Angelo ha quarantotto anni e vive da sempre su una sedia a rotelle. Comunica con gli occhi e con un software collegato a un cursore che muove col movimento dei piedi. Solo così. Eppure, malgrado la “tetraplegia atetosica con assenza di linguaggio” da cui è affetto dalla nascita, Arcangelo Gabriele Signorello, per gli amici semplicemente “Angelo”, si sta imponendo all’attenzione dell’opinione pubblica non solo nazionale con la poesia.
Migliaia di versi profondi, ironici, tristi, dolci, sgorgano dal suo cuore e scorrono come acqua purissima nel mezzo di una tempesta di sentimenti e di stati d’animo. Poesie in dialetto e in lingua che parlano d’amore anche quando sembrano parlar d’altro, perché lui è innamorato della vita, ed ecco che anche un verso contro la mafia diventa indirettamente un verso d’amore per la sua Terra, la Sicilia, alla quale ha dedicato tante opere. Tante certo, ma mai quante ne ha dedicate alle donne – un’infinità – vere muse ispiratrici di questo eterno ragazzo che ama sorridere e riempirsi di vita.
Non è facile descrivere Angelo se lo guardi col metro col quale osservi gli altri: lui è diverso, ma al tempo stesso uguale. Diverso per il suo modo di sorridere, di parlare e di gesticolare. Uguale perché la sua maniera di comunicare lo rende unico: grazie alla sua simpatia stringe rapporti umani con tutti, grazie al suo linguaggio universale, delicato e profondo si impone, domina la scena, entra in sintonia, perché parla d’amore, di speranza, di amicizia, di vita, di politica, di indignazione, di impegno civile, di antimafia.
Avrebbe potuto chiudersi in se stesso, e invece ha spalancato le porte dell’anima e ha cominciato a scrivere. Poi ha capito che l’asticella era troppo bassa e l’ha alzata, ed ecco che le sue liriche sono state presentate in tutta Italia con delle serate emozionanti che hanno coinvolto il folto pubblico presente. Niente da fare. Quell’asticella bisognava alzarla ancora. Del resto ha una vita davanti, Angelo, mica può starsene solamente a scrivere… E allora eccolo a calarsi nelle grotte dell’Etna con il “gruppo speleo” del Club alpino italiano (Cai) per scoprire i misteri della natura e della Montagna, alla quale – forse perché è femmina – ha dedicato altri versi incredibili.
Insomma ha compreso che per vivere bisogna superare le Colonne d’Ercole che una società a volte instupidita dai pregiudizi non vede.
Domenica sera al Club Progressista di Belpasso, Angelo ha volato da par suo. Magari è retorico scriverlo, ma è così. Sul palco di questo antico sodalizio – attorniato dagli altri brillanti relatori: Orazio Licciardello, docente universitario; Melina Marchese, logopedista; Valentina Costanzo, psicologa; Giuseppe Priolo, responsabile del Cai di Catania, oltre agli attori Nino Signorello e Barbara Cracchiolo, che hanno letto le sue poesie – questo ragazzo di quarantotto anni ha attirato su di sé l’attenzione del numeroso pubblico per il carisma e la commozione che è riuscito a trasmettere.
Prima della manifestazione ha espresso al sottoscritto – presentatore della serata – un desiderio: “Puoi farmi tutte le domande che vuoi, non farti riguardo”. E così ha parlato delle sue prime poesie, di quei dolci pomeriggi della sua infanzia trascorsi in contrada “Segreta” a Belpasso (paese del quale è originario, e dove si reca spesso dalla vicina Mascalucia, dove risiede), del suo impegno sociale che lo ha portato a stringere amicizia con don Luigi Ciotti e con la compianta Rita Borsellino, dei suoi cinque libri (“Come un Bambù”, “Ad un passo dal cuore”, Scavando emozioni”, “Impossibile contatto”, “Sulle ombre del delfino”), mentre dalla sala il papà Carmelo e la sorella Olga (purtroppo la mamma, alla quale è stata dedicata la serata, è scomparsa poche settimane fa) osservavano emozionati il loro Angelo, col pubblico che si spella le mani dagli applausi.
Un appello ha rivolto al pubblico. Un appello che facciamo nostro perché riteniamo che la storia di Angelo sia la storia di molte persone nella sua condizione: “Ho quasi cinquant’anni, mia mamma non c’è più e mio padre ha superato gli ottant’anni. Mia sorella, laureata da oltre un decennio, ha rifiutato di insegnare al Nord, perché, come i miei genitori, si è dedicata totalmente a me. Chiedo che venga realizzata una Casa Famiglia fra Belpasso e Paternò (magari in un edificio confiscato alla mafia) perché in questo territorio ho trovato delle persone (volontari e professionisti) che con amore si sono prese cura di me. Ovviamente questo appello non è solamente personale, ma riguarda molte persone che vivono la mia stessa condizione. Facciamo in modo di vivere nel modo più bello e più dignitoso possibile”.
Un appello che giriamo ai sindaci dei due comuni etnei, Nino Naso e Daniele Motta; ai rispettivi Consigli comunali e al presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, affinché si attivino per realizzare questo centro attrezzato, in cui le persone affette da “tetraplegia atetosica con assenza di linguaggio” possano trovare la loro realizzazione e la loro felicità. Sì, egregi signori, bisogna alzare l’asticella.
Luciano Mirone
Grande Angelo❤️
Caro Angelo spero tanto che questo sogno si realizzerà sei una persona speciale
Grande animo ….. imbocca al lupo Angelo affinché tu possa realizzare il tuo sogno .
Un leone per niente in gabbia…