È duro l’esposto presentato il 29 dicembre scorso dal coordinatore del Pd di Belpasso (Catania), Nunzio Distefano, alla Procura regionale della Corte dei conti di Palermo, con il quale si chiede “di accertare in punto di diritto se il grande danno patrimoniale ed economico causato dalla perdita della farmacia comunale al Comune di Belpasso, costituisca violazione della legislazione vigente in materia e chi siano gli eventuali responsabili”.
Praticamente il Partito democratico della cittadina etnea chiede alla Procura regionale della Corte dei conti di stabilire come la comunità belpassese debba essere risarcita (e da chi) per un danno così grave. E ancora: “Qualora vi fossero gli estremi atti a qualificare giuridicamente l’ipotesi di danno erariale, si chiede di intervenire cautelativamente a tutela dell’interesse pubblico, previa quantificazione mediante Ctu (Consulenza tecnica d’ufficio, ndr) del valore della farmacia comunale, inteso come titolarità della medesima e potenziale guadagno sfumato (per sempre) per la collettività”.
Quindi un altro durissimo affondo: “Sarebbe auspicabile valutare la formula del sequestro preventivo di beni per equivalenza presso gli eventuali responsabili, poiché costoro dovrebbero verosimilmente farsi carico di somme probabilmente molto rilevanti, visto che il danno stesso – a sommesso parere dello scrivente – andrebbe determinato calcolando i mancati introiti passati e in proiezione quelli futuri persi per sempre, oltre che per quanto attiene il valore della mera titolarità della farmacia comunale”.
Se le parole hanno un peso, a occhio e croce diciamo che la cosa è grossa. Fino a che punto non sappiamo, ma che il comune etneo – per precise responsabilità politiche – abbia perso un introito di circa 400mila Euro l’anno, e la possibilità di dare lavoro a dei giovani laureati in farmacia, offrendo dei servizi più vantaggiosi all’utenza rispetto alle strutture private, è un dato innegabile. Altra cosa grossa: l’evidente sproporzione fra i benefici che una struttura del genere avrebbe prodotto, e il modo apparentemente banale di averli persi, con motivazioni ancora da chiarire.
Il documento del Pd – stilato dal coordinatore della locale sezione, Nunzio Distefano – pacato nei toni, ma forte nei contenuti, sottolinea come la Regione siciliana, il 30 Ottobre 2014, abbia revocato al Comune di Belpasso l’autorizzazione della titolarità della sesta sede farmaceutica, “per ripristinare la legalità violata”, “poiché dopo cinque anni dall’assegnazione – si legge – la farmacia comunale non era ancora sorta, tantomeno l’Amministrazione aveva detto alcunché sulle sue reali intenzioni”.
Come si ricorderà, l’Amministrazione comunale di Belpasso, nel 2009 (sindaco Alfio Papale, vice sindaco Carlo Caputo) aveva acquisito dalla Regione l’autorizzazione per aprire la farmacia comunale nel proprio territorio. “Dal 2009 in poi – denuncia il Pd – le due Amministrazioni comunali succedutesi non facevano nulla di tangibile per concretizzare il diritto di prelazione realizzando la nuova farmacia”.
Fino a quando (30 Ottobre 2014), con decreto regionale, è stata stabilita la decadenza della titolarità della sesta farmacia, dichiarata “vacante” e posta in assegnazione ai privati. “La nuova farmacia di Belpasso – scrive Distefano – da comunale diventava privata e sorgeva in tempi rapidi”.
Ma a colpire, leggendo l’atto del partito di Renzi, è “la terminologia molto dura” usata dalla Regione nei confronti del Comune di Belpasso. Il “bon ton istituzionale – incalza il Pd – utilizzato di norma tra Pubbliche amministrazioni, cedeva il passo ad espressioni molto dure, alcune addirittura estremamente accusatorie”, con riferimento “alla persistente – questa l’espressione usata dalla Regione – e consolidata inerzia amministrativa del Comune di Belpasso, alla quale inerzia, essendosi protratta oltre ogni ragionevole limite temporale, andava posto fine attivando ogni utile procedura consentita dall’ordinamento”.
Parole dure rimarcate dal documento del Pd, che ricorda come “la Regione, prima di decretare la decadenza della farmacia comunale, aveva inutilmente provveduto a sollecitare e diffidare l’Amministrazione comunale”, ottenendo dall’1 agosto al 30 ottobre 2014 un nulla di fatto per gli strani silenzi dell’Amministrazione guidata da Carlo Caputo.
“Sicché – insiste Distefano – sono stati del tutto vani, nonché inutilmente e fortemente dispendiosi, i ricorsi giudiziari intentati nel 2015 dall’Amministrazione, poiché hanno visto il Comune di Belpasso soccombere in giudizio innanzi alla Magistratura Amministrativa”.
“E’ singolare – si legge ancora nel documento – notare che Caputo Carlo, sindaco in carica all’atto della decadenza della titolarità della farmacia comunale, era stato in precedenza vice sindaco di Papale Alfio, essendo perciò il Caputo, di fatto, l’elemento che incarna in sé la continuità tra le due amministrazioni comunali responsabili (secondo il decreto 1825/2014) della ‘consolidata inerzia amministrativa del Comune di Belpasso protrattosi oltre ogni limite temporale’, che ha portato alla perdita della farmacia comunale”.
Luciano Mirone
5^ Puntata. Continua
Comunque, colpisce il marmoreo silenzio del Consiglio Comunale