Non sappiamo chi – fra Zingaretti, Martina, e Giachetti – sarà il nuovo segretario del Pd. Chiunque esso sia, avrà il dovere di intervenire seriamente sia sulla politica nazionale del partito, sia su quella periferica, con delle regole certe che tutti indistintamente devono rispettare.
Ci auguriamo che in questi mesi di crisi profonda si sia fatta una salutare autocritica degli errori commessi, che hanno portato l’elettorato del Pd a rifugiarsi nell’astensionismo, nelle piccole liste della stessa parte politica, e nel Movimento Cinque Stelle, che evidentemente su certe tematiche è stato visto – almeno finora – più di sinistra della stessa sinistra ufficiale.
Ce lo auguriamo davvero, poiché di una forza politica che porti avanti valori come la solidarietà, l’accoglienza, la giustizia sociale, il lavoro, l’ambiente, il rispetto dei diversi, l’aiuto alle classi più deboli e tanto altro, c’è estremo bisogno.
E però per promuovere un progetto autenticamente di sinistra non basta predicare. Se non si riscoprono i principi dei grandi Padri nobili – da Pertini a Nenni, da Berlinguer a La Torre, da Sturzo a De Gasperi, da Aldo Moro a Piersanti Mattarella – sarà la fine. Principi come la coerenza, l’etica e la questione morale, che una sinistra troppo imborghesita pare avere dimenticato, sono fondamentali per una forza che si dice democratica. Su questo il Pd ha il dovere di essere intransigente con chiunque, se vuole salvarsi.
Noi, al posto del nuovo segretario, un giro in provincia lo faremmo. Per capire perché oggi il Pd è a pezzi. Perché a volte le piccole realtà sono come gli specchi: ti fanno vedere gli errori (e i danni) commessi a Roma da chi ha fatto le alleanze con Verdini, o ha favorito quelle con Lombardo e Cuffaro in Sicilia, non solo alla Regione.
Ci sono luoghi nell’Italia profonda dove la realtà supera la fantasia. Sì perché, mentre a Roma come altrove, certe alleanze – seppure scandalose – si sono fatte da posizioni di forza o quantomeno di parità, in certi posti il Pd ha assunto posizioni talmente surreali da rasentare il grottesco.
Non sappiamo se il nuovo segretario del Pd abbia mai sentito parlare di Belpasso. Che non è famosa solo per i torroncini.
In questa cittadina in provincia di Catania di quasi 30mila abitanti, abbiamo un Pd insuperabile. Basti dire che alle scorse amministrative (2018) non è riuscito neanche a raccogliere sedici persone (dicasi se-di-ci) per comporre la lista, e questo la dice lunga sulla gestione del partito degli ultimi decenni, in cui si è visto proprio di tutto.
Dato che la lista piddina non si è fatta, l’allora segretario della sezione – designato dal suo partito anche come candidato sindaco – ha allungato lo sguardo sempre a sinistra vedendo solo macerie. Neanche nel movimento che si autodefinisce “sinistra radicale” hanno potuto raccogliere sedici persone. E allora? Invece di prenderne atto e costruire qualcosa di valido a sinistra, l’ex segretario ha guardato dalla parte opposta pensando bene di “sistemarsi” nelle liste che fanno capo al deputato locale di Forza Italia (ex sindaco famoso per le sue battaglie sullo sviluppo sostenibile “al contrario”).
A quel punto scoppia il “Caso Belpasso”, il segretario si dimette e un nostro articolo fa parlare tutta l’Italia. E però, osservando meglio, si capisce subito che la pietra dello scandalo della sinistra locale non è solo lui.
Basta focalizzare lo sguardo dentro il Pd per vedere che la “componente Cgil” – auspice l’ex sindaco, oggi nuovo segretario della sezione – piazza contemporaneamente una delle figure storiche della sinistra nelle liste di Diventerà bellissima, movimento di destra del governatore della Sicilia, Nello Musumeci. Addirittura perfino la “componente giovanile” del partito – quella che a rigor di logica dovrebbe essere la più cazzuta – colloca un proprio rampollo sotto lo stesso usbergo. Il tutto – se le indiscrezioni sono vere – con l’avallo della Federazione provinciale del partito, che, secondo quanto ci dicono, dispensa consigli per la buona riuscita di questo capolavoro di strategia politica.
Ora, egregio futuro segretario del Pd, da sempre ci hanno insegnato che destra e sinistra non sono compatibili, ma siccome a Belpasso c’è un Pd insuperabile per genialità politica, una piccola eccezione la facciamo.
Ma la cosa buffa, per non dire tragica, è che ad essere insuperabile è anche un pezzo di sedicente “sinistra” di un movimento auto proclamatosi “duro e puro”, il quale (a parole) al solo sentire il termine “destra” si piazza dietro le barricate e comincia a combattere, ma con i fatti non solo invita a “votare e a fare votare” i candidati che stanno dall’altra parte, ma contemporaneamente piazza una propria rappresentante nelle liste della destra. L’apoteosi.
Risultato: nessuno dei nostri eroi viene eletto. Del resto, perfino i bambini sanno (tranne ovviamente gli interessati) che fra una sbiadita fotocopia e l’originale, l’elettorato sceglie sempre l’originale.
E però la cosa più comica è che per nascondere le proprie magagne, tutti – registi, protagonisti e comparse – si scagliano contro l’ex segretario piddino, che sicuramente l’ha combinata grossa, ma non può essere additato come l’unico colpevole, anche perché, bisogna ammettere, che quando ha ricoperto la sua carica è stato l’unico a sinistra a fare opposizione all’Amministrazione di destra. E però in certi contesti dove certamente la limpidezza non regna sovrana, il capro espiatorio fa sempre comodo: è a costo zero e ti permette di rifarti la verginità.
Morale della favola: oggi non c’è un solo rappresentante del Pd di Belpasso in Consiglio comunale. Stessa cosa dicasi per il movimento dei “duri e puri” a giorni alterni. In compenso entrambi esprimono due propri esponenti all’interno dell’Amministrazione comunale, nominati dal sindaco (ovviamente di Diventerà bellissima) con incarichi che francamente manco vale la pena di menzionare per quanto sono insignificanti. Della serie: un piede a sinistra e uno a destra. E magari uno nei Social. Per sparare bordate di fango a chi dice che questa è solo una tragica parodia della sinistra. Che oggi fiuta l’aria e invita tutti a recarsi al gazebo delle primarie per votare il candidato sul cui carro intendono saltare. Naturalmente “per il bene dell’Italia”.
Luciano Mirone
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