Ma crediamo davvero che Renzi voglia far cadere Conte per le balle che il leader di Italia Viva spara continuamente (“il respiro corto”, “il recovery plan”, “il Mes”, “la delega sui servizi segreti” eccetera eccetera eccetera)? Crediamo davvero che l’ex sindaco di Firenze sia così ansioso di impiccarsi alla corda delle elezioni anticipate che – con quello striminzito 2-3 per cento – sancirebbe la sua morte politica?
Ieri abbiamo letto l’intervista all’Adnkronos del vice capogruppo di Forza Italia, Gianfranco Rotondi che dice: “La legislatura finirà presto e dal duello Conte-Renzi, come nel 94′ (quando vinse Berlusconi, ndr.), uscirà un outsider che rimetterà in discussione vecchi e nuovi assetti politici e alleanze”.
Dopodiché Rotondi ha fatto un’analisi “di superficie” sulla contrapposizione Conte-Renzi, la stessa che fanno molti giornali quando parlano di “incompatibilità”, di “fibrillazioni”, di “Renzi assetato di sangue”, di “Renzi che non ritiene Conte all’altezza della situazione” e cosette varie, senza però andare al nocciolo della questione.
Il nocciolo, secondo noi, è proprio Berlusconi. Non perché il leader di Forza Italia sia il candidato a prendere il posto dell’attuale presidente del Consiglio, ma perché – questa è una nostra interpretazione – l’ex Cav è il simbolo di certi poteri che devono mettere le mani sul Governo.
Lo disse una volta all’Espresso il predecessore di Salvini: quell’Umberto Bossi fondatore della Lega che, dopo le elezioni del ’94, fece il Governo con Berlusconi, salvo a farlo cadere poco tempo dopo, dicendo che lui con “il mafioso di Arcore” non aveva più nulla a che spartire.
Cosa spiegò Bossi al giornale allora diretto da un grande giornalista come Claudio Rinaldi? “Toglietevi dalla testa che Berlusconi sia sceso in campo solo per difendere Mediaset dal conflitto di interessi. Quello pure. Ma il vero motivo è un altro: Berlusconi in quel posto lo hanno voluto i poteri forti, ai quali a causa delle inchieste, sta mancando il terreno da sotto i piedi”.
Eravamo in piena Tangentopoli, poco prima c’erano state le stragi: su entrambi i fronti Berlusconi era protagonista, anche se in Tribunale molte accuse a suo carico sono successivamente cadute (ma non è detto che dagli abissi della storia non possa riaffiorare qualcosa), Sgarbi dalle sue tivù sputava fango contro le Procure di Milano e di Palermo.
Dal 1994 ad oggi sono passati quasi trent’anni. Berlusconi è in Parlamento da allora, fra Governo, opposizione e Bicamerali varie. In tutto questo tempo (forse non ce ne siamo accorti, ma è successo), ha dato il colpo di grazia alla “mutazione antropologica” degli italiani iniziata con la “politica americana” di Andreotti, Craxi e Gelli.
Se siamo il brutto popolo che siamo diventati, lo dobbiamo all’attività che Berlusconi ha portato avanti sia come uomo politico che come uomo di televisione, sdoganando di tutto: da Marcello Dell’Utri a Vittorio Mangano, dal turpiloquio in Tv all’informazione falsata, da trasmissioni vuote come il grande fratello alla corruzione come pratica quotidiana).
Dopodiché sboccia improvvisamente a Firenze questo “virgulto” politico: Matteo Renzi. Prima come presidente della Provincia, poi come sindaco, quindi nientepopodimenochè come presidente del Consiglio (neanche un uomo della statura di Giorgio La Pira, ex sindaco del capoluogo toscano, era stato così capace).
Non prima, però, della “benedizione” inferta dal Cavaliere in quel di Arcore, presso la cui villa il “virgulto toscano” si era recato. A distanza di anni non si conoscono i reali contenuti di quel “colloquio franco, diretto e disteso”: resta il fatto che il “giovane outsider del centro sinistra”, come allora era percepito da larga parte dall’opinione pubblica, alla vigilia del suo ingresso a Palazzo Chigi (ingresso traumatico, se si pensa con quanto cinismo fece fuori l’allora presidente del Consiglio Enrico Letta), sentì l’esigenza di recarsi in visita presso il chiacchieratissimo leader dello schieramento opposto per dei motivi che ancora oggi sfuggono.
Quindi arriviamo all’incontro-scontro in televisione fra lo stesso Renzi e Beppe Grillo: il primo accusa il comico, fondatore del Movimento Cinque Stelle, di non pensare che la realtà sia un eterno show. Il secondo controbatte dicendo a Renzi di essere stato messo lì dai “poteri forti” e cita espressamente la “massoneria”. Ecco il punto: vorremmo capire se Renzi abbia calcolato fino in fondo il rischio di morire politicamente (qualora si dovesse andare alle elezioni), oppure se ha talmente le spalle coperte da esporsi – specie in tempi drammatici come quelli odierni – fino a questo punto, dato che “l’alternativa” c’è.
Chiudiamo con una frase sibillina di Gianfranco Rotondi che per noi è particolarmente significativa: “Se Conte e Renzi escono distrutti dalla lotta che hanno ingaggiato, allora come nel ’94 – come avvenne con Silvio Berlusconi – c’è lo spazio per la discesa in campo di una faccia nuova. Chi è? Io lo so ma non lo dico. Di sicuro lo scopriremo presto, perché la legislatura non durerà tanto”.
Luciano Mirone
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