Ieri sera lo abbiamo definito psicodramma. Stamane possiamo definirlo il momento della resa dei conti. Quello che sta succedendo nel centrodestra siciliano – a un anno dalle elezioni regionali – è un momento molto delicato, nel quale può saltare tutto, oppure – ipotesi meno probabile – può improvvisamente scoppiare la pace.
Dipende (anche) dall’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, dai voti che arriveranno a Berlusconi e da quelli (soprattutto) che non gli arriveranno, dopo le telefonate che ognuno dei parlamentari di quella parte politica (e non è escluso anche della parte avversa) stanno ricevendo da Vittorio Sgarbi che sta facendo da mediatore. ed è proprio l’elezione del successore di Mattarella il pomo della discordia che sta agitando le acque nel mare del centrodestra siciliano.
Ieri sera – al momento del voto sui “grandi elettori” che dovranno rappresentare la Sicilia per l’elezione del nuovo capo dello Stato – Musumeci ha riportato meno consensi addirittura dell’esponente del centrosinistra.
I numeri parlano chiaro: il presidente dell’Ars Gianfranco Micciché ha riportato 44 preferenze, Nunzio Di Paola (M5S) 32, Musumeci 29. Il governatore è stato impallinato dai suoi stessi colleghi di coalizione. Da quel momento si è scatenata la bagarre: Musumeci ha etichettato i franchi tiratori come “disertori, “ricattatori”, “scappati di casa”, “vili”, pavidi”, dopodiché ha minacciato le dimissioni, azzerato la Giunta, scatenato l’indignazione degli stessi partiti della maggioranza.
Il voto di ieri sera ha un doppio significato. Da un lato Micciché lancia un messaggio preciso: il leader della coalizione in Sicilia è lui, quindi è meglio che Musumeci si metta il cuore in pace, prima di pensare alla ricandidatura del 2023; dall’altro i parlamentari della maggioranza che ratificano questo messaggio e lo sposano pienamente.
Stamane Musumeci ha convocato la giunta per formalizzare il ritiro delle deleghe. “Aspettiamo di capire cosa farà, magari la notte gli ha portato consigli, la sua reazione è stata impulsiva e ha usato toni inaccettabili nei confronti dei parlamentari: ci possiamo aspettare di tutto”, dice un big del centrodestra siciliano ripreso dall’Ansa.
Ma basta riprendere ciò che ha scritto nel suo comunicato stampa il deputato regionale di Forza Italia, Michele Mancuso, per farsi un’idea: “Sono sconcertato dalle parole del presidente Musumeci, durante e dopo i lavori d’aula. Chi parla è un deputato che è sempre stato leale, con il voto di oggi compreso, verso i siciliani e con la coalizione di maggioranza. Per tale motivo, nonostante il circoscritto momento di rabbia, non posso e non voglio accettare quanto affermato dal Presidente della Regione”.
“Gli aggettivi come ‘pavido e vile’ – afferma Mancuso – non sono consone all’istituzione che si rappresenta. Se i mesi che ci aspettano, da qui alla fine della legislatura, saranno quelli prospettati da Musumeci, forse è meglio che si dimetta per andare subito al voto. Lo dico con cognizione di causa, perché non risolve nulla azzerando – in parte – la Giunta”.
“L’unico modo per scongiurare l’inevitabile – puntualizza il deputato forzista – è un azzeramento degli atteggiamenti di sfida, di chiusura e di supponenza. Serve il dialogo, quello costruttivo, che porta risultati. Nessuno ha paura di nessuno. Sono mesi che auspico un maggiore coinvolgimento di tutti. Dunque perché da parte di Musumeci c’è questa continua esigenza di mostrare i muscoli? Meglio le elezioni anticipate che uno scorcio di legislatura che di fatto imbriglia i siciliani in un gioco al massacro”.
A prendere posizione contro Musumeci (ma per ovvie ragioni differenti) anche il segretario del Pd siciliano all’Ars, Anthony Barbagallo, deputato regionale: “La maggioranza di centrodestra in frantumi, risultato? Musumeci, bocciato dai suoi stessi alleati, raccoglie soltanto 29 preferenze piazzandosi terzo e ultimo tra i 3 grandi elettori designati dall’Ars per votare il presidente della Repubblica. E’ la prima volta che un presidente della Regione riceve meno voti di un candidato dell’opposizione”.
Barbagallo è esplicito: “Il voto dell’Ars parla chiaro, per Musumeci è una disfatta. Per il centrosinistra, invece, un buon risultato: contavamo su 24 voti ne abbiamo ottenuto 8 in più. Anche questo un buon segnale di compattezza nell’ottica di proseguire e rinforzare l’asse Pd-M5S”.
Nella foto: il governatore della Sicilia, Nello Musumeci
Luciano Mirone
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