“La Casa Circondariale di Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, continua a destare preoccupazioni. Una recente visita compiuta dal sindacato Uil all’Istituto ha messo in luce alcune criticità segnalate da tempo e, ad oggi, irrisolte”.
La delegazione, guidata dal segretario nazionale della UIL-Pa Polizia Penitenziaria, Armando Algozzino, accompagnato da Francesco Barresi e Francesco D’Amico, rispettivamente segretario provinciale e locale, ha incontrato la direzione della Casa Circondariale.
“Sia il direttore Romina Taiani che il comandante Antonino Rizzo – precisa Algozzino – hanno manifestato grande disponibilità e spirito collaborativo in occasione della visita, iniziata con l’analisi dei dati riguardanti la dotazione organica del personale di Polizia Penitenziaria e della popolazione detenuta nell’Istituto”.
“I numeri – racconta il segretario – hanno evidenziato, ancora una volta, lo stato di estrema criticità in cui versa la Casa Circondariale, che annovera un organico amministrato di centoquarantacinque unità a fronte di un organico di personale di Polizia Penitenziaria previsto di centosessantasei”.
“Inoltre – prosegue l’esponente sindacale – la forza operativa in Reparto conta centotrentasei unità: precisamente, un commissario, undici ispettori, tredici sovrintendenti, settantasette tra agenti e assistenti uomini e trentaquattro donne, sempre tra agenti e assistenti. Ben dodici poliziotti penitenziari, inoltre, sono impiegati nel Nucleo Traduzioni e Piantonamenti. Ma i numeri più allarmanti sono quelli relativi ai detenuti affetti da problemi psichici che, di fatto, rendono difficile la coesistenza con gli altri ristretti e la loro stessa gestione da parte del personale”.
“Nell’Istituto – dice Algozzino -, che ha una capienza a regime di quattrocentocinquanta detenuti, ne sono presenti duecentotrentadue: ben ottantacinque hanno problemi psichiatrici e sessantasei hanno patologie psichiche estremamente gravi”.
“Tra l’altro – spiega il sindacalista – l’Istituto, un tempo Ospedale Psichiatrico Giudiziario, è divenuto Casa Circondariale ma, al di là del cambiamento terminologico, non è stato investito da alcuna trasformazione efficiente che giustifichi la denominazione, come testimonia la recente evasione di un detenuto che ha messo a nudo l’assenza della dovuta sicurezza”.
“L’Istituto non possiede i caratteri di Casa Circondariale – osserva – basti pensare che in alcune stanze che ospitano ristretti con disagi mentali vi sono mattonelle che possono essere lanciate contro il personale: ecco perché occorre rivisitare gli spazi e non basta certo un cambio di denominazione”.
“La struttura funzionava a dovere quando era un Ospedale Psichiatrico Giudiziario – aggiunge il segretario -, a partire dal personale che vi prestava servizio: attualmente c’è un solo medico”.
La visita della delegazione sindacale ha inoltre evidenziato “alcune criticità strutturali dell’Istituto, a partire dal muro di cinta e dalle inferriate del terzo reparto”.
“Senza dimenticare – puntualizza la nota – l’inesistenza dei blindi nelle porte delle camere di pernottamento: quelli presenti sono in plexiglass, e solo il settimo reparto femminile ne è provvisto”.
“Le condizioni igieniche – precisa Armando Algozzino – non sono affatto ottimali”.
Al centro dell’attenzione l’ottavo reparto, che il sindacato ha trovato “in condizioni sanitarie pessime, con muri imbrattati e con una protezione mobile costruita artigianalmente per evitare che i detenuti più agitati lancino oggetti verso gli agenti o il personale sanitario”.
“Una situazione surreale”, secondo il segretario nazionale. “Abbiamo chiesto al direttore e al comandante – spiega ancora l’esponente sindacale – di concretizzare rapidamente alcune iniziative per contenere il disagio, la rabbia, la frustrazione e la stanchezza del personale, in attesa che la richiesta di intervento da noi avanzata venga presa in considerazione”.
“Occorre procedere a un confronto sulla riorganizzazione del lavoro – puntualizza – all’insegna di relazioni sindacali sempre più corrette, nella direzione di non alimentare le apprensioni del personale, soprattutto della Polizia Penitenziaria”.
Due le richieste dell’organizzazione sindacale. Il Primo indirizzato al Servizio di Vigilanza sull’Igiene e Sicurezza dell’Amministrazione della Giustizia, il secondo al Provveditorato dell’Amministrazione Penitenziaria.
Nella prima istanza si chiede “di realizzare tutte le attività di verifica e di controllo, secondo a quanto previsto dal decreto legislativo 81 del 2008 in materia di salute del personale, igiene e salubrità nei luoghi di lavoro, sorveglianza sanitaria e rispetto delle norme di sicurezza di impianti e attrezzature, nonché di verifica delle valutazioni dello stress lavoro-correlato e di tutte le altre previsioni normative all’interno del documento di valutazione dei rischi, compreso l’obbligo di realizzare misure utili a prevenire le aggressioni a danno dei dipendenti”.
Nella seconda “di inserire tra le priorità il finanziamento di progetti che migliorino la qualità delle condizioni di lavoro per il personale”.
“Si spera – conclude Algozzino – che il direttore voglia farlo concretamente e che il DAP e il PRAP investano risorse per risolvere i disagi, anche in considerazione delle osservazioni mosse dal sindacato”.
Redazione
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