Malgrado i sei mesi di attesa, alla fine il tanto desiderato Consiglio comunale “aperto” ha lasciato soddisfatta molta gente delle venti associazioni di Belpasso (Ct) che chiedono a gran voce il Parco delle Torrette, e che ieri sera si sono confrontate coi consiglieri comunali, gli assessori e il sindaco Daniele Motta. Il quale ha promesso tre cose: la revisione del Piano regolatore generale (Prg) – scaduto “solo” 16 anni fa – entro la fine del suo mandato (2023, quindi entro “appena” quattro anni), l’impegno di istituire il Parco mediante una nuova riperimetrazione che preveda circa 150mila metri quadrati di area, e un tavolo tecnico “snello” al quale dovrebbe partecipare lui stesso, insieme a una delegazione delle venti associazioni promotrici. Lo scopo è quello di redigere un piano di lavoro in cui al centro ci sia il Parco, ma anche delle proposte concrete da inserire nel nuovo Prg. Obiezione del consigliere di maggioranza Giuseppe Rocco Santonocito: “Anche i villaggi (sorti abusivamente negli scorsi decenni, ndr.) hanno diritto a partecipare al tavolo: anche lì c’è l’esigenza di piazze e di parchi pubblici”.
Non sappiamo come finirà, però il dato oggettivo di una volontà nuova di “collaborare in sinergia” c’è. E si coglie a fine serata dai sorrisi e dai volti rilassati di cittadini e amministratori, che anche dopo il momento istituzionale dialogano in piedi nell’Aula consiliare, malgrado le incomprensioni, le polemiche, le accuse reciproche del recente passato. Ma oggi è un altro giorno e domani… si vedrà.
Dunque, a Belpasso – in tema di verde e di cemento – il Consiglio comunale “aperto” di ieri sera, 2 Maggio 2019, potrebbe rappresentare una svolta. Scriviamo “potrebbe”, perché l’esperienza ci consiglia che quando si parla di certi argomenti, nel paese di Martoglio la prudenza non è mai troppa, specie se si pensa che due deputati regionali su tre – espressi proprio a Belpasso – hanno dato prova di sposare decisamente più il cemento che il verde: ci riferiamo agli onorevoli Alfio Papale (Forza Italia), ex sindaco della cittadina etnea, e a Giuseppe Zitelli (Diventerà bellissima, il movimento del governatore Nello Musumeci, cui hanno aderito il sindaco Motta, l’ex sindaco Caputo, oltre a diversi consiglieri e assessori), il quale Zitelli, assieme al collega Udc, Giovanni Bulla di Adrano (altro centro ad altissimo tasso di cementificazione), è stato promotore di un recente disegno di legge per rendere più “flessibili” i vincoli imposti dal Parco dell’Etna (spostare la tutela a quota 1100 metri), che in questi anni, secondo loro, hanno “imbalsamato” il territorio.
Se a questo aggiungiamo che proprio l’ex sindaco Caputo (in pole position per assurgere alla presidenza del Parco dell’Etna), nei cinque anni in cui è stato in carica (2013-2018), da un lato non ha fatto altro che usare parole come “verde”, “ambiente”, “città a misura d’uomo”, e dall’altro ha scippato il Piano regolatore a un luminare dell’urbanistica come Leonardo Urbani (aggiudicatosi il bando indetto nel 2012 dal commissario regionale Sajeva) per darlo all’Ufficio tecnico comunale che – da quello che è emerso ieri sera – brancola nel buio, si comprenderà come il contesto non sia proprio così “sinergico” fra amministratori e amministrati. E però il clima sembra positivo, anche se si parla di spaccature in seno alla maggioranza sorte proprio su questi punti.
A maggior ragione quando Caputo viene messo di fronte alle sue responsabilità dall’intervento di Antonino Girgenti, rappresentante delle associazioni Carri di Santa Lucia e Sciara blog (come Tony Falbo, che parallelamente ha illustrato le slide), che ha snocciolato numeri da brividi, mentre il responsabile del settore Urbanistica dell’Ufficio tecnico comunale, Sebastiano Leonardi, prendeva appunti e ogni tanto faceva un cenno di assenso a qualche consigliere che chiedeva lumi.
“I residenti effettivi – dice Girgenti – sono poco al di sopra di 28mila, quelli insediabili invece sarebbero quasi 200mila”. Almeno secondo il Piano regolatore targato Caputo. Praticamente per i prossimi dieci anni si prevede un incremento di popolazione pari a una città come Catania. Un paradosso se si considera che l’incremento demografico registratosi negli ultimi decenni nel centro abitato di Belpasso è praticamente insignificante, mentre si è sviluppato in modo abnorme – specie durante la sindacatura Papale, di cui Caputo era vice – nelle frazioni di campagna. Con un “piccolo” particolare: questi insediamenti (migliaia) sono abusivi.
Il problema, è stato detto, è che il calcolo dell’incremento demografico – e quindi dell’aumento di cemento – relativo ai prossimi anni, è stato fatto tenendo in considerazione queste cifre, vere ma false, illegali ma legali.
Legali perché vengono legittimati dallo schema di massima. Illegali perché l’abusivismo edilizio – fino a prova contraria – è un reato vietato dalla legge, seppure tollerato e favorito dalle amministrazioni che si sono succedute nel corso degli anni. “Secondo questo Schema – dice Girgenti – abbiamo calcolato sette case per ogni belpassese”.
Un altro paradosso che spiega perché il nostro Paese è uno dei più grossi divoratori di suolo al mondo, diventato sensibile alle frane, agli smottamenti, alle alluvioni, ai disastri idrogeologici. Oltre, naturalmente, ad un impoverimento del concetto di bellezza, che a Belpasso come altrove si coglie a piene mani.
Ed è proprio la bellezza, accoppiata all’arte, alla memoria storica e alla sensibilità, uno dei leitmotiv della serata. A dare questo tocco di estro e di calore sono Tony Carciotto – presidente della Pro Loco – che ha letto un brano di uno scrittore belpassese del passato, Luciano Incontro (nome d’arte Adamo Leandri), che si sofferma su una giornata di vendemmia ambientata in contrada Gattaino – la stessa nella quale si vuole istituire il Parco – con i suoi ritmi, i suoi canti, i suoi riti antichi, e a Maria Rosa Marcantonio (associazione Vivere Verde) che definisce la terra la “madre bella” dell’umanità, di cui va ascoltato il “grido di dolore” per la deforestazione e l’effetto serra. “Il verde può salvare il mondo”, dice Maria Rosa, che si appella alla politica per piantare più alberi anche a Belpasso.
Un concetto che stride nettamente con il tanto decantato “verde” caputiano. Basta osservare le slide che scorrono impietosamente sullo schermo: secondo lo schema di massima, sono state considerate “zone a verde” pure le piazze asfaltate e lastricate, con due (dicasi due) alberelli e relativa aiuola riempita da qualche ciuffo d’erba.
Altro rapido colpo d’occhio di qualche consigliere verso il responsabile dell’Ufficio tecnico e altro silenzio che gradualmente gela gli scranni dell’Aula, occupati in parte da quei consiglieri che due anni fa hanno votato l’atto, sindaco compreso. La differenza tra le parti è tutta qui: da una parte si votano certi provvedimenti, dall’altra ci si documenta anche attraverso il confronto col mondo accademico, cosa avvenuta nelle ultime settimane tra le associazioni e il professor Filippo Gravagno, autorevole docente di Pianificazione urbanistica dell’Università di Catania.
Eppure i toni di ieri sera non sono stati accusatori. Non sono mancate le frecciate sul “fallimento della politica” (L’Informazione) e sulle “risposte che la politica è chiamata a dare anche alla luce dei cambiamenti climatici e del peggioramento della qualità della vita anche a Belpasso” (Pippo Rapisarda dell’Arci). Ma il dibattito generale è stato civile e improntato sulla “massima collaborazione”.
Ecco allora Silvana Ranza (vice presidente dell’associazione Gattaino, nonché componente del Presidio partecipativo della Valle del Simeto) che parla di “richiesta di civiltà”, perché oggi “le esigenze dei cittadini sono diverse da quelle di trenta, quaranta anni fa”. “Noi – afferma Ranza – vogliamo un paese a misura di bambino, di anziano, di portatore di handicap, di turisti. Per questo chiediamo alla politica di lavorare insieme”.
In rapida successione l’intervento di Enrico Fisichella del Club alpino italiano, che parla del bellissimo “sentiero 786”, allestito recentemente dal Cai (oggetto di fruizione continua e costante degli amanti della natura), che collega contrada Gattaino con l’Etna. Ebbene, quel sentiero – dice Fisichella – vorremmo allungarlo nelle aree interessate al Parco, in modo da cominciare a renderle fruibili”.
Il problema è che quelle aree sono definite “zone C” (“di espansione”) dal Piano regolatore: un dilemma di non facile soluzione, specie se si pensa che la Sovrintendenza le ha inquadrate come “tutela 1”, un appellativo molto blando che consente di edificare anche nei luoghi di pregio. Nei giorni scorsi le venti associazioni hanno chiesto alla Sovrintendenza il passaggio a “tutela 2”, grazie alle quali, quelle zone, potranno essere maggiormente salvaguardate.
Ed è questo il passaggio fondamentale dell’intera operazione. Un provvedimento del genere toglierebbe al Consiglio comunale le castagne dal fuoco per una eventuale variante – come è stato proposto dal consigliere del M5S Damiano Caserta – finalizzata a trasformare quelle superfici da “zona C” a “zona F-Parco”, e quindi eviterebbe un probabile scontro tra i consiglieri e i proprietari delle aree interessati a costruire. Solo che – è stato detto – oggi nel centro abitato di Belpasso manca la richiesta abitativa: nelle zone di espansione non si costruirà mai, mentre gli stessi proprietari continuano a pagare le tasse sui terreni”.
Vedremo come finirà. Appuntamento al prossimo 1 giugno: di mattina passeggiata nei luoghi del parco, con raccolta di spazzatura e piantumazione di alberi, esibizione di poeti e di cantastorie e degustazione (probabile) a ora di pranzo delle tipicità belpassesi. La sera convegno con interventi di rappresentanti dell’Università, della Sovrintendenza, della Società civile.
Luciano Mirone
In attesa della prossima puntata….Complimenti per il reprotage…….