Il principe Francesco Alliata di Villafranca è da annoverare tra i pionieri della cinematografia a Palermo ed in Sicilia. Insieme al cugino Quintino di Napoli e agli amici Giovanni Mazza, Pietro Moncada di Paternò Renzo Avanzo e Fosco Maraini, decide di realizzare negli anni Quaranta una serie di cortometraggi subacquei nelle Isole Eolie, primi nel loro genere in Italia, con attrezzature reperite negli Stati Uniti. Su iniziativa congiunta con Roberto Rossellini e spinta da scopi produttivi, Francesco Alliata fonda la gloriosa casa di produzione cinematografica siciliana Panaria Film che produrrà pellicole di pregio come “Vulcano” diretto da William Dieterle nel 1950 e “La carrozza d’oro” di Jean Renoir del 1953, entrambi con Anna Magnani come principale protagonista. Nell’ambito di “Archeologia del Cinema 2023” – attività culturale composita messa in campo dall’Archivio Siciliano del Cinema in collaborazione col MIC, Ministero della cultura – lo storico e critico cinematografico Antonio La Torre Giordano racconta i propri ricordi relativi all’intervista che Alliata gli concesse qualche mese prima della sua scomparsa a Villa Valguarnera di Bagheria 1 luglio 2015).

Il principe Francesco Alliata di Villafranca, patron della Panaria Film. Sopra: la locandina di Vulcano, con Anna Magnani

Antonio, di cosa avete parlato tu e Francesco Alliata?
“Su mia sollecitazione, l’inizio della conversazione si basò sulle prime riprese subacquee effettuate sui fondali dei mari siciliani che poi furono usate per i primi documentari della Panaria. Erano palpabili la sua passione e competenza; poi l’asse della conversazione si spostò sulla sua attività di produttore cinematografico elencando piacevolmente i tanti aneddoti che hanno contraddistinto il busillis amoroso sorto tra Anna Magnani e Roberto Rossellini alla vigilia dell’avvio delle riprese di “Vulcano” che poi  spinse Rossellini a girare contestualmente “Stromboli – Terra di Dio” con una nuova produzione e un’altra attrice protagonista, ovvero la nuova compagna di vita Ingrid Bergman; Alliata, già impegnato economicamente nella realizzazione del film, riparò reclutando Dieterle alla regia e risolse le improvvise defezioni con dei rimpiazzi, ma fu una questione molto spinosa che espose Alliata a rischi economici onerosi. Alliata è famoso per aver realizzato i primi documentari subacquei della storia del cinema e per il film “Vulcano” da cui derivò poi lo scandalo da rotocalchi che hai citato.

Ma quale dei suoi film amò di più?
“Non era legato emotivamente ad un titolo in particolare, ma solo all’emozione che ognuna delle sue pellicole generava nella sua memoria; “La carrozza d’oro”, per esempio, fu una produzione rilevante che necessitò di moltissimi sopralluoghi condivisi con Jean Renoir, ma ciò che ricordava come una disfida vincente fu il confronto con Luchino Visconti che mutò in scontro quanto il “Conte rosso” non rispettò gli accordi per avviare la lavorazione de “La carrozza d’oro” e venne rimpiazzato senza indugio da Alliata che affidò la regia a chi fu l’iniziale maestro dello stesso Visconti, ovvero Renoir. Tra i documentari, ricordava con molto pathos “Cacciatori sottomarini” del 1947, ossia il suo primo documentario, così come Giovanni Mazza, palombaro eccezionale, il cui apporto fu fondamentale”.

Francesco Alliata è considerato uno dei pionieri del cinema siciliano. Quale fu il segreto di tanto
impegno e forza di volontà?

In realtà la sua opera va dal Secondo dopoguerra in avanti, mentre già nell’epoca del muto, agli inizi del
Novecento, in Sicilia i veri precursori della settima arte furono Raffaello Lucarelli a Palermo (il primo
produttore siciliano), Alfredo Alonzo dell’Etna Film a Catania, l’inventore del sonoro Giovanni Rappazzo a Messina ed altri. Francesco Alliata coltivava le sue passioni e ciò, asseriva, lo immunizzava da qualunque scoramento. Questo è anche il consiglio che sentiva di dare a chi oggi desidera cimentarsi nell’ambiente del cinema, anche se le logiche e le dinamiche odierne sono molto diverse, e per nulla migliori. Ma per Alliata questa regola è sempiterna. Nei fatti, Alliata nutriva e coltivava varie passioni, considerandole dei veri e propri argini di protezione, sebbene il mondo del cinema lo abbia voluto vivere con passione e gratificazione”.

Antonio La Torre Giordano, storico del cinema

Quali furono i suoi rapporti con la nomenclatura del cinema di quei tempi?
“Di regola buoni, ma mi svelò che quel mondo fosse dominato e sopraffatto dall’invidia e dalla gelosia più di quanto si creda. Sebbene lo annoverasse trai migliori registi italiani, Alliata non perdonò mai l’ambivalenza e la perfidia di Visconti nei suoi riguardi: uno scontro tra nobili fondato sulla malevolenza personale sulla quale preferiva glissare. Di tutt’altra sostanza invece il rapporto con Rossellini, di cui ammirava la genuinità e la franchezza”.

Al culmine della sua carriera, quali film fu felice d’aver prodotto?
“Ritengo che preferisse produrre i film a soggetto, sebbene amasse anche i suoi documentari. Al di là dei titoli noti, era molto compiaciuto di aver prodotto film come “A fil di spada” (1952) e “Il segreto delle tre punte” (1954) diretti entrambi da Carlo Ludovico Bragaglia, poi “Vacanze d’amore” (1954) di Jean-Paul Le Chanois, girato a Cefalù e alla cui sceneggiatura esordì anche la penna di Vitaliano Brancati, ed ancora “Agguato sul mare” (1955) di Pino Mercanti. Con quest’ultimo condivise amichevolmente le prime tappe conoscitive del mezzo cinematografico cimentandosi nelle prime riprese “dal vero” nel centro storico di Palermo, insieme all’attore feticcio dei primi film muti di Mercanti, ovvero Edmondo Affronti”.

Negli ultimi periodi Francesco Alliata fu circondato da affetto personale e interesse verso i suoi film,
come valutava questo fenomeno?
“Ne era decisamente orgoglioso. Inutile negare che gli arrivasse costantemente un ritorno affettivo, dagli
addetti ai lavori e non, ma negli anni immediatamente successivi al suo distacco dal cinema, i suoi film e la Panaria sembravano svaniti nell’oblio. Solo da qualche tempo se ne riparla con un certo interesse e
riconoscenza. Credo dipenda dalle fasi sociali che la collettività attraversa”.

Qual era l’opinione di Francesco Alliata sul cinema?
“Lo riteneva uno strumento sociale e culturale formidabile in perenne metamorfosi perché innestato con gli andamenti sociali e politici. Ma non ha avuto la sua perenne dedizione. Pensava che negli ultimi decenni il cinema italiano avesse perso molto smalto e la sua grande tradizione sia stata in fortissima fase calante, per colpa di un sistema politico che ne ignorava le potenzialità”.

Qual è il tuo giudizio complessivo sul produttore cinematografico Francesco Alliata?
“Indubbiamente uno dei più abili e colti di quel periodo, il cui impegno per il cinema siciliano e non è a
tutt’oggi tra i più esemplari”.

Redazione