La discarica Oikos ubicata nel territorio fra Misterbianco e Motta Sant’Anastasia (Catania) deve essere chiusa. Lo ha stabilito il Consiglio di giustizia amministrativa (Cga) di Palermo dopo che il Tribunale amministrativo regionale di Catania (Tar) aveva espresso lo stesso pronunciamento.
A darne notizia stamane il giornale online Argo, che scrive: “Una doppia vittoria, dopo 13 anni di lotte, è stata ottenuta dai Comitati No Discarica contro la società Oikos e la discarica sita nella contrada Valanghe d’Inverno, tra Motta Sant’Anastasia e Misterbianco”.
Argo fa una dettagliata cronistoria della vicenda mettendo in risalto i punti più salienti. Vediamo quali.
Dopo la sentenza di primo grado del Tar di Catania (n. 1598 del 14/06/2022), è arrivata anche quella del CGA (Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana) che ha respinto l’appello proposto dalla ditta, confermando di fatto che l’impianto deve essere chiuso.
E’ stata, infatti, riconosciuta la validità degli argomenti addotti dai Comitati, in primis l’illegittimità dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (rilasciata nel 2009 e rinnovata nel 2019) per tutta l’area della discarica e non soltanto per la particella 131, che non faceva parte del progetto originario, era destinata ad uso agricolo e priva di provvedimento autorizzativo.
E’ stata riconosciuta la minaccia alla salute pubblica a causa della vicinanza dell’impianto al centro abitato, che si trova ad una distanza inferiore ai tre chilometri stabiliti dalla legge. Come ci dice una delle attiviste dei Comitati, Anna Bonforte, rappresentando con una immagine plastica la contiguità dell’impianto all’agglomerato urbano, “dalla villa comunale di Misterbianco si ha un affaccio diretto sulla discarica, distante in linea d’aria solo 300 metri”.
Stratega della vittoria, ci dice ancora Bonforte, è stato l’avvocato D’Alessandro del Comune di Misterbianco, che da anni segue la pratica e che ha già notificato la sentenza alla Oikos, perché è dalla data della notifica che decorrono i sessanta giorni entro cui la ditta potrà ricorrere in Cassazione per eventuali vizi di forma della sentenza. Altra opzione, per l’Oikos, sarebbe il ricorso alla Corte di giustizia europea.
“In ogni caso – scrive Argo – gli attivisti sono preparati a proseguire la battaglia perché convinti che difficilmente la ditta eseguirà la sentenza senza batter ciglio. Farà di tutto per continuare l’attività chiedendo nuove autorizzazioni, e cercando di “abbancare ancora per la volumetria residua”, come ha dichiarato più volte il loro avvocato”.
Di avvocati gli attivisti ne hanno, al loro fianco, diversi, Corrado Giuliano, Salvo Nanè, Goffredo D’Antona, che li hanno sostenuti nella lotta gratuitamente, per convinzione. Ed erano accanto a loro nella Conferenza Stampa dello scorso 8 luglio, nel salone della CGIL, a conclusione della quale è stato emesso il Comunicato Stampa.
Le nuove parole d’ordine, i nuovi obiettivi sono adesso la bonifica e i risarcimenti. Nulla di facile e di scontato.
“La bonifica non è affare di poco conto – afferma Argo -. E’ molto costosa, costuisce anche un business, e va adeguatamente controllata. A sostenerne i costi deve essere l’Oikos, che dovrebbe aver messo da parte le somme per gli interventi post mortem dell’impianto, come prevede la legge”.
I cittadini, scrivono i Comitati, hanno diritto ad un ambiente salubre e al ripristino dei luoghi, che rappresentano – in questo caso – anche un patrimonio ambientale da recuperare e salvaguardare, i Sieli, un sistema collinare attraversato da profonde fenditure in cui scorrono diversi corsi d’acqua. Risultato di un’evoluzione geomorfologica millenaria, in passato è stato caratterizzato da una ricca vegetazione e utilizzato per coltivazioni pregiate.
C’è poi la questione dei risarcimenti. I Comitati fanno riferimento a quanto decretato dal Consiglio di Stato (Con. Stato Ad. Plen. 26 marzo 2003 n. 4), secondo il quale “nel giudizio amministrativo la domanda risarcitoria per lesione di interessi legittimi può essere proposta solo dopo che sia stato impugnato tempestivamente il provvedimento lesivo e può essere accolto solo se tale provvedimento sia stato annullato”. E’ proprio la situazione in cui si ritrovano i comuni di Misterbianco e Motta Sant’Anastasia che hanno impugnato due volte (nel 2009 e nel 2019) l’AIA illegittima e ne hanno attenuto l’annullamento. E che devono esercitare adesso una azione congiunta ed efficace.
E i Comitati non dimenticano di citare, nel loro Comunicato, la condanna in primo grado, per corruzione, di Domenico Proto, titolare dell’Oikos e del funzionario regionale Gianfranco Cannova, ricordando così come nel settore dello smaltimento dei rifiuti si verifichino spesso attività illegali, anche di stampo mafioso.
Ed infine il comportamento “gravemente omissivo” della politica, incapace di “predisporre strumenti di programmazione come il piano regionale dei rifiuti e la legge sulla governance pubblica del ciclo integrato dei rifiuti”, e quindi ‘costretta’ ad affrontare la questione come se fosse un’emergenza e non un problema antico, mai seriamente affrontato.
I Comitati segnalano le responsabilità dell’attuale maggioranza di centro destra “con Schifani in totale continuità con Musumeci” ma anche della gestione di Crocetta, definito “il procrastinatore delle emergenze continue”.
Eppure – proseguono – basterebbe applicare le direttive europee sull’economia circolare: riduzione dei rifiuti, recupero della materia prima seconda, filiera industriale del riciclo, tariffazione puntuale in favore di chi meno inquina e meno paga. Da escludere l’opzione dell’incenerimento o della termovalorizzazione, contrari ad “ogni principio fisico, economico e di salvaguardia dall’inquinamento ambientale con rifiuti speciali più difficili e costosi da gestire/smaltire”.
Non per nulla – concludono – “siamo state sempre affiancati dalle maggiori associazioni ambientaliste come Zero Waste Sicilia e Legambiente Sicilia che ringraziamo per il sostegno e il pieno supporto”.
Un esempio di cittadinanza attiva da seguire quello dei Comitati che, in modo continuativo, per anni, senza mai demordere, anche dopo pesanti delusioni, hanno continuato a battersi in difesa del proprio territorio, con denunce, manifestazioni, scioperi della fame, riuscendo a mobilitare migliaia di persone.
Redazione
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