Il Trapani calcio è promosso in serie B e i giocatori intonano contemporaneamente un coro per invitare il patron della società Maurizio De Simone ad andarsene: “Forse-chissà-succederà-canta-con-noi-e-De-Simone-se-ne-va”. Questo lo slogan canoro scandito sabato scorso negli spogliatoi dello stadio Provinciale, dopo la finale dei play off vinta per 2-0 col Piacenza, quando i calciatori in festa hanno improvvisato questo motivetto indirizzato all’amministratore delegato del sodalizio granata, che nel marzo scorso aveva rilevato la società dalle mani dall’armatore Vittorio Morace, alle prese con delle grane giudiziarie che lo hanno indotto a lasciare la guida del club siciliano.
L’impegno era quello di pagare gli stipendi e di consentire alla squadra un campionato di transizione. Con De Simone è successo di tutto: niente stipendi di marzo e di aprile, i giocatori che mettono in mora la società, una splendida e imprevedibile promozione in B.
Diciamoci la verità, una vicenda del genere – i calciatori che invitano pubblicamente attraverso una canzone il massimo dirigente a lasciare – non si era mai verificata nella storia del pallone, specie dopo un successo clamoroso come quello del Trapani, su cui all’inizio del campionato nessuno era disposto a scommettere un solo centesimo, a maggior ragione dopo che Morace – lo storico presidente di altre memorabili promozioni in B e di una serie A persa per un soffio ai play off – ha gettato la spugna.
Dovreste vederlo quel video: i giocatori felici per quest’altra epica promozione che dicono esplicitamente a De Simone di andarsene a casa, sia per il loro bene, sia per il bene della Trapani calcistica, mentre lui, l’amministratore delegato, secondo alcuni testimoni, è in tribuna, guardato a vista dai poliziotti che vigilano sulla sua incolumità. I tifosi ce l’hanno con lui. Non da ora, ma da almeno un mese. Nello scorso maggio lui stesso ha denunciato in conferenza stampa le minacce telefoniche e gli insulti di cui sarebbe stato destinatario.
Un incredibile paradosso al quale stentiamo a credere. Nel mondo del calcio abbiamo visto di tutto, ma la scena di un dirigente asserragliato nel suo metro quadrato di tribuna, mentre la sua squadra raggiunge la promozione e canta assieme a migliaia di tifosi che invadono festosamente il campo, non l’avremmo nemmeno immaginata: di solito il patron di una società calcistica che vince, viene acclamato, portato in trionfo, riempito di champagne. A Trapani sabato scorso è avvenuto il contrario.
La vera notizia – assieme a quella bellissima del ritorno nella serie cadetta della formazione granata – è questa. Ma lui, Maurizio De Simone da Avellino, un’azienda avviata nel settore della riparazione dei computer, non “si cura di lor ma guarda e passa”. E malgrado il preliminare firmato il giorno prima della finale, con l’impegno di cedere l’80 per cento della società all’imprenditore romano Giorgio Heller (che però a marzo, quando furono concluse le trattative per la cessione del club, fu scartato in quanto ritenuto inaffidabile), gioca su altri tavoli dicendo di avere “altre trattative in corso”, non con una o con due, ma addirittura con una decina di cordate anche estere. Il tutto a pochi giorni dalla scadenza dell’iscrizione al torneo di B, compreso il pagamento degli arretrati per i calciatori. Quindi se la situazione non si sblocca nelle prossime ore, il Trapani rischia seriamente di venire estromesso dal nuovo campionato.
E pensare che la Lega Pro – al momento della cessione della società da Morace a De Simone – aveva lanciato l’allarme: “Non possiamo nascondere la nostra preoccupazione dopo aver effettuato una sia pur sommaria verifica della visura camerale e del bilancio della società che ci è stata indicata quale cessionaria delle quote del Trapani… I costi di gestione di tale società non sono tra i più bassi nella nostra Lega e pertanto ci permettiamo di chiedere all’attuale proprietà un’attenta riflessione sull’eventuale cessione che, comunque, non potrà ritenersi perfezionata agli effetti sportivi se i soggetti acquirenti non siano in grado di rispettare i parametri di onorabilità e solvibilità previsti dal nostro sistema”. Niente da fare, malgrado gli articoli che indicano De Simone come artefice del fallimento del Matera e dell’Avellino (che lui stesso smentisce decisamente) l’affare si fa.
Dopodiché questo sconosciuto imprenditore di Avellino si presenta a Trapani, trova il tempo di litigare con qualche cronista un po’ irriverente (al quale tuttavia chiede scusa durante una conferenza stampa), ma si ritrova inopinatamente in serie B grazie al lavoro straordinario dell’allenatore e dei giocatori. E però basta poco perché i rapporti fra lui e la squadra, fra lui e la tifoseria si guastino. Insomma, secondo molti, De Simone fa quello che manco un dirigente di Terza categoria farebbe, al punto che la stampa trapanese scrive: De Simone ormai “ha perso ogni credibilità in città”.
Il sindaco Giacomo Tranchida – che si sta attivando molto per salvare la serie B – aveva già parlato in primavera di “allarmanti informazioni raccolte” sulla nuova dirigenza. Oggi lo stesso primo cittadino sta dialogando con i possibili nuovi acquirenti bypassando proprio l’amministratore delegato, che nel Trapani è la figura più importante.
Adesso è una corsa contro il tempo, poiché entro il 24 giugno bisognerà trovare 800mila Euro per iscrivere la squadra al nuovo campionato, quindi bisognerà trovare altri 700mila Euro per saldare gli arretrati ai giocatori. Questo nell’immediato. Poi ci sarà bisogno di altro denaro per affrontare un torneo costosissimo come quello cadetto. È vero che arriveranno i soldi della promozione. E saranno tanti, ma non giungeranno subito. Ne usufruirà la nuova dirigenza. Chi? De Simone, Heller o qualcun altro?
Nei prossimi giorni vedremo quale sarà l’epilogo – speriamo positivo per i colori granata – ma a prescindere da questo, abbiamo l’impressione che da Trapani “De-Simone-se-ne-va”.
Luciano Mirone
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