Malta. I migranti protestano pacificamente di fronte al Parlamento. “Siamo esseri umani, non manodopera a basso costo”, dicono. Un unico coro si leva ed echeggia sulle mura del Palazzo. La storia di Jaiteh Lamin, un ghanese di 32 anni, ha suscitato non poca indignazione pubblica, in particolare da quando è stato pubblicato su Facebook un video che lo mostrava disteso sul marciapiede ferito, dolorante e preoccupato di essere portato in prigione poiché lavoratore illegale presso un cantiere. Lamin era stato letteralmente abbandonato lì dal suo capo cantiere, nella speranza di poter sfuggire alla legge.
A risposta dell’increscioso evento, lunedì 4 ottobre la comunità dei migranti residenti a Malta si è riunita, con una dimostrazione pacifica, di fronte alla sede del Parlamento, a Valletta, per chiedere diritti migliori e stabilità in veste di lavoratori, implorando persino un intervento immediato da parte dell’Unione Europea. Diverse persone hanno fatto da “portavoce” all’intera comunità; molti tenevano ben stretta tra le mani la foto di Jaiteh Lamin. Molteplici le lamentele nei confronti dell’ente Identity Malta – che si occupa di rilasciare la documentazione maltese – e che a parere di molti manifestanti, sembra riservi un trattamento differente, a seconda della “provenienza” del richiedente, sottolineando che ai propri figli è difficile che venga fornita la documentazione necessaria per viaggiare al di fuori di Malta, senza una ragione burocratica ben specifica.
“Le nostre richieste non sono poi così diverse da quelle di qualsiasi altro cittadino europeo: un migliore accesso alle informazioni; la reintroduzione della polizza Autorizzazione Specifica di Soggiorno (ASR); regolarizzare lo status dei figli di migranti e richiedenti asilo”, hanno ribadito in molti, durante la manifestazione.
Ma quante persone lavorano illegalmente sull’isola? In una recente intervista, il Ministro delle Finanze Clyde Caruana ha negato – contrariamente a quanto affermano i datori di lavoro – il fatto che migliaia di lavoratori stranieri se ne siano andati a causa della pandemia, allo stesso tempo ammettendo che in periodo pre-Covid tanti avessero lavorato senza documenti.
Ciò significa sostanzialmente che non si ha un’idea ben precisa di quanti lavorassero illegalmente, quando l’isola era letteralmente piena di gente, molte industrie funzionavano con dipendenti che erano qui illegalmente, pagati in contanti, senza permesso di lavoro e senza pagare la National Insurance. I controlli, spesso lassisti o addirittura inesistenti, hanno creato un’economia “malata”, che, a quanto pare, ancora adesso genera abusi e maltrattamenti nei confronti degli stessi dipendenti.
Intanto un uomo è stato scaricato sul ciglio della strada, invece di essere portato in ospedale dopo essere caduto in un cantiere. La somma di denaro raccolta in pochi giorni per aiutarlo è stata anche commovente: 20 mila Euro dimostrano che a molte persone la vicenda interessa davvero.
Ma la situazione continua ad essere disastrosa e alcuni datori di lavoro sembrano voler continuare cinicamente a sfruttare la condizione disperata di coloro che farebbero qualsiasi tipo di lavoro e per qualsiasi somma di denaro. Jaiteh Lamin lavorava 11 ore, con un salario di 50 euro al giorno.
Negli ultimi anni sono aumentati gli episodi di violenza contro gli stranieri, culminati con l’omicidio di Lassana Cisse nel 2019, il primo omicidio a sfondo razziale della storia maltese: il quarantaduenne ivoriano fu ucciso da due soldati fuori servizio.
Continuare a fomentare questo sistema rafforzerà la convinzione che le persone con un colore diverso della pelle non contano, perché “non sono come noi”: dopo averli disumanizzati, diventa sempre più facile usarli con un lavoro da schiavi, non preoccuparsi se lavorano in condizioni sicure o si fanno male, e buttarli sul ciglio della strada piuttosto che dare loro cure mediche adeguate.
Valentina Contavalle
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