Non solo capolarato e sfruttamento della manodopera straniera. E bene che si esca dall’ipocrisia denunciando le organizzazioni locali ben radicate nel territorio che utilizzano i braccianti non italiani per lucrare e fare i propri interessi. Questa la denuncia fatta a Caltanissetta dal MOVI (Movimento Volontariato Italiano), dalla Casa delle Culture “Letizia Colajanni” e dal Comitato “Giustizia per Adnan” all’indomani dell’operazione delle forze dell’ordine che hanno arrestato undici persone con accuse molto gravi. Una grave piaga evidenziata dalle tre associazioni che ancora una volta prendono posizione per ricordare l‘assassinio del giovane pakistano Adnan Siddique, ucciso nello scorso giugno con 5 coltellate per aver difeso alcuni connazionali dallo sfruttamento del lavoro in campagna.
“Esprimiamo viva soddisfazione – dicono – per l’operazione anti-caporalato ‘Attila’ di Carabinieri e Polizia di Caltanissetta che ieri ha portato all’arresto di ben 11 persone con gravi accuse: associazione per delinquere finalizzata al reclutamento ed allo sfruttamento della manodopera, estorsioni, sequestro di persona, rapine, lesioni aggravate, minacce, violazione di domicilio, violenza o minaccia per costringere a commettere un reato”.
Per Filippo Maritato, Presidente del MOVI e Direttore della Casa delle Culture e del Volontariato, l’inchiesta della Procura di Caltanissetta, “ha contribuito a svelare una realtà criminale profondamente radicata nel territorio e fino ad oggi gravemente sottovalutata. Dopo l’omicidio di Adnan Siddique, in molti – purtroppo anche fra gli addetti ai lavori – hanno minimizzato il fenomeno del caporalato nella nostra provincia e nelle aree limitrofe, sostenendo che nelle nostre campagne questo fenomeno fosse pressoché inesistente o, comunque, limitato a qualche caso individuale riferibile ai soli cittadini stranieri”.
“Ed invece – dice il responsabile del Movi – si tratta di una piaga diffusa, connotata da violenza e modus operandi ‘paramafiosi’ (come definito dagli organi investigativi) che nasce dall’attività criminosa di cittadini stranieri, ma che gode della collaborazione e del favoreggiamento di altri soggetti italiani”.
“Infatti – aggiunge Filippo Maritato – tra gli arrestati vi è anche una giovane donna di Canicattì (Agrigento), non a caso uno dei poli agricoli più importanti dell’area della Sicilia centrale. E’ necessario, quindi, che accanto alla giusta e doverosa attività repressiva delle forze di polizia vi sia una presa di coscienza collettiva e delle Autorità competenti: l’attuazione delle norme contro il lavoro nero e lo sfruttamento dei lavoratori – a prescindere dalla loro nazionalità – deve essere una priorità trasversale e socialmente condivisa”.
Ennio Bonfanti del Comitato “Giustizia per Adnan” – creato presso la Casa delle Culture all’indomani del barbaro omicidio del giovane pakistano nisseno – rileva come grazie all’operazione “Attila” sia stata “smascherata un’ipocrisia generale: a Caltanissetta il caporalato c’è e dietro i Pakistani sfruttati ci sono sempre imprese agricole sfruttatrici, intestate a sicilianissimi imprenditori. Questi lavoratori non andavano a fare allegre scampagnate ma venivano ‘impiegati’ per la raccolta delle pesche, dell’uva, degli ortaggi che giungono sulle nostre tavole dalle aziende agricole del comprensorio, in palese spregio della legge. Da oggi questa verità lapalissiana non potrà più essere sottaciuta da chi, fino a ieri, cercava addirittura di far passare il reclutamento clandestino di manodopera straniera come un benevolo atto di assistenza umanitaria verso cittadini immigrati, che in quel modo venivano aiutati economicamente”.
“Da oggi i Sindacati e le Associazioni di categoria del settore agricolo – seguita Bonfanti – devono garantire un impegno costante in una logica di filiera, contribuendo attivamente alla repressione dei comportamenti scorretti di singole imprese agricole nei confronti di un fenomeno che mina alla radice la credibilità di qualsiasi progetto alimentare di qualità”.
“Per questo – prosegue – ci auguriamo che la magistratura, dopo aver colpito la banda dei caporali, adesso allarghi l’attività investigativa sulle imprese che, frodando lo Stato e la collettività e danneggiando gli agricoltori onesti e corretti, hanno ricavato introiti economici illeciti con lo sfruttamento disumano dei braccianti stranieri ricompensati con paghe misere”.
Barbara Contrafatto
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