Una città a misura d’uomo, che si ispiri a Gerusalemme, e non a Babele o a Babilonia, una città come quella descritta da un grande siciliano, l’ex sindaco di Firenze  Giorgio La Pira,  che non badi solo all’economia, ma alla persona umana, soprattutto ai giovani. Una “lectio magistralis” (quella dell’arcivescovo metropolita di Catania, Monsignor Luigi Renna, ieri pomeriggio a Belpasso, in un’aula consiliare gremita di gente, per ricevere la cittadinanza onoraria dalle mani del sindaco Carlo Caputo), sul significato di città e di fede, partendo dalla recente visita del Sacro corpo di Santa Lucia (“sono rimasto molto colpito dalla compostezza di tutti e dalla presenza di tanti giovani”) per soffermarsi, nei passi successivi, sul significato di comunità all’interno della regione, della Nazione, dell’Europa e del mondo, con una stoccata al “sovranismo” che soffoca le aperture.

Nel corso del pomeriggio è stata conferita anche la civica benemerenza “Fenice d’Oro” alla Fondazione della deputazione della Cappella di Santa Lucia di Siracusa attraverso il suo presidente Pucci Piccione.

Il manifesto del Comune di Belpasso nel quale si parla della cittadinanza onoraria all’Arcivescovo  di Catania. Sopra: mons. Luigi Renna

Quello che segue, il discorso integrale dell’Arcivescovo di Catania:

“Grazie di cuore, grazie perché mi avete lusingato per le parole pronunciate. Un grazie a lei, carissimo signor sindaco, al presidente del Consiglio, ai consiglieri, a coloro che sono intervenuti e che hanno certamente portato gli stessi sentimenti nel cuore, alle illustri autorità qui presenti, il prefetto di Catania, il questore, le distinte autorità militari, compagni di ventura, carissimo avvocato Piccione, nel nome di santa Lucia, e un caro saluto a Sua Eccellenza, monsignore Salvatore Pappalardo, arcivescovo emerito di Siracusa, originario della nostra diocesi, che ha servito in tanti modi soprattutto come Vicario generale, e quindi conosce molto bene il territorio. Saluto i sindaci qui presenti, il clero di Belpasso, sempre così attivo, i laici, in modo particolare la presidente di Azione cattolica, il presidente emerito e le altre associazioni”.

“L’assessore Di Mauro ha tracciato, con acredìa possiamo dire, i vari passaggi di questo grande evento, soprattutto nel momento in cui sono stati pensati, mi hanno trovato un po’ impreparato, perché i primi mesi, il passaggio da una diocesi di centodiecimila abitanti ad una di oltre settecentomila hanno creato certamente in me un po’ di smarrimento, e fra le richieste, quelle di Belpasso, questo grande attaccamento a santa Lucia. Del resto, quale città della nostra diocesi al proprio santo Patrono, alla propria santa Patrona, non coltiva gli stessi sentimenti? E forse anche quale città del Sud, perché io sono di questa parte d’Italia, come voi, che si caratterizza per una spiccata sensibilità per la pietà popolare”.

IL SACRO CORPO DI SANTA LUCIA A BELPASSO. “Il percorso si è avviato, con la dolce insistenza del Comitato, di padre Nunzio Chirieleson, abbiamo seguito le varie fasi, e devo dire che non sarebbe stato possibile senza la squisita disponibilità di Sua Eccellenza, mons. Francesco Lo Manto, l’attuale arcivescovo di Siracusa, e senza la disponibilità altrettanto squisita di Sua Eccellenza, mons. Francesco Moraglia, il Patriarca di Venezia, che già dal primo incontro ha dimostrato piena disponibilità, è segno che i vescovi agiscono veramente per il bene di tutto il popolo di Dio e laddove si tratta di manifestare stima, di collaborare perché il popolo di Dio possa godere, ad esempio, della visita del corpo di un Santo o di una Santa, questo viene favorito”.

“E poi quei  giorni, preparati  con tantra trepidazione, che sono coincisi con l’inizio del Giubileo, la preparazione qui a Belpasso e la celebrazione a Catania, un unicum potrei dire, perché abbiamo avuto la presenza di due insigni reliquiari, quello del busto della nostra Sant’Agata e quello del corpo di Santa Lucia”.

“Il popolo di Dio, da questo punto di vista, possiamo dire che insegna la fede anche ai propri pastori, la insegna perché mostra una fede schietta, una fede capace di sacrificio. Come non ricordare sia le lunghe file che hanno caratterizzato la visita e la venerazione del corpo qui a Belpasso, ma anche a Catania per una intera notte: quante persone sono entrate nelle nostre Chiese che si  sono preparate davvero al giubileo”.

IL GIOVANI DI BELPASSO. “Ma permettete, la ricchezza più grande di Belpasso in quei giorni è stata la veglia di preghiera dei giovani. Se avete qualche immagine inseritela, per favore, nel video, perché la vostra ricchezza non è semplicemente la fede dei nonni  (è normale che ci sia), la fede dei padri (è bello che ci sia), ma ciò che ci dà speranza è la fede e la devozione dei vostri  ragazzi. Quella veglia io l’ho fortemente voluta, la Chiesa Madre di Belpasso era piena di ragazzi e di giovani che hanno pregato, che si sono commossi e che hanno manifestato un sentimento che certamente ha segnato la loro vita. E se ha segnato la loro vita, siamo sicuri che l’ha segnata in bene, perché sono queste esperienze che fanno sì che una persona imbocchi poi una certa strada, piuttosto che un’altra, queste esperienze vissute per bene, con profondità, con continuità”.

LA COMPOSTEZZA E I FUOCHI D’ARTIFICIO. “La cronaca di quei giorni la conoscete meglio di me.  Ricordo la splendida e soprattutto (ciò che avevo fortemente raccomandato) la composta  accoglienza di Santa Lucia. Voi lo sapete cosa vi ho raccomandato fin dal primo momento: non si risolva tutto in fuochi d’artificio, perché io ritengo che la cosa più inutile che si sia importata dalla Cina siano i fuochi d’artificio… non perché non siano belli, ma perché  tante risorse che possono  utilizzarsi per altro vanno a finire a scintille e, come diceva don Tonino Bello, “fate fuoco, non scintille, le scintille passano, il fuoco invece riscalda e illumina”.

“Dei giorni caratterizzati da preghiera, da compostezza, e sarà bello, lo dico ai docenti e ai sacerdoti: fate raccontare, anche a qualche mese di distanza, scrivendo, soprattutto ai ragazzi e ai giovani quell’esperienza, perché lo scrivere aiuta a sedimentare e a coscientizzare quello che si è vissuto e poi rimane nel tempo”.

ETICA E CRISTIANESIMO. “Ricordate sempre: la religione cristiana è una religione con una impostazione fortemente etica: la differenza con la cultura pagana, Iside, Demetra, Cerere… oggi c’è qualcuno che vuole confondere senza conoscere la storia, senza conoscere la storia della Chiesa, questi culti. E lo fa con una visione antropologica che tradisce la storia. E’ un discorso che prima o poi, anche a Belpasso, faremo in qualche conferenza su questo, perché ci sono tanti passaggi che chi non studia la storia, e la storia è l’introduzione ad ogni trattato. Di medicina, di filosofia, e di ogni disciplina. Se non si conosce la storia (a questo punto il collegamento streaming si interrompe per alcuni secondi, ndr.)… “.

“E’ la religione di coloro che danno una testimonianza, e la danno non a nome proprio, ma a nome di Gesù Cristo. Fin quando noi salvaguarderemo questo dei nostri Santi, saremo nel solco del Vangelo. Se seguiremo queste sirene di visioni antropologiche che confondono sciamanesimo con cristianesimo, noi non solo non diremo la verità della nostra identità, ma toglieremo ogni nervo etico anche alla nostra vita”.

“Cari fratelli (scusate, ‘cari fratelli’ non dovrei dirlo qui), cari cittadini, ormai concittadini, diceva Sant’Agostino ai suoi: “Per voi, con voi sono vescovo, con voi sono cristiano, quindi qua a Belpasso non solo con voi sono vescovo, ma con voi sono cristiano, ma con voi sono cittadino”.

“Sono cittadino anche di Cerignola: l’anno scorso, proprio in questi giorni, ricevevo la cittadinanza onoraria di Ascoli Satriano, altra città che ho servito, e di Adrano, oggi anche di Belpasso, e nel cuore non c’è bisogno della cittadinanza onoraria della mia Minervino Murge e poi effettivo di Catania”.

IL BENE COMUNE. “Un pensiero e tre appelli rivolti soprattutto a coloro che hanno la cura del Bene comune. Un grande siciliano, che forse i siciliani citano poco, ma che ha fatto onore a questa regione, pur essendo vissuto poco in essa: Giorgio La Pira, nativo di Pozzallo, sindaco di Firenze. Ha scritto molto sul senso delle città, e una delle definizioni più belle è questa: ‘La città è costruita secondo la vera misura dell’uomo’.  Guardava a Firenze, perché Firenze è armoniosa, ma devo dire che anche la nostra Belpasso è costruita con cardi e decumani che sono molto ma molto armoniosi. Città costruita secondo la vera misura dell’uomo. E in che cosa faceva consistere la vera misura dell’uomo guardando alla splendida Firenze: centrata sulla cattedrale. Firenze è centrata sulla cattedrale (quella cupola che emerge), radicata nelle botteghe (sappiamo quanto l’economia di Firenze sia stata sempre fiorente per tutta l’Europa), unita nelle piazze (le piazze di Firenze sono davvero piazze che raccolgono), vera nelle case degli uomini. Allora vedete, questi quattro punti, questi quattro luoghi di vita della città ci dicono che una città se conserva questi punti è una città a misura d’uomo”.

“Si sono volute progettare parti della città senza questi  elementi: penso al quartiere di Librino. Non è nato attorno ad una chiesa, perché si era in  altri tempi, ma non è nato neppure attorno a delle piazze. Era un’architettura importata dall’oriente in cui non c’è la cultura dell’agorà, e non c’è neppure la cultura delle nostre splendide piazze e città, prima medievali e poi rinascimentali”.

I CENTRI COMMERCIALI. “E allora, sia davvero la nostra Belpasso, centrata non sulla cattedrale, ma sulla sua Chiesa Madre, centrata significa che da essa attinge dei valori. E anche colui che non si riconosce, forse, nei valori della fede cristiana deve riconoscere che la testimonianza di una martire è sempre valida per gli uomini di ogni fede; radicata nelle botteghe, cioè radicata in una economia che sia sana, perché non tutte le economie sono sane: alcune economie sono economie del sommerso, economie che non danno una giusta retribuzione, a volte non c’è nessuna economia, e stiamo attenti ad esternalizzare troppo l’economia dal nostro paese: la nascita di tanti centri commerciali può aver favorito un certo tipo di commercio, ma non radica profondamente nelle nostre botteghe, e la nostra Belpasso ha delle realtà produttive d’eccellenza, radicata nelle botteghe, per questo a misura d’uomo, dice La Pira”.

FAR RIVIVERE LE PIAZZE. “E poi: uniti nelle piazze. Le piazze servono per essere abitate. Io rimpiango sempre il momento in cui la domenica, nelle piazze del mio paese, la domenica dopo la messa alla quale partecipavano tutti, il luogo d’incontro era la piazza: oggi le disertiamo un po’ troppo a vantaggio del privato che è un pub, che è un ristorante, che è quant’altro. Far rivivere le piazze con eventi e anche facendo la scelta di stare in esse. Io credo che sia anche una scelta civica che fa rivivere i luoghi d’incontro dove stare insieme tutti. E le case dell’uomo: e qui il discorso si fa più complesso perché ogni casa è diversa dall’altra, ogni casa deve avere dignità, servizi, la possibilità di far sì che la persona stia bene. La casa è anche la dignità della persona”.

Allora, in definitiva, questo grande siciliano, Giorgio La Pira, è per una città domicilio – dice – organico della persona, perché è qui che vive la persona. La città di La Pira da quale visione nasce? Non nasce né dalla visione di Babele, perché Babele nella Bibbia è l’anti città, la città che l’uomo ha voluto costruire per sfidare Dio e per farsi un nome e da Babele nasce la confusione. Babele non è una città. Ci possono essere città in cui convivono diverse religioni, come Catania, nelle quali però non c’è la Babele, perché tra l’Arcivescovo e l’Imam, e con le altre religioni, c’è un ottimo rapporto, favorito da un dialogo”.

“E non è neppure Babilonia, la città ideale della Bibbia, perché Babilonia è la città dell’idolatria e del commercio, soprattutto nel libro dell’Apocalisse si condanna Babilonia, Babilonia la grande, la grande prostituta, così chiamata perché basa tutto sull’economia e quindi non ha presente la misura dell’uomo.  La città è Gerusalemme per il cristiano come anche per l’ebreo, la città che purtroppo oggi richiama conflitti per il credente cristiano, ebreo e anche musulmano. È la città modello che è costruita attorno ad un luogo sacro, attorno a un’economia, attorno ad un incontro”.

EDIFICARE LA CITTA’ A MISURA D’UOMO. “Ecco, io mi auguro che Belpasso, la mia città di cui mi onoro di partecipare come cittadino onorario, sia sempre edificata, perché non si edifica una volta la città, la si edifica sempre a misura d’uomo. Ogni amministrazione edifica la città, se ha una visione, né Babele, né Babilonia, ma Gerusalemme”.

“Tre auspici a voi amministratori. Guardate, una delle cose che più mi addolora (io sono molto franco) è quando sento che amministratori che ho conosciuto, che purtroppo sono colpiti da avvisi di garanzia, da pesanti condanne: io prego per voi che questo non accada a nessuno di voi, ma sapete che a volte poi l’autorità inquirente ci porta ad una verità diversa da quella che è quella della condanna, però bisogna fare di tutto oggi, perché quando cade un capo cade un popolo, quindi i passi siano fatti con prudenza, con libertà. Io auspico che mai un’ombra cada su questa città, su nessuno di voi. È questo impegno a farlo, perché coloro che vogliono attentare alla nostra moralità e alla nostra cittadinanza ci sono sempre”.

NON FERMATEVI A BELPASSO. “Secondo. Non fermatevi a Belpasso. Ricordatevi che le nostre città non sono inserite nel vuoto, sono inserite in un contesto, che è la regione, che è l’Italia, che è l’Europa e che è il mondo. Noi italiani non possiamo essere assolutamente, per la nostra tradizione culturale, sovranisti, noi non possiamo essere contro un’Europa: venite a vedere il salone di Sant’Agata, con gli affreschi del 1812: Europa restaurata, auspice la Britannia. Allora la Sicilia, ma molto prima, era nell’Europa… era nel mondo. E vedete miei cari che le radici dell’Europa sono tre, ce lo ha ricordato Giovanni Paolo II: la cultura greca (e noi, grazie alla vicina Siracusa manteniamo viva la parte più alta della cultura greca, che è la tragedia, cioè la filosofia popolare, perché imponevano ad Atene di vedere le tragedie per una catarsi di tutto il popolo), secondo il diritto romano (cosa c’entra il diritto romano? le pagine più splendide dell’applicazione del diritto romano sono le orazioni di Cicerone contro quell’impostore di Verre che depauperò la Sicilia e la depauperò di Stato, di oro e di tant’altro. Il diritto romano qua ci ha abitato), e poi la cultura cristiana. E su questa non dico altro. Noi siamo europei e se siamo europei e abbiamo portato una visione nel mondo, per questo non possiamo – al di là delle adesioni a partiti, a movimenti, a liste civiche –… ricordiamo che c’è sempre questa vocazione nel nostro Dna. La dottrina sociale della chiesa dice che si può aderire a qualunque partito, però in una maniera critica, e io quella criticità non la riporto ai valori cristiani, perché non sono io chiesa a fare un incontro di catechesi, ma quella criticità la riporto a questi tre paradigmi: cultura greca, diritto romano e cultura cristiana”.

PUNTARE SUI GIOVANI. “La terza raccomandazione che faccio è quella di puntare davvero tanto sui nostri ragazzi e sui nostri giovani, perché oggi si sentono abbastanza soli, sentono che noi stiamo togliendo loro il futuro, stiamo togliendo loro la bellezza dei boschi, dei mari, del cielo. E quindi non si lavora solo per l’immediato. Il politico lavora per l’oggi – diceva De Gasperi –, lo statista lavora per il futuro. Molto probabilmente non si raccolgono i frutti subito. Del resto, i martiri i frutti li stanno raccogliendo oggi”.

Redazione