“Lo scarto” della pietra come metafora dell’umanità che attraverso l’arte si eleva a spirito ed arriva fino alle divinità, a prescindere dalle differenze umane, religiose e culturali. È il tema di una grande mostra dal titolo “Le pietre di San Giorgio”, che lo scultore Nicola Dell’Erba realizza per la prima volta (almeno in questa forma) nella sua città, Bronte (Catania), dopo aver percorso la Magna Grecia, dalla Calabria alla Sicilia, con tappe anche a Taormina, Siracusa, Milazzo e Messina.
L’esposizione ha due sedi: una all’aperto lungo il corso Umberto, che ospita le opere più imponenti dell’artista (durerà fino al prossimo 4 novembre), l’altra (con sculture più piccole) all’interno della Pinacoteca “Nunzio Sciavarrello” (rimarrà aperta fino al prossimo 30 giugno).
Una mostra non basata sul sentimento, ma sulla spiritualità e sulla filosofia: le metafore che vi sono contenute rappresentano il leit motive di questa personale che per il “pensiero forte” del suo autore è un pugno nello stomaco per tutti.
Prima metafora. “La mostra è legata a mio figlio Giorgio – afferma lo scultore –, rappresenta un’arte che scaturisce da pensieri interiori difficilmente spiegabili. Giorgio, il suo autismo, è come uno specchio che mi fa vedere ciò che la ragione non riesce a comprendere. La mia grande musa è lui, che mi sprona, mi mette in connessione con quella parte spirituale dell’essere che è difficile da raggiungere: tramite lui ci riesco”.
Seconda metafora. “L’arte insegna a non scartare – prosegue Nicola – , lo dice anche Papa Francesco nel libro La mia idea di arte. Prendo un blocco di marmo difettoso, lo svuoto della parte interna (il cuore, che mi servirà per realizzare degli elementi architettonici in un edificio) e lascio la parte esterna, quella imperfetta che comunemente si butta. La plasmo, la guardo, l’accarezzo e a volte perfino le parlo. Tutti i blocchi che utilizzo sono difettosi: invece di frantumarli e buttarli, li lavoro. È il difetto originario a renderle uniche e speciali: se valorizzate nella maniera giusta, possono diventare opere d’arte. L’arte che consente allo scarto di vivere è un miracolo. Attraverso queste opere voglio dare un messaggio ad una società che tende sempre a scartare, soprattutto chi ha delle difficoltà e delle disabilità”.
Terza metafora. “La mostra è dedicata a San Giorgio anche per un altro fatto – spiega l’autore della mostra – . È un santo che mi ha sempre affascinato. Sta sul cavallo, la tradizione lo vuole armato a lottare contro il drago (l’eterna lotta fra bene e male), è presente sia nella religione cristiana che in quella musulmana. E questo lo pone in modo diverso rispetto agli altri santi, ecco perché San Giorgio mi piace”.
Quarta metafora. “L’arte oggi non viene finanziata – afferma l’artista – , non ci sono enti preposti a distribuirla sul territorio. C’è un’assenza enorme. In Sicilia si fanno entrare molti scultori stranieri, grandi anche, che però non hanno alcun legame con la nostra tradizione. La nostra cultura è un tessuto ricco di storie, di simboli e di riti che ci definiscono come comunità. In un’era digitale dove l’informazione è effimera e spesso superficiale, è fondamentale ricordare l’importanza dei monumenti e delle celebrazioni fisiche nella conservazione della nostra storia collettiva. I nostri artisti non sempre vengono valorizzati. E invece io credo che la nostra cultura vada esposta. Purtroppo chi vuole esporre deve farlo con le proprie forze, soprattutto chi, per scelta, non vende la propria arte. La mia è puramente di diffusione di un pensiero culturale, non è in vendita, se la leghi ai soldi le hai tolto l’elemento essenziale che sta alla base di un artista: la libertà. Se viene privata di questo, l’opera perde la sua potenza espressiva. Ecco perché andrebbe valorizzata dallo Stato. Il guadagno che realizzo col mio lavoro (Nicola Dell’Erba è titolare dell’azienda omonima di lavorazione della pietra nella zona industriale di Bronte, ndr.) lo investo nelle mie opere”.
Quinta metafora. “Finora ho fatto mostre in diversi punti d’Italia, non a Bronte (perlomeno non così), ritengo che bisogna partire dal proprio paese per diffondere bellezza e per nutrire il nostro futuro. Bronte è un territorio arido dal punto di vista artistico. Bisogna cercare di ararlo per gettare i semi della cultura. Mio figlio vivrà in questa comunità ed io voglio dare il mio contributo per migliorarla, non solo per lui, ma per tutti i giovani che la vivono e che la amano”.
Luciano Mirone
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