Gianni Russo è un geometra prestato alla Società civile che in modo moderato ti propone di fare le “piccole rivoluzioni”, sia in campo urbanistico che politico. Le “piccole rivoluzioni” che sconvolgono assetti, disegni e affari di una città come Belpasso.

Per la sua dirittura morale e le sue denunce, si è spesso attirato l’ostracismo degli ambienti più reazionari, come quando, senza alcun motivo, gli fu respinta la richiesta di diventare socio della Banca popolare di Belpasso, contemporaneamente all’accoglimento della stessa da parte del rappresentante del “Malpassoto” in città. Fatti che spiegano meglio di un libro di sociologia cos’è la mutazione antropologica di un popolo.

Gianni Russo è uno che ha sempre tenuto la schiena dritta, lottando per lo sviluppo sostenibile e per un Piano regolatore a misura d’uomo, pagando per questo dei prezzi molto alti anche all’interno della sinistra, in cui ha sempre militato.

C’è una foto che lo ritrae sorridente accanto al giudice Antonino Caponnetto – fondatore del “pool antimafia di Falcone e Borsellino – dopo le stragi di Capaci e di via D’Amelio, quando decine di belpassesi, soprattutto militanti della Rete, decisero che doveva essere lui il candidato a sindaco della Società civile. Non gli andò bene, ma non importa, quell’esperienza è rimasta indelebile nella storia del movimento progressista di Belpasso. Da allora ha deciso di non impegnarsi più in politica, un campo che prima frequentava stando all’interno del Pci, dove spesso, per la sua intransigenza, veniva considerato una sorta di eretico.

Antonio Caponnetto e Gianni Russo

Tanti i ricordi che mi legano a lui. Il primo che affiora – se si parla di Piano regolatore – è il viaggio che nel ’93 facemmo a Catania presso la Sovrintendenza ai Beni culturali per fare apporre un vincolo di inedificabilità del centro storico. Era successa una cosa incredibile: il Piano regolatore – senza uno studio appropriato – prevedeva che una parte della centralissima via Roma, dal quartiere Sant’Antonio a piazza Umberto, poteva essere demolita, mentre l’altra metà – da piazza Umberto alla fine della via – doveva rimanere intoccabile. La cosa pazzesca e che era prevista la demolizione di diversi manufatti di pregio – dopo quelli che negli anni precedenti erano stati abbattuti – come il Collegio Magrì, il Collegio delle Orsoline, il Palazzo Coronella, il Palazzo Spina. Per la via Vittorio Emanuele, invece, il Prg aveva previsto un altro incredibile paradosso: la demolizione della parte destra (cosa che avvenne, con edifici antichi provvisti di palmento, giardini arabi e archi in pietra lavica) mentre la parte sinistra (chissà per quale arcano motivo) era considerata “sacra”. Un mostro urbanistico che la dice lunga su come la politica belpassese abbia agito negli ultimi decenni. Pare che all’epoca, qualche potente ingegnere, avendo ricevuto la soffiata del vincolo, si fosse premurato ad avvisare i colleghi: “Suddu ha sdirrubbari in centru storicu, megghiu d’ora non c’è”. Che, tradotto in italiano, vuol dire: se devi demolire in centro storico fallo subito. E infatti vennero tirati giù altre testimonianze edilizie di un paese che a poco a poco perdeva la sua identità.

Gianni, perché l’attuale sindaco – dopo che un urbanista autorevole come l’architetto Leonardo Urbani si era aggiudicato una regolare gara indetta dal Commissario regionale per redigere il Prg di Belpasso – decide di revocargli l’incarico e di affidarlo all’Ufficio tecnico comunale? L’ufficio tecnico – a prescindere dalla capacità dei suoi dipendenti – ha gli strumenti per redigere un Prg?

“Dipende. In effetti non si tratta di fare un nuovo Piano, ma di migliorare quello scaduto. Questo si può fare, a mio modesto avviso, in due modi: uno sarebbe quello di piegarsi al Piano regolatore esistente e quindi di completare la prevista zona C, che ancora è quasi vuota, magari con le indicazioni che il sindaco e il Consiglio hanno già dato, riempendo le aree edificabili. Si tratta però di superfici piuttosto circoscritte per potere pensare a un progetto di ampio respiro con parcheggi, zone a verde, piazze e luoghi sociali. Per l’ipotesi numero 1, il lavoro dell’Ufficio tecnico potrebbe bastare. Ma a mio avviso è molto limitata”.

Prima di parlare dell’ipotesi numero 2, fermiamoci un attimo. L’Ufficio tecnico – nel momento in cui deve revisionare un Piano – non rischia di essere, suo malgrado, un luogo di pressioni da parte di molti cittadini che farebbero le loro legittime rivendicazioni?

“In teoria sì. Dipende dalle persone che lavorano al Piano. Se sono deboli, il rischio esiste seriamente. Basta guardare i disegni del vecchio Piano regolatore per comprendere le pressioni che in passato ci sono state a Belpasso. Si vede benissimo come scompaiano zone storiche, piazzette e strutture sociali. È chiaro che ci troviamo di fronte a una situazione di grave anomalia”.

Passiamo all’ipotesi numero 2.

“E’ un po’ più articolata della prima. Per affrontarla non credo che sia sufficiente il lavoro dell’Ufficio tecnico: anche se i suoi dipendenti sono bravi, giovani e preparati, non mi pare che abbiano molta esperienza urbanistica”.

Cioè?

“Limitiamo la zona C esistente, lasciando una fascia di 50 metri e spostiamo l’area edificabile nei Villaggi del Pino e delle Ginestre, in modo da estenderla verso il centro abitato di Belpasso. L’idea è quella di costruire con una tipologia abitativa a villette e non palazzi entro poco spazio, con poco verde e con poco respiro, come si è fatto finora. Otterremmo due vantaggi: non ghettizzeremmo ulteriormente queste realtà e realizzeremmo delle singole abitazioni dando respiro al paese creando una realtà più a misura d’uomo”.

Puoi spiegare meglio?

“Propongo un collegamento fra il centro abitato e i Villaggi del Pino e delle Ginestre attraverso un tipo di edilizia contenuta e dei servizi comuni come parchi, piste ciclabili, strutture religiose, impianti sportivi, scuole, eccetera. Dico di creare tutto questo per avvicinare il centro alle periferie più vicine, e al tempo stesso per ridurre la quantità di cemento attraverso l’allargamento dello spazio disponibile. Per far questo, ovviamente, ci vogliono urbanisti che abbiano esperienza di Piani regolatori. Purtroppo all’Ufficio tecnico non ci sono”.

Si tratta, però, di agglomerati sorti abusivamente.

“In passato molti abitanti hanno costruito la loro casa e sono stati ingannati. Il discorso è molto lungo. Non c’è dubbio, tuttavia, che questi Villaggi siano cresciuti in disordine. In ogni caso le cose sono due: o li demolisci, oppure li armonizzi col centro abitato. Realizzare qualche bambinopoli ogni tanto, significa volerli lasciare nel ghetto”.

Questi due Villaggi, che da molti anni hanno problemi di strade, di piazze, di illuminazione, di collegamenti, con una soluzione del genere, automaticamente verranno risanati?

“Certamente. Tutta l’area dove la gente ha costruito la propria casa, dovrebbe essere considerata la nuova zona C, con l’aggiunta delle aree limitrofe preposte a nuova edificazione. In questo modo, queste realtà verrebbero regolarizzate, risanate ed inglobate in una struttura urbanistica più ordinata”.

Non credi che questa proposta potrebbe essere criticata?

“Certo. Non è detto che sia la migliore. È un’ipotesi”.

A tuo avviso l’Amministrazione comunale sta sposando la prima o la seconda ipotesi?

“E’ presto per dirlo. Credo che al momento non può dare indicazioni precise perché la gente si preoccuperebbe di comprare o di vendere i terreni. Il Comune, invece di concentrarsi su polemiche sterili, dovrebbe promuovere degli incontri con tutte le componenti della città, per sentire la gente, farla parlare, farla confrontare”.

Il sindaco dice che gli incontri ci sono stati.

“Solo un paio, ma a livello più formale che sostanziale, con la partecipazione di pochi tecnici e di qualche abitante dei Villaggi. Non basta. Preferiremmo più dialogo e meno polemiche”.

Però, onestamente, le linee generali che ha enunciato l’Amministrazione comunale – più verde, meno cemento, il ripristino della caratteristica “maglia a scacchiera” – lasciano ben sperare. O no?

“Sono concetti condivisibili, bisogna vedere come vengono applicati. Temo che lasciando l’attuale zona C, aumenterà il caos viario ed edilizio, con l’aggravante che i Villaggi del Pino e delle Ginestre resteranno isolati”.

Quindi può esserci contraddizione fra il dire e il fare?

“Nessuno garantisce che certi propositi verranno rispettati”.

Cosa pensi dell’Ufficio tecnico di Belpasso?

“Per le pratiche che ho fatto io, l’Ufficio tecnico ha sempre richiesto la massima regolarità della documentazione, cosa alla quale ho sempre cercato di attenermi scrupolosamente. Per altri soggetti, non mi pare che sia stato sempre così”.

2^ puntata. Continua