Nove minuti e quaranta secondi di esternazioni in video in cui il sindaco di Belpasso (Catania) Carlo Caputo attacca a testa bassa la Confcommercio provinciale (ed ovviamente questo giornale), colpevole di “dire falsità” sull’area di via Fiume nella quale lui stesso, nel cronoprogramma del 2013, aveva promesso un parco ed ora, dodici anni dopo, la sua maggioranza – quindi lui – sostiene la realizzazione di un insediamento commerciale e residenziale per riempire quella stessa superficie di 30 mila metri cubi di cemento. Titolo del video: “La mia domanda è: vogliono davvero il parco?”.

Nove minuti e quaranta secondi da ascoltare attentamente per capire come l’ex presidente del Parco dell’Etna – molto attaccato dagli ambientalisti e da molti intellettuali per certe scelte sui generis attuate in quegli anni – oggi si aggrappi perfino al fatto che “il parco causa schiamazzi per gli abitanti dei palazzi circostanti”, pur di legittimare il progetto di una ulteriore cementificazione in una zona parecchio congestionata dalle palazzine e dal traffico.

Nove minuti e quaranta secondi da analizzare con cura per cercare di discernere il vero dal falso. Vediamo, parola per parola, le esternazioni pronunciate dal sindaco di Belpasso mentre passeggia su quella sorta di suolo “lunare” contrassegnato dallo “scempio” e dal “degrado” (per usare le sue parole), dove racconta la “sua” verità, che – per ragioni di verità e perché ci ha tirati in ballo – di esimerci dal commentare in corsivo.

Caputo: “Di quest’area, prima d’ora, mai nessun giornalista aveva parlato. Adesso costoro si svegliano e dicono: qui deve nascere un parco urbano”.

È vero. Da quando il sindaco promise agli elettori la realizzazione della struttura verde, nessuno ne aveva parlato, in attesa che alle parole seguissero i fatti. Perché ne parliamo adesso? Perché adesso in Consiglio comunale è arrivato il progetto della cementificazione di quell’area e quindi abbiamo sentito il dovere di farlo. Da quel momento, questa testata ha cercato di informare puntualmente i lettori su quel che sta succedendo e sta portando avanti una petizione per ottenere il parco (si stanno raccogliendo le firme assieme a diverse associazioni del territorio e a diversi cittadini).

Caputo: “In maniera strumentale utilizzano una mia vecchia idea del 2013”. E poi, con chiaro riferimento al sottoscritto: “C’è un giornalista che nel 2013 si è presentato a sindaco”.

Il primo cittadino, invece di essere contento perché un pezzo di città si mostra sensibile a sposare le sue idee, dice che si usa l’argomento “in senso strumentale”, collegando questa frase con una mia candidatura a sindaco risalente a 12 anni fa. Non sarebbe male se il sindaco uscisse dall’ambiguità e spiegasse.

Caputo continua a camminare mentre la telecamera lo riprende. Mostra quell’area e dice di aver promesso l’istituzione del parco soltanto in una “piccola porzione” di essa, non in tutta l’area. 

È vero che c’è una piccola foto del Cronoprogramma 2013 in lui lui delimita l’area, ma è anche vero che leggendo il testo si deduce tutt’altro: “C’è un’area abbandonata da anni – scrive il sindaco – che rappresenta uno scempio per la vista dei passanti e degli abitanti della zona”. Un’area. Genericamente. Il riferimento, in questo brano, non pone limiti non parla di una porzione della stessa. Quindi il discorso è ambiguo: in quella foto il sindaco ritaglia parte di terreno, ma nel testo parla di tutt’altro e addirittura scrive la parola “parco” (che in italiano significa “area estesa e piena di alberi”). Poi, sempre nel Cronoprogramma, scrive: “L’area in fase di revisione del Prg verrà vincolata a parco ‘zona F’. In questo modo il Comune provvederà all’esproprio ai fini di realizzare uno spazio ricreativo. Il progetto sulle strutture da realizzare verrà discusso in seguito, oggi ci assumiamo l’impegno di acquisire l’area”. A prescindere dalle dimensioni del “parco”, dal 2013 al 2019, nessuna di queste promesse è stata realizzata. Perché?

Caputo: “Quella è un’area B2 (di espansione, ndr.), se il Comune dovesse acquistarla ora, la spesa sarebbe di 1 milione 700 mila Euro, una somma spropositata. Nel 2013 l’area era bloccata da un contenzioso legale ed era in stato di abbandono”.

Caputo adesso tocca dei tasti dolenti, e lo sa, eppure va avanti con le sue tesi. Perché nel 2013, dato che era vantaggioso acquistare quel terreno, non lo fece? Perché nel Cronoprogramma parla di Piano regolatore “in fase di revisione” e subito dopo essersi insediato manda a casa un grande progettista come Leonardo Urbani e blocca lo strumento urbanistico? Ha subito delle pressioni? Perché nei primi cinque anni di sindacatura non ha vincolato il terreno a “zona F” (destinata alle attrezzature pubbliche)? Cosa è successo in quel quinquennio? Quali equilibri sono cambiati?

Caputo: “I soldi che si era pensato di utilizzare per acquistare quell’area (poco meno di 400 mila Euro) si decise di dirottarli nel quartiere di Borrello, in piazza Stella Aragona per fare un parcheggio”.

Tasti dolenti anche in questo caso. Un parcheggio per appena 25 posti auto, inibito agli autobus, ma con una spesa di circa 1 milione di Euro (da utilizzare per espropriare l’area, sbancare molta roccia lavica e realizzare il resto), con un ulteriore intasamento del traffico, un deturpamento della piazza, un deterioramento di alcuni edifici e di una zona vincolata a verde. Tutto questo non lo ha scritto L’Informazione, ma l’ex parroco del quartiere Borrello, don Angelo Lello, che si oppose alla costruzione dell’opera. Alla fine vinse il sacerdote, ma siccome in quel posto si “dovevano” fare dei lavori e quindi si “dovevano” spendere dei soldi , si realizzò il presidio dei vigili urbani “meno presidiato al mondo” (come disse una volta l’ex segretario del Pd Nunzio Distefano) e ancora, dopo anni, si sta lavorando (evidentemente la roccia è molto dura) per fare un anfiteatro al posto del fallito parcheggio (che si farà a distanza di qualche centinaio di metri, ovviamente con altri soldi da spendere).

Caputo continua a camminare nel “fu promesso parco” e mostra il fondo del terreno: “E’ magrone, cemento, che noi dovremmo rompere”.

Momento solenne della passeggiata: il sindaco fa di tutto per smentire se stesso, come se quella superficie, morbida nel 2013, si fosse improvvisamente solidificata. Una frase che apre il varco a quella più brillante pronunciata un attimo dopo su cui, onestamente, preferiamo non fare commenti: “Dovremmo demolire i palazzi nel frattempo costruiti per realizzare un parco. Una scelta folle, non sostenibile dal punto di vista finanziario”.

Caputo: “Se l’interesse è il parco, perché non spostarsi di 150 metri da qui, in zona C (sempre di espansione, ndr.), costerebbe molto meno (70-80 Euro al metro quadrato), a differenza delle zone B (150, 170 Euro al metro quadrato)”.

No comment.

Poi, colto da ispirazione: “O addirittura spostiamo tutto nelle aree agricole”.

E’ un’idea. Ma invece di interrompere il cemento di via Fiume con una struttura a verde, il sindaco pensa di fare il parco dove il parco esiste in “rerum natura”.

Caputo: “Perché qui, in mezzo ai palazzi, gli schiamazzi potrebbero non piacere ai residenti, ma neanche a chi passeggia in quest’area a verde. Essere guardato non penso sia bello, non penso sia il massimo”.

No comment.

Caputo: “Ma poi dove parcheggiano le persone che fruiscono del parco?”

Già, dove? Ma se si realizza l’insediamento commerciale, il problema non si porrebbe in maniera più drammatica, dato che i posti auto riservati alla struttura sarebbero 20? E se si supera questo numero, dove si posteggia? Il sindaco sa benissimo che questo argomento può essere disciplinato solo da un buon Piano regolatore, oggi Piano urbanistico generale (Pug), che lui da ben tredici anni si guarda bene dal toccare. Caputo sa benissimo che se ci fosse stato lo strumento urbanistico, sarebbe stato più facile programmare il territorio. Invece ha preferito andare avanti sbandierando una serie di opere pubbliche, ma senza un progetto generale di sviluppo.

Qualche altro metro di passeggiata ed ecco l’attacco al parco bio edilizio che sorgerà a qualche centinaio di metri da qui, dove “andranno ad insediarsi 150 persone e ci sarà una gettata di cemento di 15 mila metri cubi”.

Peccato che qualche sera fa, quel progetto (rimasto a marcire qualche decennio nei cassetti del Comune senza alcuna risposta) sia stato approvato con tutti gli onori dalla sua stessa maggioranza.

Caputo: “Siamo sicuri che l’interesse sia quello della creazione di un parco e non se ne nascondano altri? Ci sono delle menti sopraffine che hanno altri obiettivi”.

È il momento più alto dell’esternazione caputiana, perché il sindaco tira in ballo nientemeno che gli “interessi della Confcommercio”.

Caputo: “La Confcommercio ha invitato i suoi consociati a sollevarsi contro l’Amministrazione per far rispettare la promessa del 2013. Anche loro parlano di falsità. Omettono il fatto che avevo parlato di parco solo in una porzione di area. Se lo ammettessero, cadrebbe il castello che hanno costruito”.

No comment.

Caputo: “Così come omettono di dire che io amministro col programma del 2023. E nel 2023 non si prometteva un’area a verde su questi terreni”.

Ripetiamo la domanda: cosa è successo nel frattempo?

Nella foto: il sindaco di Belpasso (Catania) Carlo Caputo

Luciano Mirone