Palermo è dolce e amara. Palermo puzza e odora di cose buone. A Palermo, la luce di lunghe giornate di sole è accecante, tanto quanto il buio delle sue viscere nascoste. Qui non ci sono nata, ci sono arrivata il giugno di dieci anni fa. La guardavo con gli occhi di chi qui non ha radici ma prova a mettercele.

Oggi finisce una stagione politica lunghissima. Quella di Leoluca Orlando, il sindaco di Palermo. Lo era già quando mi portarono al cinema Excelsior, al paese mio, a sentire un dibattito sulle stragi del Novantadue. Strinsi la mano a lui e al giudice Antonino Caponnetto, avevo dodici anni.

Tanti anni dopo mi sono ritrovata ad essere cittadina palermitana e lui ad essere, ancora una volta, il sindaco della città. E la città l’ho vista cambiare.

Palermo è una città bellissima e molto dolorosa. Palermo non è certo facile da amministrare. E i politici, si sa, si assettano sulla poltrona, sono tutti uguali. Ma io, che Palermo la guardavo con sospetto e timore e che oggi la vivo come casa, l’ho vista fiorire. E se qualcosa fiorisce è merito della terra ma anche di chi la concima, di chi la fa respirare, di chi la protegge dalle tempeste.

È facile trovare le magagne, lagnarsi e inveire, quando si parla di politici. Più difficile riconoscerne i meriti. Finisce una stagione, si deve lasciare spazio a qualcos’altro, ma Palermo rimpiangerà il suo sindaco. Perché ci ha messo passione e impegno. Perché ha preso delle posizioni ferme. Perché ha amato la sua città. Rivelandone l’essenza più antica: quella di città che accoglie, crocevia di culture e saperi.

I politici sono uomini e sbagliano, pure tanto. Ma no, non ditemi che sono tutti uguali. La cultura, l’apertura mentale, la fermezza su questioni morali e politiche fanno la differenza.

Pomeriggio vado a prendere un caffè a piazza Bologni e mi riempirò gli occhi di passìo e bellezza. Quando sono arrivata, era un parcheggio.

Nella foto: il sindaco di Palermo Leoluca Orlando al porto coi migranti

Marina Mongiovì