Egregio Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ho un figlio di diciotto anni, il quale, all’inizio del 2020, a causa della pandemia, ha dovuto rinunciare alla festa del suo diciottesimo compleanno e a una Settimana Bianca desiderata per tanto tempo e proprio per questo pagata coi suoi tenaci e lunghi risparmi. Siccome l’anticipo versato per l’edizione del 2020 vale anche per quella del gennaio 2021, stavolta il ragazzo, anche per non perdere i soldi, in assoluta sintonia con il resto della comitiva, vuole partite a tutti i costi: ‘Io vado – dice – , quando torno mi sottopongo a tampone e se risulto positivo mi metto in isolamento per 14 giorni nella casa al mare di un amico”.
La casa al mare dell’amico dista dal nostro comune circa 18 chilometri. Il ragionamento potrebbe anche filare, se non fosse per una serie di motivi che i ragazzi (e non solo), probabilmente, neanche si pongono ma che possono essere facilmente intuibili. Una serie di motivi che ne contengono implicitamente uno, il più importante, che pochi vedono: l’imprevedibilità, il vero cuore del problema, la stessa imprevedibilità che ha messo in discussione i convincimenti della comunità scientifica mondiale, che su diversi aspetti del Covid-19 si è clamorosamente spaccata.
È proprio questo concetto di imprevedibilità che mi porta a seguire un criterio del tutto personale nel gestire il rischio: nell’incertezza fra il parere “elastico” di un esperto e quello “rigido” di un altro, seguo sempre il secondo aggiungendo un’ulteriore dose di rigore, poiché credo che non abbia torto chi dice che questa situazione sia paragonabile alla guerra. Con la differenza che in un conflitto bellico puoi vedere e prevedere da quale direzione viene la pallottola, in una pandemia la pallottola può arrivare in qualsiasi momento e da qualsiasi lato.
Egregio Presidente, faccio innanzitutto autocritica sul fatto che dei genitori non riescano ad essere abbastanza autorevoli o duri da convincere il proprio figlio su delle scelte che giudicano sbagliate, ma mi consenta di pormi e di porLe delle domande, poiché nella vicenda del Covid-19 ci sono delle situazioni che, pur avendo come epicentro la sfera privata, si proiettano direttamente su quella pubblica (che lei “in primus” rappresenta): come si fa a convincere il proprio figlio ad evitare la Settimana Bianca se il Governo ipotizza di riaprire le piste da sci a gennaio (esattamente come è successo quest’estate con le discoteche)? Mio figlio fa un ragionamento semplicissimo: se lo dice Palazzo Chigi, con quel popò di esperti che si ritrova, è giusto così. Tu papà che ne puoi sapere?
Al che, carissimo Presidente, le confesso la mia impotenza. Un’impotenza che diventa rabbia di fronte alle foto e ai video che riprendono le città italiane che avete riaperto – dove i contagi e i morti si contano a grappoli – , piene di persone che non riescono a rinunciare allo shopping, agli aperitivi, allo struscio. E la rabbia diventa indignazione quando apprendo le decisioni del premier tedesco Angela Merkel che nelle stesse ore impone un nuovo lockdown alla Germania, dato che le misure adottate finora si sono rivelate insufficienti.
Quindi da un lato abbiamo la Germania che chiude per una ventina di giorni, in modo da spezzare questa eterna agonia del contagio, riprendere gradualmente le attività economiche ed arrivare al vaccino in condizioni un po’ più normali; dall’altro l’Italia che quell’agonia la prolunga, cambia da un giorno all’altro i colori delle regioni, riapre le città ma lascia chiusi i cinema, i teatri, i centri commerciali, le scuole, ma che con l’inizio dell’anno nuovo parla di riaprire le piste da sci, senza rendersi conto che in quel mese potrebbe esserci una concentrazione massiccia delle persone che hanno rinunciato nei mesi precedenti, con una terza ondata che potrebbe innescarsi proprio in quel periodo.
Quale “parametro scientifico” (dei 21 a vostra disposizione) vi porta a stabilire che il virus sia attivo a Natale e a capodanno, mentre a gennaio va improvvisamente in vacanza? Quale “parametro scientifico” vi porta a ritenere che l’assembramento è più pericoloso in un centro commerciale, in un cinema o in una scuola (seppure con il rispetto delle dovute distanze e con la mascherina) e non in una piazza o in una terrazza di un bar mentre si consuma l’aperitivo? Teoricamente perché, nel secondo caso, siamo all’aperto, sostanzialmente perché siamo portati ad assembrarci, senza dare peso alla parola di cui sopra, “imprevedibilità”, che in una situazione come questa dovrebbe portarci a percepire meglio la direzione delle pallottole.
Mio figlio ha ragione quando dice ‘Papà, tu non sei uno scienziato e quindi non capisci niente’, però il Governo – che degli scienziati si avvale – a certe domande dovrebbe rispondere. Non possiamo assistere all’indignazione di Arcuri, il quale, al cospetto delle immagini che ritraggono le piazze piene, se la prende con il mancato senso di responsabilità della gente, senza fare un minimo di accenno alle scelte governative.
Presidente Conte, la gente è così: se il Governo dice che è possibile uscire, esce. Quel buon senso sul quale sperate, non c’è. O meglio: non c’è in tutti. E se non c’è in tutti, ha ragione la Merkel. Dobbiamo e dovete prenderne atto.
Sa qual è la convinzione di molti? Che fra un mesetto risolviamo il problema del Covid. Come? C’è il vaccino! Inutile spiegare che i sani saranno vaccinati fra molti mesi. Niente da fare. C’è il vaccino, l’ha detto il Governo, quindi il problema è risolto. Lei non ci crederà, ma le giuro che ho sentito anche questo. I miei rispetti.
Luciano Mirone
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