San Vito lo Capo, anni Sessanta. In questo villaggio di pescatori in provincia di Trapani, con le case bianche e il mare cristallino, il signor Gabriele Pizzimenti, marinaio imbarcato per tutto l’anno con le navi della flotta Lauro, rileva il bar La Sirenetta, che in paese esiste da qualche anno. Non vuol saperne di stare lontano dalla famiglia e decide di stabilirsi per sempre al suo paese. Anzi, a dire il vero, la persona che ha l’idea di acquistare il locale è la moglie Paolina, donna tenace e dolce, che vuole il suo Gabriele accanto a sé. In quattro e quattr’otto si fa l’affare e ora finalmente Gabriele avrà una sua attività, senza stare a mare per trecento giorni l’anno.
A casa si fa festa, ma né Gabriele né Paolina si rendono conto che stanno per entrare nella storia, storia minima, d’accordo, ma pur sempre storia.
Storia di questo paesino di poche anime in provincia di Trapani, che all’epoca campa solo di pesca, di agricoltura e di pastorizia, e oggi è famoso in tutto il mondo per quel chilometro di spiaggia bianca che lascia a bocca aperta turisti di tutto il mondo.
Il destino si presenta fra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta sotto forma di un amico che decanta a Gabriele le mirabilie di un gelato assaggiato in un locale del centro storico di Trapani, un dolce che nel capoluogo, con l’andar del tempo, è stato quasi dimenticato, di cui lui tuttavia continua a ricordare il sapore.
“Una cosa mai assaggiata, Gabriele mio, un gelato al gusto di caffè (ma potrebbe essere anche al cioccolato, alla nocciola, al pistacchio, insomma al gusto di crema) ricoperto di panna, con un piccolo pandispagna imbevuto nel bagne di pasticceria al rhum (del rhum allungato con acqua e zucchero) e ricoperto da una cascata di cioccolata calda ad una temperatura di trentasei gradi”.
Gabriele resta a bocca aperta, un’acquolina gli riempie il palato, una curiosità morbosa gli stimola le papille gustative: quel racconto lo affascina, lo rapisce, al punto che lui stesso vuole esserne protagonista. Adesso che – dopo avere rilevato La Sirenetta – ha svolto un periodo di apprendistato presso la gelateria Aiuto, la migliore di Trapani, per specializzarsi a fare i coni e le granite, vuole assolutamente fare quel dolce. Si chiude in gelateria e, dopo diverse ore (qualcuno parla addirittura di giorni), esce con un lemmo in ceramica (un recipiente a forma conica tradizionalmente usato dalle massaie sanvitesi per condire il cuscus) ricoperto di questa prelibatezza, alla quale viene imposto il nome di Caldofreddo, termine onomatopeico che sintetizza mirabilmente il contrasto di temperature e il cocktail di sapori che evoca tante cose non facilmente descrivibili.
A raccontare la storia di questo gelato entrato da diversi anni nelle guide turistiche di San Vito lo Capo, assieme al mare e al cuscus, è Natale, figlio di Gabriele, che con le sorelle Maria e Bastianina, ha rilevato il bar, dopo che papà e mamma si sono messi in pensione.
“Da quel momento – dice Natale – il Caldofreddo ottiene un grande successo. Sia per la squisitezza del gusto, sia per le richieste dei clienti. Diventa la specialità della Sirenetta e di San Vito lo Capo, e soppianta addirittura lo Spongato, il gelato a forma di ‘mezza luna’ servito nella coppa d’acciaio, in voga fino ad allora”.
Natale oggi è il leader indiscusso della Sirenetta. Trascorre diverse ore in gelateria e poi si divide fra la cassa e il bancone. La sera si gode un po’ di brezzastando seduto nel terrazzino del bar, tenendo banco fra risate, storielle e discorsi fra amici, mentre le onde del mare si distendono sulla sabbia. Racconta la storia del Caldofreddo con un entusiasmo incredibile, mentre la moglie Daniela (altra colonna del bar) sorride e ascolta.
“In verità mio padre non si aspettava questo successo. Allora San Vito non era come ora, con un turismo che inizia a marzo e finisce a ottobre-novembre. A quei tempi i villeggianti venivano solamente da Trapani e da Palermo, esclusivamente a luglio e agosto. La stagione finiva lì”.
“Da ragazzino cominciai a servire ai tavoli: tutti chiedevano il Caldofreddo al posto dello Spongato e nel frattempo il paese cambiava. Le amministrazioni comunali susseguitesi negli ultimi venticinque anni hanno saputo valorizzare l’immagine di San Vito in Italia e all’estero, hanno saputo portare avanti il progetto del turismo sostenibile che ha apportato molti benefici agli operatori turistici”.
“D’inverno il paese si svuota. La Sirenetta continua a fare i caffè per i pescatori e per i residenti, i pezzi di colazione, e i cannoli di ricotta la domenica mattina e nelle feste comandate. In primavera, in coincidenza con i Misteri di Trapani ed Erice, San Vito si rianima. Da quel momento è un susseguirsi di manifestazioni che portano turisti a frotte. Per il Caldofreddo è il boom. Se ne vendono tantissimi, non saprei dire quanti. È richiesto da tutti”.
“Adesso, in occasione dell’anniversario, abbiamo deciso di dismettere le coppe di vetro e di tornare all’usanza di una volta: il Caldofreddo servito nei nuovi lemmi che i maestri ceramisti di Santo Stefano di Camastra hanno realizzato per noi. Quelli vecchi li abbiamo dovuti dismettere molti anni fa perché c’era gente che se li portava: al loro posto abbiamo optato per quelli di vetro. Adesso torniamo alle origini. Lemmi di terracotta. Se li fregano? Non credo. I tempi sono cambiati”.
“Le ricette che mio padre mi ha trasmesso, le ho rielaborate rispettando la tradizione ma utilizzando metodi moderni. A quei tempi il gelato si faceva con latte, zucchero e ‘neutro’; ora si usano prodotti naturali di altissima qualità, che vengono pastorizzati, bilanciati e mantecati in modo quasi artistico. Allora c’erano pochi gusti, cioccolato, nocciola, caffè, zuppa inglese, stracciatella, cassata, torrone, limone, gelsi, gelsomino. Ora di gusti ne preparo ventiquattro. A quelli della tradizione ho aggiunto cioccolato fondente, anguria, cantalupo, setteveli, cannolo siciliano, mandorla e pistacchio”.
Natale è un maestro anche nelle granite, altro fiore all’occhiello della Sirenetta: le prepara in tanti gusti con frutta fresca e un procedimento che le rende uniche e molto apprezzate dalla clientela. Le più richieste sono limone, gelsi, mandorla e pistacchio preparate con prodotti tipici della pasticceria siciliana.
“Cosa dico ai miei genitori? Una sola parola che sento di pronunciare assieme alle mie sorelle: grazie! Loro sono stati i pionieri di un’attività che ha fatto un pezzo di storia di San Vito lo Capo. Uno studioso di Storia Patria come Enzo Battaglia – ex sindaco del paese – una volta mi disse che ad aver fatto grande San Vito sono stati il pasticcere, il gelataio, lo chef, l’albergatore, persone che da pescatori, pastori, contadini quali erano, si sono inventate qualcosa per migliorare la loro condizione sociale e per cambiare il loro paese con un’ospitalità semplice e spontanea. Sì, grazie è la parola giusta”.
Luciano Mirone
Bellissima Storia
Complimenti