La dottoressa Ranalletta su Rai1. La dottoressa Ranalletta su Rai1 chiede verità e giustizia su Giulio Bossetti, l’uomo ritenuto l’assassino della tredicenne di Brembate di Sopra (Brescia), Yara Gambirasio. La dottoressa Ranalletta su Rai1 vuole, disperatamente vuole,  che venga ripetuto il test del Dna sul suo cliente (condannato all’ergastolo in primo e in secondo grado), perché, dice, la giustizia deve trionfare. E noi siamo assolutamente d’accordo La-giustizia-deve-trionfare. Certo… E non ci permettiamo di entrare nel merito di un processo come quello a Bossetti, che non conosciamo se non attraverso ciò che abbiamo appreso dagli organi di informazione.

La dottoressa Dalila Ranalletta è il Medico legale – quindi il perno dell’intera indagine – che nel 2004 ha eseguito l’autopsia sul cadavere di Attilio Manca, il 34enne urologo di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), trovato morto nel suo appartamento di Viterbo (città nella quale lavorava da un paio di anni in quell’ospedale) con due siringhe rinvenute a pochi metri.

Attilio Manca. Sopra: il Medico legale Dalila Ranalletta

Queste due siringhe – secondo quanto ci ha spiegato l’Ill.ma Dottoressa, assieme al tossicologo Fabio Centini – avrebbero un collegamento diretto con l’eroina trovata nell’organismo dell’urologo attraverso l’esame tossicologico eseguito negli organi interni della vittima. I magistrati laziali ci hanno raccontato dunque che Attilio Manca è morto per una “inoculazione volontaria” di eroina, senza però portare uno straccio di prova sulla presunta “volontarietà” del gesto. Che, proprio perché non suffragata da elementi certi, potrebbe non essere stata poi così “volontaria”, come i giudici hanno cercato di far credere.

O meglio: la “volontarietà” potrebbe esserci stata, ma non per forza da parte della vittima. Chi ci dice – in mancanza di elementi certi – che il giovane medico non sia stato drogato forzatamente da altri e ucciso, facendo credere che si sia trattato di una auto iniezione di eroina?  Di fronte a un cadavere come questo, degli investigatori di mediocre livello, questa domanda se la sarebbero posta, quelli di Viterbo no, almeno ufficialmente.

Il caso Manca, rispetto al caso di Yara Gambirasio è diverso, profondamente, perché travalica i confini della cronaca nera e tira in ballo direttamente lo Stato. Innanzitutto per quell’inchiesta e quel processo scandalosamente chiusi, senza lo svolgimento degli accertamenti più elementari, ma in compenso con un’accusa – mai provata – nei confronti di un morto che non può difendersi; e poi perché nessuno ha mai spiegato perché non sono state considerate le dichiarazioni di ben quattro pentiti, che tirano in ballo i servizi segreti deviati (come esecutori del delitto); il boss di Barcellona Pozzo di Gotto, Rosario Cattafi (come mandante); l’intervento di cancro alla prostata di Bernardo Provenzano a Marsiglia, cui Attilio Manca – allora uno dei migliori urologi italiani – avrebbe partecipato (come movente).

Sì, perché Provenzano – secondo le indagini di ben altra magistratura, quella di Messina e di Palermo – avrebbe usufruito della protezione di una rete di altissimo livello nel periodo in cui avrebbe trascorso la latitanza a Barcellona Pozzo di Gotto. E Attilio Manca potrebbe avere scoperto delle cose che dovevano rimanere segrete: non solo la reale entità del boss – che all’epoca si nascondeva sotto falso nome – ma i personaggi che ne hanno coperto la latitanza.

Invece i magistrati di Viterbo hanno chiuso il cerchio attraverso uno stranissimo esame tricologico sul capello della vittima, dal quale risulterebbe che Attilio Manca sarebbe stato un assuntore di stupefacenti ancora prima di morire.

Peccato che, a dire della famiglia e del suo avvocato Fabio Repici, mai alcuna notifica di questo esame è stata recapitata ai loro indirizzi, con l’aggravante che il test è saltato fuori “solo” otto anni dopo. E in ogni caso, qualcuno può spiegare la connessione fra una presunta positività (ci scusino gli interessati per la prudenza, ma ne abbiamo viste troppe) del test tricologico e la morte di Attilio Manca? In breve: una eventuale (e mai dimostrata) assunzione pregressa di droga dimostra l’”auto inoculazione”?

Vedendo oggi la dottoressa Ranalletta su Rai1, agguerrita e desiderosa di verità come non mai, ci chiediamo se si tratta della stessa dottoressa Ranalletta alla quale abbiamo chiesto per iscritto una intervista, con tanto di domande inviate per mail, sulle quali la professionista avrebbe potuto ponderare, equilibrare, calibrare le risposte, in base alle sue esigenze, oppure un’omonima. La Ranalletta che abbiamo contattato noi, su Attilio Manca ritiene di non rispondere, mentre su Bossetti è un fiume in piena.

Eppure su questo giornale abbiamo svolto un’inchiesta di dieci puntate – attraverso la consulenza di un docente di Medicina legale – su quella stranissima autopsia. Troppe le emerse. Eppure quell’inchiesta è rimbalzata, come tutti i misteri italiani, su questo immenso e incredibile Muro di gomma che è il caso Manca.

Questo pomeriggio, quando la dottoressa Ranalletta, con indignazione, alzava i toni e ripeteva spesso la parola “verità”, confessiamo che ci siamo dati un pizzicotto per capire se tutto era vero o se stavamo sognando.

Luciano Mirone