“Il Meazza non si tocca”. Sulla demolizione dello stadio San Siro, secondo noi, ha ragione il neo sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi, che difende a spada tratta l’impianto, che il sindaco del Pd di Milano, Beppe Sala, vorrebbe abbattere, andando contro i valori del suo stesso partito (il Pd) e della sinistra, ovvero il rispetto dell’ambiente, la lotta alla cementificazione e allo sperpero del danaro pubblico e privato. Principi che la sinistra spesso dimentica in nome di uno pseudo progresso sbandierato ai quattro venti, salvo a fare delle analisi cervellotiche sui motivi delle sconfitte e della perdita di identità della coalizione. La storia dello stadio milanese ne è un esempio mirabile.

Sgarbi ha ragione quando dice che il Meazza “risale al 1926 e sarebbe come buttare giù l’Eur a Roma. Quindi è naturalmente vincolato perché il vincolo sarebbe automatico oltre i 70 anni, per questo il Meazza non si può buttare giù”. E poi: “A Milano il vero secolo dell’architettura è il Novecento: pensiamo all’Istituto Marchiondi, un esempio di architettura brutalista che nessuno ha mai pensato di buttare giù”.

Ma c’è almeno un altro motivo per il quale San Siro non può essere demolito: la memoria storica di un secolo di trionfi dell’Inter e del Milan.

Come si fa a cancellare con un colpo di dinamite quel rettangolo  calcato da Meazza, da Mazzola, da Rivera, da Jair, da Corso, da Van Basten, da Gullit, quelle panchine sulle quali si sono seduti Herrera, Rocco, Sacchi, Trapattoni, Mourinho, quelle tribune dove il “cumenda” stava assieme al disoccupato e l’industriale assieme all’operaio, dove si andava col vestito buono della domenica e dove si va coi jeans strappati?

San Siro non è uno stadio, ma un tempio. Il fatto che a difenderlo sia un sottosegretario di destra (col quale siamo sempre stati in dissenso) e non un sindaco di sinistra (in perfetta sintonia col leader della Lega Matteo Salvini, nuovo ministro alle Infrastrutture) la dice lunga sulla disaffezione di molta gente nei confronti di certa sedicente “sinistra”.

Sala accusa Sgarbi di fare demagogia quando il critico d’arte dice: “Se dovesse servire un vincolo, lo metterò. Ma non occorre un vincolo, semmai servirebbe una decisione del ministero per dire ‘abbattetelo’ e dal ministero non arriverà mai”. 

Su questo argomento ci saremmo aspettati una posizione netta da parte dello stesso sindaco. Che non solo non la prende, ma scrive alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni parole del seguente tenore: “Basta dichiarazioni estemporanee di chi, come Sgarbi, straparla e sembra arrivare da Marte. Farmi prendere in giro da continue esternazioni che non hanno fondamento assolutamente non mi va. Lo stadio di San Siro è stato esaminato a lungo dalla sovrintendenza ed è stato definito che non era vincolabile. Non l’ho deciso io e se Sgarbi vuole fare il sovrintendente lo chieda al presidente del Consiglio”.

Sala si attacca alla forma per aggredire la sostanza. Il problema, egregio sindaco, non riguarda il fatto se il “Meazza” sia vincolabile o meno. Riguarda ben altro.    

Eppure in Consiglio comunale, otto membri del Pd sono in dissenso col loro stesso primo cittadino dichiarando il progetto incompatibile con l’ambiente: “Nel progetto manca la sostenibilità – afferma il consigliere Monguzzi – . Solo per l’abbattimento di San Siro e la ricostruzione del nuovo stadio, sono necessari 175 camion al giorno per 6-7anni. Un disastro ambientale, con 210 mila tonnellate di Co2 che vengono prodotte”.

“Ma i numeri a Palazzo Marino – scrive il Corriere della Sera – non sembrano preoccupare il sindaco, certo del fatto che ‘in un anno le opinioni cambiano”.

Nella foto: un’immagine storica dello stadio milanese di San Siro dedicato al grande Giuseppe Meazza

Luciano Mirone