Sono giorni particolari per Belpasso (Catania). Sono i giorni del “Patrocinio della festa di Santa Lucia”. Che per questo paese di quasi trentamila abitanti alle pendici dell’Etna rappresenta tutto. In realtà i festeggiamenti della Patrona si svolgono il 12 e il 13 dicembre, ma da diversi anni si è deciso di ripetere il rito (magari con qualche variazione sul tema, che non snatura l’evento ma anzi lo valorizza) ad agosto. Quindi “spaccata” dei tradizionali Carri allegorici (allestiti dai vari quartieri del paese) che rappresentano la vita e il martirio della santa, riti religiosi ed eventi di musica, di pittura, di teatro e di danza. Il tutto sotto la denominazione di “Mechanè”, in greco antico “macchina” usata nel teatro. Nome che a Belpasso cade a fagiolo, dato che religione, teatro, arte e spettacolo sono parole inscindibili, con una “macchina” che lega tutto.
Incontriamo l’ideatore e il direttore artistico di “Mechanè” Gianni De Luca, ex presidente della Fondazione Carri di Santa Lucia, al cortile Russo Giusti (dal nome di un commediografo che, assieme a Nino Martoglio, ha fatto grande il teatro dialettale in Italia e all’estero), nel pieno delle manifestazioni dedicate alla protettrice degli occhi.
Poliedrico e ironico come sempre, da qualche mese De Luca è un “tranquillo” pensionato, dopo aver retto per diversi anni il settore Cultura e la Biblioteca comunale di Belpasso. Pirandellianamente ama definirsi “uno nessuno centomila”, anche se lui dice di identificarsi in una espressione riguardante un suo prozio, Barbarino Carbonaro, grande sindaco di Belpasso di fine ottocento, del quale il professore Giuseppe Sambataro diceva: “Non dormiva la notte, per togliere il sonno agli altri”.
Gianni De Luca, da dove nasce l’idea del Mechanè Festival?
“Dal nome che richiama il nostro museo multimediale dei Carri di Santa Lucia, chiamato in questo modo dall’apposito meccanismo che si usava nelle tragedie greche (il Mechanè, appunto) per fare scendere sulla scena teatrale il dio (che parla o appare) da una macchina, che di solito costituiva l’elemento risolutore della tragedia, diventando il deus ex machina. E poi per riproporre in estate la ‘spaccata’ dei Carri di Santa Lucia, allestiti dalle maestranze dei quartieri cittadini a dicembre, riuniti nella Fondazione costituita nel 2010, senza non poche difficoltà ed opposizioni da parte di certi ambienti politici ed ecclesiastici. Con la Fondazione abbiamo dato una struttura giuridica a tutto il mondo che ruota attorno ai Carri, in modo da garantirne la continuità nel tempo”.
Quindi è dal 2010 che la manifestazione dei Carri si svolge anche in estate?
“Negli anni Novanta si fece un timido tentativo che però fu avversato dalla politica e dal parroco dell’epoca. Addirittura ricordo che ‘aprimmo’ il Carro della Matrice in piazza Duomo con le porte della chiesa sprangate e col suono delle campane registrato. Adesso con la Fondazione è tutto cambiato. Si è capito che i Carri in estate possono essere un volano di richiamo anche turistico non indifferente. Quest’anno, assieme al nostro presidente Nino Girgenti, avevamo programmato di portare i Carri nella piazza del proprio quartiere. Ma le ristrettezze economiche non ci hanno dato la possibilità di concretizzare questa idea. Questa manifestazione, nel suo insieme, ha costi non indifferenti. Le maestranze dei vari quartieri svolgono il loro lavoro e il loro impegno assolutamente gratuito e per devozioni alla santa Patrona, ma questo non basta. Ho fiducia che per il futuro la politica ‘scommetta’ su questa manifestazione. Ne abbiamo avuto riprova anni or sono quando l’attuale sindaco Carlo Caputo realizzò durante la sua prima esperienza (2013-2018) i tre grandi capannoni artigianali per i quartieri che ne erano sprovvisti”.
Perché avete scelto il cortile Russo Giusti come location?
“Il programma, ricco di diversi e variegati appuntamenti da svolgersi in otto giorni consecutivi (oltre i due giorni conclusivi del 5 e 6 Agosto), prevedeva una logistica non indifferente, se effettuato anche in una sola piazza. Il pubblico ha ben gradito questa location dove è collocato anche il circuito di ‘Belpasso Musei’. E poi è il luogo dove visse Russo Giusti. Un luogo della memoria, come quella dei Carri che raccontano le vicende della vita di Santa Lucia, della nostra storia, degli aspetti del vivere moderno e della nostra società”.
Parlare di Russo Giusti vuol dire parlare di teatro.
“Sicuramente. E poi i Carri non sono altro che una trasposizione quasi teatrale che si richiama alla grande tradizione belpassese. Le spaccate dei Carri non sono altro che un susseguirsi di quinte teatrali che si muovono per presentare il tema che di anno in anno è sempre diverso. Vorrei dire che c’è una sorta di affinità tra le i Carri ed il Teatro. Sono le due grandi tradizioni belpassesi che ancora resistono, perché portate avanti amorevolmente ed a costi di tanti sacrifici da quanti si sono cimentati in queste arti; sono espressione degli aspetti della nostra cultura, del nostro modo di essere. E se i Carri hanno avuto il loro assetto giuridico, lo stesso dovrebbe farsi per il Teatro belpassese. Da tempo parliamo della costituzione di un Ente, naturalmente con la partecipazione del Comune, che possa garantire un futuro stabile al Teatro di Belpasso, la piccola grande patria del teatro siciliano”.
Quindi i Carri e il Teatro potrebbero essere un volano per Belpasso?
“Sicuramente. Dopo l’estate dovremmo sederci con i nostri rappresentanti istituzionali, incominciare a ragionare e mettere su un programma di prospettive future con la collaborazione di tutti, aperti alla città e senza le solite divisioni che tante volte hanno mozzato le ali a questo paese”.
E il futuro?
“Le idee sono tante. Fin quando avrò l’onore di dirigere artisticamente il Mechanè Festival non mi tirerò indietro. Non è nella mia indole. Anzi, voglio ringraziare la Fondazione nella persona di Nino Girgenti, per avermi affidato questo compito, che si svolge in maniera assolutamente gratuita. Stiamo già lavorando alla terza edizione che speriamo di poter migliorare. E la Festa? Non è affar mio. L’ho organizzata per quasi vent’anni con quei giovani che oggi sono il gruppo portante del quartiere Matrice, sotto la presidenza del cav. Morabito, ma stiamo parlando del secolo scorso. Siamo vecchi… caro Chevalley”.
Redazione
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