La visita a Belpasso di mons. Luigi Renna, arcivescovo di Catania, per ricevere la cittadinanza onoraria in municipio, è andata ben oltre le parole di circostanza che solitamente caratterizzano riti come questi.

Il discorso che mons. Renna ha fatto nell’aula consiliare gremita di persone, al cospetto del sindaco Carlo Caputo, della Giunta e del Consiglio comunale, più che la predica del presule, è stato il monito dell’intellettuale, che con cortesia accetta l’onorificenza, ma con raffinata cultura parte dalla fede parlando della recente presenza a Belpasso del Sacro Corpo di Santa Lucia, “momento altissimo per questa comunità che ha dimostrato grande compostezza e grande partecipazione, soprattutto dei giovani”, ma allargando successivamente il discorso al significato di città, intesa nel senso di identità, di armonia, di religiosità, di economia, prendendo come esempio uno dei più grandi uomini politici della storia d’Italia: il siciliano Giorgio La Pira, ex sindaco di Firenze, che, assieme ad un altro grande siciliano, don Luigi Sturzo, è stato uno dei principali politici ispiratisi alla dottrina sociale della Chiesa per portare avanti il suo mandato.

Firenze come città armoniosa, Gerusalemme come città che sintetizza le culture religiose. Contrapposte entrambe a Babele e a Babilonia, la prima emblema del disordine, la seconda del commercio, come a voler dire: non si edifica sul caos e neanche sul danaro, ma sullo spirito e sull’anima.

Mons. Renna non ha parlato “solo” come Arcivescovo, ma “anche” (e forse soprattutto) come Cittadino (con la C maiuscola) ed ha voluto dire, citando Sant’Agostino, che questo compito vuole assolverlo senza ipocrisie e senza infingimenti, formulando dei dubbi e distinguendo indirettamente (senza dirlo) la figura del Cittadino da quella del suddito pronto ad accettare passivamente tutte le azioni, belle o brutte, del potere.

La citazione di don Tonino Bello, dopo quella di La Pira, a nostro avviso, non è stata casuale, come quella di De Gasperi, quando l’Arcivescovo ha parlato di etica e di Bene comune.  

Poi dal discorso di carattere generale, Mons. Renna è passato a quello di carattere particolare, parlando dei quartieri satellite di Catania come Librino: migliaia di persone deportate fra gli anni Cinquanta e Sessanta dal centro storico (cioè dalle “case” con la loro dignità e la loro memoria storica) in questo nuovo rione costruito non secondo i modelli italiani o europei (la chiesa al centro e le strade che confluiscono nella piazza di fronte, quella piazza che “raccoglie” e non esclude), ma secondo i modelli asiatici dell’architetto giapponese Kenzo Tange, portato dalla politica del tempo alle pendici dell’Etna per costruire la “città avveniristica” dove, alla fine, si è realizzato un ibrido anonimo e senza identità, perché mancano i presupposti per quell’identità che ha caratterizzato le nostre città: le cattedrali e le “agorà”, partendo dai principi cardine della nostra identità: la cultura greca, il diritto romano e il cristianesimo.

Per passare ai centri commerciali che hanno devastato il principio culturale delle “botteghe” della Firenze di La Pira e di tutte le città italiane che si sono ispirate a questi valori. “La nascita di tanti centri commerciali può aver favorito un certo tipo di commercio”, ha detto Renna, ma ha sradicato i commercio delle “botteghe”, principio identitario in quanto portatore di un concetto sociale, urbanistico ed economico insito da secoli nelle città.

Da qui a dire di “fare rivivere le piazze” il passo è stato breve. “Io mi auguro – ha esortato Renna – che Belpasso, la mia città di cui mi onoro di partecipare come cittadino onorario, sia sempre edificata, perché non si edifica una volta la città, la si edifica sempre a misura d’uomo. Ogni amministrazione edifica la città, se ha una visione: né Babele, né Babilonia, ma Gerusalemme”.

Poi i tre auspici alla politica: un comportamento etico sempre e comunque (“Provo molto dolore quando sento che amministratori che ho conosciuto sono colpiti da avvisi di garanzia o da pesanti condanne: io prego che questo non accada a nessuno di voi”); non fermatevi a Belpasso, ma andate “oltre”, non guardate certa cultura “sovranista”, ma prendete come paradigma i principi cardine, come a voler dire: ispiratevi all’arte, alla cultura, alla Costituzione italiana e alla solidarietà; puntare sui giovani, che “oggi si sentono abbastanza soli, sentono che noi stiamo togliendo loro il futuro”.

Non sappiamo se Renna segue le vicende di Belpasso o se il suo sia stato un discorso di carattere generale: vi confessiamo che ci è piaciuto molto e che, avendo seguito attentamente le sue parole, siamo portati a sposare più la prima che la seconda ipotesi. Ma preferiamo non addentrarci troppo nei particolari per evitare di coinvolgere l’Arcivescovo in vicende locali che non vanno affrontati in questa sede.

Ma lasciateci dire che siamo in perfetta sintonia con lui, sia quando parla degli aspetti religiosi, sia quando parla di Librino (da intendere come metafora della cementificazione selvaggia che ha devastato intere regioni di quel Sud al quale Mons. Renna appartiene), quando parla della Chiesa al centro della città (una Chiesa, aggiungiamo noi, non profanata dai palazzi), dei centri commerciali che hanno mortificato il concetto di “bottega”, quando dice “non si edifica una sola volta la città, ma sempre e a misura d’uomo (magari, aggiungiamo, con dei buoni Piani regolatori), quando parla dei giovani ai quali è stato scippato il futuro e la bellezza dei boschi, dei mari e del cielo, quando parla di etica e di città a misura d’uomo. È vero, il politico lavora solo per l’oggi, lo statista lavora per il futuro. Lo ha detto Renna citando De Gasperi. E siamo d’accordo anche su questo.

Nella foto: Mons. Luigi Renna, Arcivescovo di Catania

Luciano Mirone