilizzati dai menzionati soggetti controindicati per ottenere erogazioni da parte dell’AGEA.

La commissione ha riscontrato criticità anche in tema di contrasto all’abusivismo edilizio, fenomeno persistente nel territorio di Randazzo e rispetto al quale, come sottolineato dal Prefetto, non risulta che l‘amministrazione comunale abbia posto in essere alcuna concreta iniziativa di contrasto, proseguendo nell’atteggiamento inerte delle precedenti gestioni e omettendo di adottare i dovuti provvedimenti di demolizione dei manufatti abusivi. Viene segnalata in particolare la vicenda relativa ad alcuni fabbricati rurali abusivi, costruiti su terreni di proprietà comunale, in contrada Dagala Longa e nella disponibilità di un locale clan mafioso. L’esistenza degli abusi edilizi è emersa all’esito delle indagini relative all’ operazione di polizia giudiziaria denominata “Terra bruciata”, essendo stato messo in luce come i manufatti posti in una locale contrada venissero utilizzati dal gruppo criminale oltre per il ricovero e il pascolo abusivo di bestiame, anche per occultarvi armi, munizioni e sostanze stupefacenti. Al riguardo, la commissione di indagine riferisce come solo dal mese di novembre 2022 l’ex primo cittadino abbia iniziato ad occuparsi degli abusi rilevati, segnalando in particolare come solo all’indomani dell’avvio dell’attività ispettiva lo stesso abbia richiesto alla Regione siciliana l’accesso al fondo di rotazione per la demolizione degli immobili abusivi. Altro elemento sintomatico del condizionamento dell’ente locale agli interessi della criminalità organizzata è stato individuato nella gestione dei beni confiscati alla mafia e, nel caso specifico, in relazione ai terreni già di proprietà di Francesco Rosta, esponente del gruppo mafioso locale e tuttora nella disponibilità del figlio, Giuseppe Rosta, il quale ha costruito abusivamente su uno dei predetti terreni definitivamente confiscati, un manufatto adibito al ricovero degli animali.

A questo riguardo la commissione d’indagine, nel riferire che i beni in questione erano tra quelli da consegnare ai comuni e per i quali era stata indetta apposita conferenza di servizi presso la Prefettura di Catania, ha rilevato che la relativa assegnazione era stata rifiutata dal comune di Randazzo, rappresentato per l’occasione proprio dal succitato ex assessore Batturi, il quale – nonostante le assicurazioni fornite anche da alcune associazioni aventi finalità sociali circa l’aiuto che avrebbero avuto i comuni nell’utilizzo dei beni confiscati – aveva motivato la scelta negativa dell’amministrazione sulla base della lontananza dei terreni in argomento dal centro abitato. Irregolarità e assenze di controlli e di verifiche anagrafiche sui residenti sono state segnalate dalla commissione di indagine anche nella gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, essendo stato accertato come numerosi alloggi popolari risultino occupati sine titulo, con la sostanziale connivenza degli uffici comunali, da soggetti legati al contesto criminale locale e privi dei requisiti per poter beneficiare di tali alloggi, a scapito dei legittimi assegnatari.

La relazione della commissione d’indagine segnala, altresì, come tra gli occupanti abusivi vi sia anche un appartenente alla locale consorteria, coinvolto nella già menzionata operazione di polizia giudiziaria e tratto in arresto proprio nell’alloggio pubblico, illegittimamente utilizzato dal medesimo. Al riguardo, vengono poste in rilievo le ripetute difficoltà frapposte dagli uffici comunali nel reperire e fornire all’organo ispettivo la documentazione riguardante le assegnazioni e i relativi elenchi degli occupanti gli alloggi popolari, atti in gran parte risultati essere incompleti e non aderenti alla realtà dei fatti, in particolare quelli riguardanti alcuni soggetti controindicati, nei confronti dei quali sono mancate le necessarie verifiche anagrafiche rispetto alle dichiarazioni dai medesimi prodotte in comune e, soprattutto, sono stati omessi i relativi controlli da parte della polizia municipale.

Come riferito dal Prefetto, criticità sono state riscontrate dall’organo ispettivo anche nelle procedure di rilascio di licenze commerciali, considerato che dalla verifica degli intestatari delle centoventidue licenze commerciali rilasciate dal comune di Randazzo negli ultimi cinque anni, è risultato che numerose sono quelle intestate a favore di soggetti aventi rapporti personali, familiari o frequentazioni con appartenenti alle locali famiglie mafiose. In proposito, risulta emblematico che gli uffici comunali preposti non abbiano effettuato alcun controllo in relazione alle attività commerciali avviate nell’ultimo quinquennio con segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA), manifestando un’inerzia che ha favorito l’esercizio delle stesse da parte di soggetti legati alla criminalità organizzata.

Ed ancora l’azione ispettiva, nel soffermarsi anche sulle procedure di appalto di lavori è servizi, denuncia come in molteplici casi il ricorso agli affidamenti diretti in somma urgenza sia stato effettuato in assenza delle condizioni emergenziali o di eventi imprevedibili, che avrebbero giustificato il ricorso a tali specifiche procedure, ponendo in rilievo, altresì, come queste ultime siano state adottate a seguito di una mancata programmazione degli interventi, di incuria e degrado amministrativo, imputabili ad una sostanziale mala gestio della cosa pubblica. In proposito viene segnalato come, di fatto, il comune di Randazzo abbia fatto ricorso ad un artificioso utilizzo delle procedure di somma urgenza per lavori che avrebbero, invece, dovuto seguire le ordinarie procedure di evidenza pubblica, con ciò favorendo anche ditte vicine alla criminalità organizzata e presso le quali risultano prestare attività lavorativa numerosi soggetti controindicati. Al riguardo, viene evidenziato come nei confronti di tali società sia mancato il puntuale controllo preventivo di legge, previsto proprio per prevenire e contrastare le possibili infiltrazioni criminali nel settore degli affidamenti pubblici.

La commissione rileva inoltre l’insufficiente azione posta in essere dall’apparato politico e dirigenziale per assicurare la riscossione dei tributi locali; segnala come che tra gli utenti non in regola con i pagamenti vi siano diversi amministratori comunali ed esponenti delle locali famiglie mafiose, nei cui confronti gli uffici comunali non hanno intrapreso le prescritte azioni di recupero coattivo del dovuto. Conclude rilevando come le criticità riscontrate siano sintomatiche di una palese compromissione della corretta formazione della volontà degli organi elettivi e burocratici, con conseguente sviamento delle attività dell’ente rispetto al perseguimento dell’esclusivo interesse del bene pubblico.

La commissione stigmatizza l’operato dell’amministrazione comunale rilevando come alla forte capacità pervasiva delle locali consorterie criminali siano corrisposti comportamenti, anche di natura omissiva, tanto degli organi politici che di quelli dell’apparato burocratico — amministrativo, che non si esclude siano stati posti in essere per compiacere e favorire le consorterie criminali operanti a Randazzo.

Censura l’operato dell’ex sindaco Sgroi, il quale non si sarebbe mai preoccupato di intervenire, anche al fine di rendere trasparenti le attività dell’ente, sulle diverse criticità riscontrate dalla commissione di indagine. La commissione rileva come, rispetto alle occupazioni abusive di alloggi popolari, l’amministrazione Sgroi non avrebbe operato in alcun modo al fine di ricondurre la gestione del patrimonio immobiliare comunale nell’alveo della legalità, perpetuando evidenti situazioni di favoritismo a beneficio di esponenti di una locale famiglia mafiosa. Con riguardo, poi, alle varie situazioni di abusivismo edilizio riscontrate nel territorio di Randazzo, la commissione rileva come il primo cittadino si sia attivato per richiedere alla Regione siciliana l’accesso al fondo di rotazione per la demolizione degli immobili abusivi, solo all’indomani dell’avvio dell’attività ispettiva presso il Comune.

Viene pertanto censurato l’operato del sindaco, sotto il profilo della violazione del dovere di vigilanza sull’attività dell’ente, oltre che di controllo ed indirizzo, dovere il cui adempimento “avrebbe potuto evitare le infiltrazioni che hanno condotto allo scioglimento del Consiglio” (Cfr., Corte di Cassazione, Sez. I Civile, ordinanza n. 22868 del 27 luglio 2023).

4.       Ciò premesso, sintetizzata la relazione prefettizia, in diritto si osserva che l’art. 143 comma 11 T.U.E.L., nel testo ratione temporis applicabile, così dispone: “ Fatta salva ogni altra misura interdittiva ed accessoria eventualmente prevista, gli amministratori responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento di cui al presente articolo non possono essere candidati alle elezioni per la Camera dei deputati, per il Senato della Repubblica e per il Parlamento europeo nonchè alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, in relazione ai due turni elettorali successivi allo scioglimento stesso, qualora la loro incandidabilità sia dichiarata con provvedimento definitivo. Ai fini della dichiarazione d’incandidabilità il Ministro dell’interno invia senza ritardo la proposta di scioglimento di cui al comma 4 al tribunale competente per territorio, che valuta la sussistenza degli elementi di cui al comma 1 con riferimento agli amministratori indicati nella proposta stessa. Si applicano, in quanto compatibili, le procedure di cui al libro IV, titolo II, capo VI, del codice di procedura civile”.

Circa la natura e la funzione dell’istituto va richiamato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui “la misura interdittiva della incandidabilità dell’amministratore responsabile delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento del consiglio comunale conseguente a fenomeni di infiltrazione di tipo mafioso o similare nel tessuto istituzionale locale, privando temporaneamente il predetto soggetto della possibilità di candidarsi nell’ambito di competizioni elettorali destinate a svolgersi nello stesso territorio regionale, rappresenta un rimedio di extrema ratio volto ad evitare il ricrearsi delle situazioni che la misura dissolutoria ha inteso ovviare, e a salvaguardare così beni primari dell’intera collettività nazionale – accanto alla sicurezza pubblica, la trasparenza e il buon andamento delle amministrazioni comunali nonché il regolare funzionamento dei servizi loro affidati, capaci di alimentare la “credibilità” delle amministrazioni locali presso il pubblico e il rapporto di fiducia dei cittadini verso le istituzioni -, beni compromessi o messi in pericolo, non solo dalla collusione tra amministratori locali e criminalità organizzata, ma anche dal condizionamento comunque subito dai primi, non fronteggiabile, secondo la scelta non irragionevolmente compiuta dal legislatore, con altri apparati preventivi o sanzionatori dell’ordinamento” (Cass. sez. un. n. 1747/2015). Secondo un consolidato orientamento della Suprema Corte, “La natura dell’incandidabilità prevista dal D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 143, comma 11, in caso di scioglimento del consiglio comunale o provinciale per infiltrazioni mafiose, a carico degli amministratori responsabili delle condotte che abbiano dato causa al predetto provvedimento, è stata già presa in esame dalle Sezioni Unite di questa Corte, le quali vi hanno ravvisato una misura interdittiva volta a porre rimedio al rischio che quanti abbiano cagionato il grave dissesto dell’ente possano aspirare a ricoprire cariche identiche o simili a quelle precedentemente rivestite, e in tal modo perpetuare potenzialmente l’ingerenza inquinante nella vita delle amministrazioni democratiche locali.

L’autonomia del procedimento di applicazione e la diversità dei presupposti rispetto a quello penale hanno indotto ad escludere il carattere propriamente sanzionatorio dell’incandidabilità e la riconducibilità della stessa all’ambito strettamente penalistico, essendosi rilevato che ai fini della relativa dichiarazione non si richiede che la condotta dell’amministratore dell’ente locale integri gli estremi del reato di partecipazione ad associazione mafiosa o concorso esterno nella stessa, ma è sufficiente che egli sia stato in colpa nella cattiva gestione della cosa pubblica, aperta alle ingerenze ed alle pressioni delle associazioni criminali operanti sul territorio.

E’ stata quindi riconosciuta la funzione sostanzialmente preventiva della misura, qualificata come un rimedio di extrema ratio, in quanto volta ad evitare il ricrearsi delle situazioni cui il provvedimento di scioglimento ha inteso ovviare, e quindi a salvaguardare beni primari della collettività nazionale, identificabili nella legalità ed imparzialità dell’amministrazione e nella sua credibilità presso il pubblico, e cioè nel rapporto di fiducia dei cittadini verso l’istituzione, incrinato da fenomeni di infiltrazione e condizionamento riconducibili alla condotta degli amministratori (cfr. Cass., Sez. Un., 30/01/2015, n. 1747; al riguardo, v. anche Cass., Sez. 1, 3/08/2017, n. 19407). E’ noto peraltro che la natura extrapenale della misura, mentre nell’ambito del diritto interno consente di escludere l’integrale assoggettamento della stessa al regime proprio della sanzione penale, non risulta di per sé sufficiente ad impedire l’applicazione dei principi stabiliti dalla CEDU, tenuto conto della maggiore ampiezza della nozione di “materia penale” dalla stessa emergente, alla stregua dell’interpretazione fornitane dalla Corte EDU, che costituisce il necessario termine di riferimento anche per il Giudice nazionale: ai fini della predetta nozione, la natura della misura e lo scopo per cui è comminata costituiscono infatti soltanto uno degli aspetti da tenere in conto, dovendosi avere riguardo anche alla classificazione formale della violazione che ne determina l’applicazione, ovverosia della qualificazione della stessa come reato o altro tipo d’illecito da parte dell’ordinamento nazionale, nonché alla severità delle conseguenze che quest’ultimo vi ricollega (cfr. per tutte Corte EDU, sent. 8/06/1976, Engel c. Paesi Bassi; 21/02/1984, Ozturk c. Germania; 23/11/2006, Jussila c. Finlandia). Anche in quest’ottica, tuttavia, la misura prevista dalla norma in esame non appare riconducibile al concetto di sanzione penale, in quanto la sua applicazione non è conseguenza automatica di una condanna penale, ma richiede un procedimento autonomo, il cui oggetto è costituito, come si è detto, dall’accertamento non già di un reato, ma di una condotta colposa dell’amministratore che, pur senza sconfinare necessariamente nell’illecito, abbia oggettivamente favorito l’ingerenza di associazioni criminali o il condizionamento dalle stesse esercitato sulla gestione dell’ente territoriale; l’efficacia della misura è poi contenuta entro ristretti limiti spaziali e temporali, in quanto l’incandidabilità è limitata alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali che si svolgono nella regione nel cui territorio si trova l’ente interessato dallo scioglimento, e non si estende oltre il primo turno elettorale successivo allo scioglimento.

La portata afflittiva della misura, d’altronde, oltre a rappresentare da sola un indice non decisivo ai fini della sua inclusione nella materia penale (in quanto, come riconosciuto dalla stessa Corte EDU, numerose misure extrapenali o preventive possono avere un impatto 11 significativo sulla situazione personale del soggetto coinvolto: cfr. Corte EDU, sent. 17/12/2009, M. c. Germania; 7/12/2006, Ven der Velden c. Paesi Bassi; 9/02/1995, Welch c. Regno Unito), deve costituire oggetto di particolare valutazione nel caso in cui i relativi effetti si traducano in una limitazione dell’elettorato passivo: pur affermando che l’art. 3 del Primo Protocollo addizionale alla CEDU, nel prevedere l’impegno ad organizzare libere elezioni in condizioni tali da assicurare la libera espressione dell’opinione del popolo, stabilisce un principio di primaria importanza per il sistema della Convenzione, il quale implica il diritto soggettivo di votare e candidarsi per l’elezione, la Corte EDU ha infatti riconosciuto che gli Stati contraenti godono in proposito di un ampio margine di apprezzamento, dovendosi tenere conto delle peculiarità storiche, politiche e culturali di ciascun ordinamento (cfr. Corte EDU, sent. 16/03/2006, 2danoka c. Lettonia; 6/10/2005, Hirst c. Regno Unito; 2/03/ 1987, MathieuMohin e Clerfayt c. Belgio), manifestando l’esigenza di una valutazione più prudente delle restrizioni imposte al diritto di elettorato passivo, rispetto a quella delle limitazioni previste per l’elettorato attivo; premesso che il diritto di presentarsi alle elezioni deve poter essere circondato, nella sua disciplina ad opera del legislatore nazionale, da particolari cautele, ha quindi escluso la natura penale di talune restrizioni, in quanto, pur essendo collegate alla commissione di un illecito, apparivano ispirate dalla prevalente esigenza di proteggere l’integrità delle istituzioni pubbliche (cfr. Corte EDU, sent. 6/01/2011, Paksas c. Lituania; 24/06/2008, Adamson c. Lettonia)” (Cass. n. 15038/2018). Alla luce dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità e dalla CEDU, pertanto, il procedimento volto all’accertamento dell’incandidabilità ha carattere autonomo rispetto al procedimento penale e, pur prescindendo dall’accertamento dell’esistenza del reato, costituisce l’extrema ratio in quanto incide, comprimendolo, sul primario diritto di elettorato passivo.

Esso è diretto ad evitare il ricrearsi di situazioni cui il provvedimento di scioglimento ha inteso ovviare, e quindi a salvaguardare beni primari della collettività nazionale, identificabili nella legalità ed imparzialità dell’amministrazione e nella sua credibilità presso il pubblico, e cioè nel rapporto di fiducia dei cittadini verso l’istituzione, incrinato da fenomeni di infiltrazione e condizionamento riconducibili alla condotta degli amministratori; in relazione a siffatta funzione, si richiede l’accertamento della sussistenza di una condotta (anche) colposa dell’amministratore che, pur non sconfinando nell’illecito, abbia comunque “favorito l’ingerenza di associazioni criminali o il condizionamento dalle stesse esercitato sulla gestione dell’ente territoriale”.

La misura in questione, dunque, non ha natura di sanzione a carico degli amministratori che con la propria condotta abbiano dato causa allo scioglimento del consiglio comunale, giacché la temporanea compromissione del diritto di elettorato passivo (che giustifica la giurisdizione del giudice ordinario) che può seguire alla pronuncia del Tribunale adito su iniziativa del Ministro dell’Interno si spiega in ragione della sua finalità cautelativa e di prevenzione, volta cioè ad escludere l’eventualità che gli amministratori “ responsabili” della dissoluzione, partecipando alla tornata elettorale successiva allo scioglimento stesso, possano perciò stesso rendere privo di reale efficacia il provvedimento di rigore, perpetuando l’ingerenza inquinante.

Una volta chiarita la natura e la funzione dell’istituto in esame, va ricordato, sotto il profilo della disciplina, che la declaratoria di incandidabilità riguardi gli amministratori responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento del consiglio comunale e che, ai fini della dichiarazione di incandidabilità, il tribunale valuta la sussistenza degli elementi indicati nel comma 1 con riferimento agli amministratori indicati nella proposta stessa (comma 11). Il richiamo al comma 1 dell’art. 143 T.U.E.L. (secondo cui “Fuori dai casi previsti dall’articolo 141, i consigli comunali e provinciali sono sciolti quando, anche a seguito di accertamenti effettuati a norma dell’articolo 59, comma 7, emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori di cui all’articolo 77, comma 2, ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica”) consente di delimitare l’oggetto dell’accertamento che in concreto il tribunale è chiamato ad operare.

È richiesta, in particolare, la presenza di “elementi” o “forme di condizionamento” che consentano di individuare la sussistenza di un rapporto fra gli amministratori e la criminalità organizzata; elementi che se, per un verso, non siano tali da concretarsi in forme di responsabilità penali degli amministratori, come detto, per altro verso è necessario che si pongano come “concreti univoci e rilevanti” ed assumano valenza tale da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi amministrativi e da compromettere l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali” (Cons. Stato n. 126/2013). In altri termini, ai fini del presente giudizio volto alla declaratoria di incandidabilità degli “amministratori responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento”, si richiede la presenza di “elementi” su “collegamenti” o “forme di condizionamento” che consentano di individuare la sussistenza di un rapporto fra gli amministratori e la criminalità organizzata che non devono necessariamente concretarsi in situazioni di accertata volontà degli amministratori di assecondare gli interessi della criminalità organizzata, né in forme di responsabilità personali, anche penali, degli amministratori” (così Cons. Stato n. 1266/2012), purché, per come richiesto dal testo risultante dalla novella del 2009, detti elementi si pongano come “concreti, univoci e rilevanti” (Cons. Stato n. 126 del 2013). Non è, dunque, sufficiente un mero quadro indiziario fondato su “semplici elementi”, in base ai quali sia solo plausibile il potenziale collegamento o l’influenza dei sodalizi criminali verso gli amministratori comunali, con condizionamento delle loro scelte e ricaduta sul buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa, sul regolare funzionamento dei servizi e sulle stesse condizioni di sicurezza pubblica, dovendo detti elementi caratterizzarsi per concretezza, essere cioè assistiti da un obiettivo e documentato accertamento nella loro realtà storica; univocità, che sta a significare la loro direzione agli scopi che la misura di rigore è intesa a prevenire; rilevanza, che si caratterizza per l’idoneità all’effetto di compromettere il regolare svolgimento delle funzioni dell’ente locale” (cfr., tra le tante, Cons. Stato n. 126 del 2013, cit.).

In ordine all’interferenza tra la valutazione dell’incandidabilità ed i presupposti dello scioglimento del consiglio comunale, la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che si tratta di accertamenti autonomi, escludendo la sussistenza di una “pregiudizialità in senso tecnicogiuridico tra il giudizio di impugnazione del decreto di scioglimento del consiglio comunale o provinciale ed il procedimento per la dichiarazione di incandidabilità degli amministratori avanti al giudice adito D.Lgs. n. 267 del 2000, ex art. 143, comma 11, trattandosi di giudizi aventi oggetto diverso, del tutto autonomi tra loro, che tuttavia possono presentare comunanza di questioni su aspetti probatori riguardanti le irregolarità commesse nella gestione dell’ente territoriale.

Ne consegue che, entro tali limiti, la sussistenza dei presupposti per l’adozione del decreto di scioglimento può costituire oggetto di autonomo accertamento da parte del giudice adito per la dichiarazione di incandidabilità, non essendo la pronuncia di quest’ultimo subordinata alla definizione del giudizio di impugnazione del decreto di scioglimento dinanzi al giudice amministrativo” (Cass. n. 15038/2018; Cass. 3024/2019). Circa il materiale probatorio utilizzabile ai fini della decisione sull’incandidabilità osserva il Collegio, in linea con l’orientamento della Suprema Corte, che il Tribunale sia chiamato a valutare la responsabilità degli amministratori non soltanto sulla base della proposta ministeriale e della relazione prefettizia ma anche prendendo in esame il materiale probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Cass. sez. un. 1747/2015).

5.        Nel caso in esame, ritiene il Collegio che l’applicazione dei superiori principi di diritto non consenta di accogliere la richiesta di incandidabilità avanzata nei confronti dell’ex sindaco del Comune di Randazzo Sgroi Francesco Giovanni Emanuele e dell’ex assessore Proietto Batturi Nunzio Gerardo. Ferma restando la valutazione spettante al Tar Lazio, investito dell’autonomo giudizio di impugnazione avverso la delibera di scioglimento del Comune di Randazzo, in questa sede occorre evidenziare la necessità di operare un accertamento individualizzato della condotta posta in essere dai singoli amministratori al fine di verificare se la stessa sia stata causa o concausa dello scioglimento del consiglio comunale. Invero, se, per un verso, al giudice amministrativo investito del giudizio di impugnazione della delibera di scioglimento compete una valutazione non atomistica delle singole condotte ma un giudizio complessivo circa il condizionamento mafioso all’interno delle istituzioni pubbliche non necessariamente traducibile in addebiti personali dei singoli amministratori (cfr. tra le tante, Tar Lazio n. 9544/2018), per altro verso, nel giudizio ordinario di incandidabilità occorre valutare le singole condotte allo scopo di evidenziare collusioni o condizionamenti che abbiano determinato, per colpa dell’amministratore, una situazione di cattiva gestione della cosa pubblica, aperta alle ingerenze esterne e asservita alle pressioni inquinanti della criminalità organizzata. A tal fine appare necessario procedere ad un accertamento dei singoli profili di addebito ricavabili dagli elementi probatori raccolti in atti.

5.1      Preme evidenziare, al riguardo, che il procedimento penale iscritto al n. 11080/2018 R.G.N.R. per il reato di scambio elettorale politico – mafioso sia stato archiviato sul presupposto che “le conversazioni forniscono la prova che Farina Giovanni, Portale Samuele ed altri residenti vantavano aspettative “tradite” dall’amministrazione, per i voti espressi in favore degli amministratori. Manca invece la prova che tali voti siano stati oggetto di preventivo accordo di scambio” (cfr. richiesta di archiviazione del P.M. in atti). Invero ciò che emerge dal provvedimento di archiviazione è il malcontento dei soggetti intercettati (affiliati al clan Sangani) per alcune iniziative del sindaco neoeletto a loro non gradite e in particolare il trasferimento del mercato comunale in area che consentiva un maggior controllo della Polizia municipale e la mancata assunzione di un soggetto presso la società Ecolandia, che aveva avuto in gestione il servizio di raccolta rifiuti dal 2013 al 2016 mediante una serie di ordinanze contingibili e urgenti, mentre nel 2018 il sindaco neoeletto aveva sollecitato il capo settore ecologia affinchè predisponesse con sollecitudine gli atti per la regolare gara d’appalto, successivamente espletata. Appare evidente come dalla documentazione in possesso del Tribunale non emerga alcuna collusione tra il sindaco Sgroi e soggetti vicini alla criminalità organizzata, in occasione delle elezioni del 2018.

Neutra appare la relazione di affinità tra l’ex sindaco e Paolo Rombes; in merito è sufficiente richiamare il consolidato orientamento della Suprema Corte secondo cui “i rapporti di parentela tra amministratori ed esponenti della criminalità non possono costituire ex se elemento indicativo di un collegamento, rilevante ai sensi dell’art. 143, d.lg. 18 agosto 2000, n. 267, dovendo invece gli stessi essere rafforzati, onde pervenire ad un dato significativo e rispettoso del criterio di concretezza, con la riscontrata sussistenza di convivenza o di assidua frequentazione, e ciò ancor di più laddove non sia il parente stesso esponente della criminalità, bensì un suo congiunto o ulteriore parente da questi acquisito, in tal modo allentandosi, anche sul piano del rapporto di parentela, la rilevanza dell’elemento indicatore del collegamento con l’amministratore” (Cons. Stato, n. 876/2016; si veda, anche, Cass. n. 19047/2017). Il riferimento alla “frequentazione di pregiudicati, anche per reati di tipo mafioso” appare, all’evidenza, oltremodo generico e indeterminato, in quanto privo di qualsivoglia indicazione circa le generalità dei soggetti e le circostanze di tali frequentazioni.

Sgroi Francesco ha allegato alla comparsa di costituzione documentazione attestante il rinnovo della licenza di porto d’armi dall’anno 2001 all’anno 2013 (periodo a cui farebbero riferimento detto frequentazioni), al fine di dimostrare la propria estraneità a circuiti criminali. Quanto al citato episodio del furto in abitazione, l’ex sindaco ha contestato la circostanza per cui avrebbe chiesto, tramite il cognato, informazioni circa gli autori dell’atto predatorio e avrebbe sollecito a tal fine l’intervento del pregiudicato Francesco Rosta; in ogni caso tale episodio, risalente all’anno 2011 e privo di riscontri probatori sulla base della documentazione agli atti, non ha alcun legame con le circostanze che hanno condotto allo scioglimento del consiglio comunale. E ciò alla luce del più volte richiamato necessario accertamento del nesso di causalità che deve collegare le condotte di amministratori con le ragioni che hanno determinato lo scioglimento del consiglio comunale che, come è evidente, non possono attenere a generici riferimenti del tutto slegati con le attività svolte dall’amministratore nell’espletamento del proprio mandato elettorale.

La difesa di Sgroi Francesco ha contestato altresì il riferito sostegno elettorale del pregiudicato all’ex sindaco durante la campagna elettorale del 2018: è stato prodotto l’elenco dei 16 sottoscrittori della lista civica del candidato Grillo, contrapposto a Sgroi, tra cui figurano diversi appartenenti alla famiglia Rosta (Rosta Francesco, in quanto condannato per il reato di cui all’art. 416 bis c.p. era privo dell’elettorato attivo), i quali sostenevano una candidata eletta al consiglio comunale con il maggior numero di voti.

5.2     Con riguardo al mancato ricorso alle cautele antimafia prescritte dalla legge, si osserva che la contestazione relativa all’omessa richiesta della documentazione antimafia, così come ogni contestazione che possa riguardare le modalità di scelta del contraente, può essere mossa unicamente all’apparato dirigenziale e non all’organo di indirizzo politico. Invero, l’art. 107 d. lgs. 267/2000 attribuisce ai dirigenti la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica, mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle ricorse umane, strumentali e di controllo. In ogni caso la difesa dell’ex sindaco ha chiarito come nel 2018 vi fosse un capo settore, il dott. Salvatore Salmeri, in possesso delle credenziali per l’accesso alla BDNA; con nota del 5.11.2019 (all. 7) il sindaco ha invitato tutti i capi settore a dotarsi delle credenziali e a rispettare il codice antimafia, verificando l’idoneità delle ditte aggiudicatarie degli appalti, con particolare riguardo al settore della gestione dei rifiuti.

E’ stato altresì precisato che il numero esiguo di accessi alla BDNA era dovuto al fatto che il Comune, per gli appalti sopra soglia (ossia di valore superiore ai 150.000 euro), si era avvalso per lo più della centrale unica di committenza, che si occupa altresì di effettuare le verifiche antimafia. In ogni caso sono stati allegati gli esiti dei controlli effettuati a seguito dell’insediamento della Commissione prefettizia, da cui emerge che, tra tutte le ditte risultate vincitrici di gare di appalto a partire dal 2019, solo una era stata successivamente colpita da interdittiva antimafia e immediatamente sostituita da parte del capo settore interessato. Tali dati non sono stati smentiti dal Ministero dell’Interno nei propri scritti difensivi.

5.3 In ordine alla gestione finanziaria dell’ente, va rilevato come l’art. 244 TUEL definisca lo stato di dissesto nei seguenti termini: “si ha stato di dissesto se l’ente non può garantire l’assolvimento delle funzioni e servizi indispensabili o ci sono crediti liquidi ed esigibili di terzi a cui non si può fare fronte”; la competenza a dichiarare lo stato di dissesto è del Consiglio Comunale (previo parere dei revisori dei Conti) e non già del sindaco. Nel caso di specie la difesa dell’ex sindaco ha allegato agli atti la delibera consiliare del 16.3.2019 (doc 13), con l’allegata nota del 15.5.2019 denominata “Squilibrio bilancio di previsione 2019 – 2021”, a firma del capo settore dell’area finanziaria, il quale dava atto della sussistenza dei presupposti per la dichiarazione di dissesto, in quanto il piano di riequilibrio, pur approvato dalla Corte dei Conti, non era più sostenibile per via dei maggiori fabbisogni dettati 17 da nuove disposizioni di legge (specificamente indicate); veniva altresì prodotto il parere dei revisori dei Conti, che dava atto dell’esistenza degli ulteriori debiti fuori bilancio. La Corte dei Conti, a cui l’ipotesi di bilancio è stata trasmessa, non ha mosso alcun rilievo.

A fronte di tale situazione, non vengono indicate le specifiche omissioni o gli atti imputabili al sindaco che avrebbero concorso a determinare lo stato di dissesto. D’altra parte, a seguito della dichiarazione di dissesto, l’eventuale alienazione di beni immobili è di competenza dell’ Organismo straordinario di liquidazione, esterno all’ente e nominato con D.P.R. (v. all. 15 e 16 della comparsa di costituzione nell’interesse dell’ex sindaco, con cui si dà atto del trasferimento delle relative competenze), sicchè l’eventuale alienazione di beni di proprietà comunale è sottratta alla disponibilità degli amministratori. Al fine di smentire l’accusa di voler favorire soggetti vicini ad ambienti malavitosi mediante l’alienazione di beni comunali, la difesa dell’ex sindaco ha chiarito che nel periodo tra il 2018 e il 2023 il Comune ha alienato soltanto un tratto di relitto stradale ad un soggetto incensurato (v. all. 17); nessuna specifica contestazione a tali difese è stata mossa dal Ministero nei propri atti difensivi.

5.3.     Nella propria comparsa di costituzione l’ex sindaco Sgroi ribadisce la completezza dell’elenco dei beni costituenti patrimonio immobiliare dell’ente, consegnato alla commissione, precisando come i beni gravati da usi civici (già in godimento dei privati livellari), catastalmente intestato al Comune con la dizione “diritto del concedente” , siano ormai nella piena disponibilità dell’Ufficio regionale del demanio, che ne cura le procedure di affrancamento (tale circostanza è stata rappresentata alla commissione nelle note all. 18 e 19). In merito alla gestione dei terreni comunali, precisa comunque che nel periodo 2018 – 2023 non vi era stata alcuna nuova concessione e che le uniche ancora in vigore erano quella in favore dell’Azienda forestale demaniale della Regione. Precisava che la vicenda relativa alle truffe ai danni dell’AGEA risaliva agli anni 2007 – 2013 ed era stata oggetto di attività d’indagine da parte della Guardia di Finanza: all’esito di accertamenti era infatti emerso che alcune famiglie criminali avevano fraudolentemente dichiarato di essere concessionarie di terreni demaniali al fine di percepire illecitamente i fondi europei; nell’ambito del procedimento penale successivamente instauratosi, il Comune di Randazzo aveva disconosciuto i titoli concessori utilizzati dagli imputati, infine condannati.

5.4       Nella propria comparsa di costituzione l’ex sindaco Sgroi ha contestato le accuse di inerzia a fronte degli abusi edilizi in c.da Dagala Longa, dichiarando di aver fatto tutto ciò che era in suo potere per evitare che i fabbricati rurali abusivi restassero nella disponibilità di soggetti che potessero servirsene per usi vietati dalla legge. A seguito di segnalazione dei Carabinieri, personale della Polizia Municipale di Randazzo si era recato in c.da Dagala Longa, verificando che i fabbricati utilizzati da soggetti appartenenti alla famiglia Sangani (indagati nell’ambito dell’operazione “Terra Bruciata”) erano stati abusivamente realizzati su terreni di proprietà comunale (zona parco dell’Etna); da accertamenti presso gli uffici comunali emergeva che i suddetti manufatti abusivi erano già stati oggetto di ordinanze di sgombero e demolizione negli anni ’80 e ’90, rimaste inseguite.

Con nota del 17.11.2022 (all. 22) il sindaco aveva richiesto agli uffici competenti di predisporre gli atti necessari al fine di procedere con urgenza alla demolizione dei manufatti, onde evitare il perpetrarsi del loro utilizzo per scopi illeciti, incaricando il segretario comunale della supervisione. Nell’esecuzione delle ordinanze di sgombero, il Comune aveva incontrato difficoltà legate ai costi di demolizione, sicchè il sindaco aveva richiesto l’ausilio del Prefetto (con nota del 30.1.2023, all. 23); nelle more, in data 12.4.2023, aveva provveduto a richiedere il finanziamento al fondo regionale di rotazione per la demolizione degli immobili abusivi (all. 24); l’ex sindaco precisava che tale domanda non era avvenuta in data anteriore perché il relativo bando era stato pubblicato il 27.3.2023; nel mese di giugno 2024 il Prefetto aveva declinato la propria competenza ad intervenire in ausilio dell’amministrazione comunale per la demolizione.

Ottenuto il finanziamento regionale, nel mese di dicembre 2023 il sindaco aveva emanato l’atto di indirizzo al fine di sollecitare il capo del settore competente all’espletamento delle procedure per l’individuazione della ditta che doveva procedere alla demolizione (all. 29) ma nessuna ditta aveva formulato offerte (all. 30 e 31); successivamente era stata indetta una nuova gara. Al fine di allontanare da sé ogni sospetto di connivenza con le famiglie malavitose in ordine all’occupazione abusiva degli immobili di proprietà comunale, l’ex sindaco produceva l’ordinanza di sgombero emessa nei confronti di Ragaglia Claudio, a seguito di denuncia dell’IACP (all. 42) e l’atto con cui aveva disposto l’apposizione dei sigilli ad un immobile di edilizia popolare di proprietà del Comune rimasto libero, al fine di evitarne l’occupazione abusiva (all. 43).

5.5        La commissione stigmatizza la scelta del Comune di Randazzo di non procedere all’acquisizione di alcune particelle confiscate alla mafia, ritenendo che tale volontà sia manifestazione di un possibile assoggettamento della volontà dell’Ente agli interessi criminali. Deve tuttavia rilevarsi come, a seguito della confisca definitiva, i beni diventano di proprietà dello Stato e sono gestiti dall’Agenzia per i beni confiscati, sicchè non appare possibile un loro asservimento agli interessi della criminalità.

Va inoltre rilevato come, nell’ambito della conferenza di servizi del dicembre 2022, anche i Comuni di Grammichele e Paternò dichiararono di non avere interesse ad acquisire i beni confiscati sui propri territori, spiegando le ragioni di tale rinuncia; il Comune di Randazzo (rappresentato dall’ass. Proietto Batturi), si riservò di decidere all’esito di un sopralluogo e successivamente dichiarò di non avere interesse ad acquisire i terreni proposti, trattandosi di fabbricati rurali e piccoli appezzamenti a pascolo non funzionali all’attività del Comune; perplessità in ordine alla convenienza dell’acquisizione erano anche legate alla circostanza che l’area era sottoposta a vincolo e occupata da animali. Siffatta rinuncia (a prescindere da ogni valutazione di natura politica) non appare di per sé espressione di assoggettamento degli amministratori agli interessi della criminalità atteso che, come già rilevato, la proprietà dei beni e la loro disponibilità permangono in capo allo Stato.

5.6         Tra gli addebiti mossi all’ex sindaco vi è l’omessa vigilanza in ordine alle procedure di assegnazione e all’occupazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica. In merito, se l’approvazione delle graduatorie compete al Comune, la gestione dei contratti e il controllo degli alloggi di proprietà dell’ IACP competono a quest’ultimo, residuando al Comune il potere di ordinare lo sgombero degli immobili abusivamente occupati, a seguito di denuncia dell’ente proprietario. La difesa dell’ex sindaco Sgroi ha rilevato come sia pervenuta all’ente comunale una sola segnalazione, a seguito della quale il sindaco ha adottato l’ordine di sgombero.

In ordine agli alloggi di edilizia residenziale di proprietà comunale (45), l’ex sindaco ha dichiarato che gli attuali occupanti sono gli stessi assegnatari di cui alla delibera del consiglio comunale n. 50/2007, che ha approvato la graduatoria definitiva; ha precisato che dopo l’approvazione, la graduatoria era stata trasmessa alla Guardia di Finanza per le opportune verifiche in ordine ai requisiti reddituali; all’esito, con determina del 19.2.09, era stata approvata la graduatoria definitiva, con l’espunzione dei soggetti non aventi titolo.

Ha precisato che Crastì Saddeo Delia era legittima assegnataria, al n. 68 della graduatoria, e in ordine alla sua posizione nulla era stato rilevato da parte della Guardia di Finanza. Al fine di evitare l’occupazione abusiva degli alloggi, l’amministrazione aveva provveduto ad apporre i sigilli su un immobile rimasto libero (v. all. 40). A fronte di suddetti chiarimenti, nessuna replica puntuale è pervenuta da parte del Ministero dell’Interno.

5.7         Estranea alla sfera di competenza del sindaco è l’attività relativa al rilascio delle autorizzazioni all’esercizio delle attività commerciali: in ogni caso appare corretto il rilievo per cui l’amministrazione comunale (che non ha accesso alle banche dati della Polizia) non può inibire l’esercizio dell’attività economica a soggetti incensurati sol perché parenti di pregiudicati; la difesa dell’ex sindaco ha messo in rilievo la prassi del Comune di trasmettere ogni SCIA ai Carabinieri e alla Guardia di Finanza, per quanto di competenza.

5.7          Con riferimento alle procedure di affidamento dei lavori e dei servizi trova applicazione l’art. 107 del D.lgs. 267/2000 che al comma 2 così dispone: “Spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell’ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale, di cui rispettivamente agli articoli 97 e 108.” E inoltre il successivo comma 3 attribuisce ai dirigenti “tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dai medesimi organi, tra i quali in particolare, secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell’ente: … b) la responsabilità delle procedure d’appalto e di concorso; c) la stipulazione dei contratti.

Dalla normativa richiamata consegue che eventuali omissioni o irregolarità commesse dal dirigente del settore nella scelta del contraente (o nella modalità di affidamento del servizio) non possano essere imputate al sindaco. Né sono state contestate all’ex sindaco specifiche condotte omissive in rapporto causale con il provvedimento di massimo rigore adottato nei confronti dell’ente comunale. In ogni caso la difesa di Sgroi Francesco G.E. ha posto in rilievo come gli affidamenti diretti in somma urgenza siano stati in numero contenuto (22 in cinque anni), quasi tutti in periodo Covid o a seguito dell’alluvione del 2021 (allegati n. 46 e 47); ha precisato come tali affidamenti non abbiano generato debiti fuori bilancio (all. 48).

In merito ai criteri di scelta dei contraenti, ha precisato che sin dal 2018 il Comune si è dotato di un elenco di ditte di fiducia (aggiornato con avviso pubblico nel 2021), previa verifica in ordine alla capacità di contrarre con la P.A. Tutte le ditte affidatarie ivi compresa “Orchidea”, “Mazza” e “Sicilville” sono iscritte nella c.d. “white list” prefettizia (v. all. 49, 50 e 51); Edmoter ed Edcama, prima iscritte nella lista profettizia, erano state raggiunte da interdittiva antimafia in 21 epoca successiva agli affidamenti da parte del Comune; Sicula Trasporti era stata individuata con decreto regionale, mentre Ecolandia, a seguito dell’insediamento del sindaco Sgroi, non aveva più avuto affidamenti con ordinanze urgenti, essendosi provveduto alla pubblicazione del bando per il servizio di raccolta dei rifiuti urbani.

5.8.     Analoghe considerazioni in ordine al riparto tra attività politica e di indirizzo e attività di gestione valgono con riferimento al servizio di riscossione dei tributi, di competenza dell’ufficio tributi (quanto all’attività di accertamento) e all’Agenzia delle Entrate – riscossione (quanto alla formazione dei ruoli esecutivi). In ogni caso è stato rilevato come tra il 2019 e il 2023 la percentuale di riscossione è aumentata , sicchè Randazzo si colloca tra i Comuni più virtuosi (cfr. all. 53).

In considerazione delle suesposte osservazioni, ritiene il Collegio che con riferimento alla posizione di Sgroi Francesco Giovanni Emanuele non sussistano i presupposti per la pronuncia di incandidabilità di cui all’art. 143 comma 11 TUEL, non essendo emersi elementi univocamente significativi di un concreto e reale condizionamento della libera determinazione dell’ organo elettivo comunale da parte delle locali consorterie mafiose.

6.        Analoghe considerazioni valgono con riferimento alla posizione di Nunzio Gerardo Proietto Batturi, assessore con delega ai lavori pubblici dal mese di giungo 2022 al mese di dicembre 2023. Nulla prova la circostanza che la sua ditta, denominata “L’Orchidea” (iscritta nella white list prefettizia) sia risultata aggiudicataria di un appalto per la realizzazione dei lavori nel cimitero comunale, trattandosi di procedura gestita dalla centrale unica di committenza e indetta nel 2016 (sotto altra amministrazione comunale). Alcuna cointeressenza con ambienti criminali può desumersi dal fatto che un dipendente (incensurato) sia nipote di Giuseppe Costanzo Zammataro, tratto in arresto nell’ambito dell’operazione “Terra Bruciata”; parimenti è a dirsi in ordine alla circostanza che il Proietto Batturi, nell’anno 2017, abbia accompagnato in carcere, al fine di costituirsi, Santo Alessandro Spampinato, trattandosi di condotta lecita e comunque non influente sull’attività amministrativa dell’ex assessore.

La difesa del Proietto Batturi ha inoltre rilevato che, a seguito dell’espiazione della pena, nell’anno 2023, il Tribunale ha dichiarato cessata la pericolosità sociale dello Spampinato. In merito alla vicenda relativa alla rinuncia all’acquisizione del terreno confiscato alla mafia, si rinvia al paragrafo 5.5, in cui si è già argomentato in ordine all’attinenza di tale scelta alla responsabilità politica degli amministratori, profilo che esula dalle circostanze che hanno condotto allo scioglimento del Comune del Randazzo. In considerazione delle suesposte osservazioni, ritiene il Collegio che con riferimento alla posizione di Nunzio Gerardo Proietto Batturi non sussistano i presupposti per la pronuncia di incandidabilità di cui all’art. 143 comma 11 TUEL. Avuto riguardo alla complessità fattuale e giuridica della controversia e alla novità delle questioni trattate, sussistono gravi e giustificate ragioni, ex art. 92 comma II c.p.c. (nel testo riformulato da Corte Cost. 77/2018), per la compensazione delle spese processuali.

PER QUESTI MOTIVI Il Tribunale di Catania, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 2438/2024 R.G., dichiara estinto il giudizio nei confronti di Russo Maria Serena, Sgroi Francesco, Petrina Chiara, Sindoni Sara Anna e Gullotto Maria Cristina; dichiara l’insussistenza dei presupposti per la declaratoria di incandidabilità, ex art. 143 T.U.E.L., di Sgroi Francesco Giovanni Emanuele e dell’ex assessore Proietto Batturi Nunzio Gerardo; compensa tra le parti le spese processuali. Così deciso in Catania, nella camera di consiglio del 6 dicembre 2024. Il giudice estensore Il Presidente dott. ssa Venera Condorelli dott. Massimo Escher.

Redazione