La sua voce interiore è quella di Platone. Una voce che parte dall’anima e che lui sente soprattutto mentre lavora la pietra, come se col filosofo del V secolo avanti Cristo avesse un contatto che unisce l’immanente al trascendente, la vita terrena col “mondo delle idee” o Iperuranio.
Ecco allora che Nicola Dell’Erba, scultore di Bronte, paese ai piedi del vulcano più alto d’Europa, apprezzato in Italia e all’estero per la maestria con la quale plasma la materia grezza, parla dell’allievo di Socrate come se parlasse di suo fratello, sia quando imprime quei colpi ben assestati a un blocco di marmo, sia quando spiega ai visitatori il significato delle sue sculture.
Le sue opere, esposte in questo momento al “Festival Leggere e Scrivere” di Vibo Valentia, in Calabria, presso Palazzo Gagliardi (una delle rassegne artistico-letterarie più prestigiose del Meridione), stanno riscuotendo l’apprezzamento di tante persone che ogni giorno visitano la mostra, alla quale lui ha dato un nome, “Morfì”, che in greco vuol dire “forma”. Lui spiega quelle sculture ad una ad una, mentre la gente lo ascolta con grande interesse.
Dopo il successo ottenuto di recente nella sua città, dove le sue opere sono state esposte (inizialmente il Comune aveva pensato di installarle per pochi giorni, ma visto il successo sono rimaste per diverse settimane) nella suggestiva cornice della pinacoteca dedicata al pittore Nunzio Sciavarrello (tante le firme nel registro e tante le frasi di stima anche da parte di molti turisti), Dell’Erba approda in Calabria per risalire lo Stivale e fare altre tappe nelle regioni del Centro e del Nord.
“L’uomo moderno tende a chiamare arte – dice Nicola – ciò che è tecnica, o chiama bellezza ciò che è forma gradevole, o che dà fascino, ma l’Arte non è, e non può essere ridotta a questo”.
Allora come dovremmo definirla? “Idee e valori – risponde – sono raggiungibili tramite l’anima. Né la vocazione né la conoscenza tecnica o enciclopedica dell’artista creano l’opera d’arte”. In poche parole – se interpretiamo bene –artisti si nasce, non si diventa. O meglio: non è la tecnica a fare l’artista, ma la profondità dell’anima.
E qui il discorso si fa più complicato, poiché tira in ballo il concetto di anima, che Platone applica all’arte: “Per il filosofo greco – spiega lo scultore – tutto ciò che esiste nel mondo sensibile (imperfetto) è una copia di ciò che si trova nel mondo intelligibile (perfetto). L’anima, nella sua vita originaria, ha potuto vedere il mondo delle idee, ma poi si è incarnata nei corpi e non ricorda più le idee che ha visto, soprattutto la più eclatante, quella di bellezza. È compito dell’essere umano di riprodurla attraverso l’Arte”.
Abbiamo capito male o contesti il concetto di arte moderna? “Non lo contesto in toto. Esistono espressioni straordinarie di arte moderna, ma non tutte le espressioni sedicenti artistiche possono essere assimilabili alla contemporaneità, che spesso diventa un alibi per spacciare di tutto”.
In che senso? “Mettiamola così: io provo grande rispetto per tutti gli artisti, sia quelli con la A maiuscola, sia quelli con la a minuscola, però credo che oggi si producano opere che esprimono sì un sentimento, con forme più o meno aggraziate, ma senza verità, senza profondità, destinate ad avere successo solo se intercettano la moda del momento”.
Ma allora qual è il compito dell’Artista? “Lasciare che la bellezza come archetipo fluisca con semplicità, rendendo l’opera immortale in quanto originatasi dal piano universale”.
Cosa vuole essere “Morfì”? “Uno studio, un percorso sull’artista e non sull’opera. L’anima è la pietra, dove le forme diventano leggibili e raccontano del loro viaggio, dallo stato di potenza all’atto della forma”.
Luciano Mirone
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