Poche ore prima che morisse (probabilmente ucciso, anche se la storia ufficiale, per cento anni, ha raccontato senza lo straccio di una prova, che Nino Martoglio “perì accidentalmente nella tromba di un ascensore dell’ospedale Vittorio Emanuele di Catania”), il commediografo era a Taormina per trascorrere un periodo di villeggiatura con la moglie Elvira e con i suoi quattro figli.

Qualche giorno prima, in una fresca serata di settembre del 1921, in una villa a strapiombo sul mare, l’artista  confidò alla figlia di un Generale che da ragazzo, quando era imbarcato su una nave, durante una sosta in una città del Mediterraneo, una zingara gli lesse la mano e gli predisse una morte violenta sui cinquant’anni.

Un episodio al quale il commediografo, allora, non fece molto caso. Quando Il 3 dicembre del 1920 Nino compì il suo cinquantesimo compleanno brindò allo “scampato pericolo”, inconsapevole del fatto che la chiromante aveva ragione: il suo destino si sarebbe compiuto soltanto nove mesi dopo.

Parleremo di questo e di tanto altro lunedì 24 giugno 2024, alle ore 12, a Taormina in occasione della Rassegna internazionale Taobuk, presso il Palazzo dei Duchi di Santo Stefano. Sarà presentato il libro di Luciano Mirone “Il Caso Martoglio”, con la partecipazione dell’attore Enrico Guarneri e del giornalista Giuseppe Lazzaro Danzuso.

Quello che segue, un brano sul “periodo taorminese” di cui si parla nel volume .

La Taormina fotografata dal barone von Gloeden alla fine dell’Ottocento. Sopra: il commediografo, giornalista, regista e cineasta Nino Martoglio 

“Da diciassette anni Martoglio vive a Roma. Da Catania si è trasferito nel 1904, all’età di trentaquattro anni. Si trova all’ospedale Vittorio Emanuele di Catania perché nei giorni precedenti il figlio Luigi Marco, di undici anni, si è ammalato di paratifo, una malattia che all’epoca può portare alla morte. È successo a Giardini di Taormina, un borgo marinaro situato nella costa ionica fra Catania e Messina, di fronte alla sponda ellenica del Peloponneso, in direzione della mitica Olimpia: in questo lembo di Sicilia, nel 776 avanti Cristo, i greci insediarono la prima colonia nell’isola e le diedero il nome di Naxos. Ed è qui che i Martoglio, nel 1921, trascorrono da due mesi la villeggiatura.

Martoglio è innamorato di questo luogo sospeso fra terra e cielo, che da alcuni anni è meta del turismo mitteleuropeo. Ad arrivare fin qui sono aristocratici, capitalisti, artisti che considerano Taormina il posto ideale per ritrovare l’armonia dell’anima e per lasciarsi andare a nuove ispirazioni per dipingere, comporre musica, scrivere romanzi e poesie.

La bellezza del paesaggio, con l’Etna in primo piano, e il teatro antico, gli alberghi eleganti come il Timeo e il San Domenico, i the concerto, i cafè danzanti, i vicoletti, il profumo di zagara che si sprigiona da Giardini e si espande fin quassù, le lampare dei pescatori che di notte trapuntano il mare e la semplicità degli abitanti, vengono considerati l’archetipo di una Magna Grecia che conquista anche il mondo omosessuale per il quale a Taormina è possibile praticare l’amore libero.

Quando Nino arriva alle pendici del Monte Tauro, la presenza del barone Von Gloeden è ancora molto viva: le sue foto degli efebi di Taormina stanno facendo il giro degli ambienti culturali di tutta Europa.

Oscar Wilde

Di queste opere si innamora perfino Oscar Wilde, anche lui giunto in Sicilia alla ricerca del mondo ideale raffigurato dai nudi di Gloeden. L’anno prima c’è stato David Herbert Lawrence, uno dei più grandi scrittori dell’epoca, che a Taormina trova ispirazione per scrivere L’amante di lady Chatterley.

Quella mattina Martoglio parte dalla stazione di Giardini Taormina alla volta di Catania. Il suo stato d’animo è alquanto travagliato, le sue idee viaggiano più veloci di quel convoglio che lo condurrà fino al capoluogo etneo per preparare il ricovero del figlio. Costeggia il mare. Dal finestrino vede le casette di Taormina appollaiate sul Monte Tauro, lo scorcio del Teatro greco da cui si domina la Calabria, il golfo di Giardini e poi Siracusa, fino a Capo Spartivento, la tavolozza color cobalto dove un veliero lascia una leggera striatura biancastra, e la spiaggia nella quale i pescatori tirano le imbarcazioni dopo una lunga notte di mare.

David Herbert Lawrence

Superate Spisone e Mazzarò ecco l’Isola Bella, un grande scoglio collegato alla terraferma da una striscia di sabbia,con una vegetazione fra le più variegate del Mediterraneo, le piante autoctone come la quercia, l’ulivo, il fico e il ficodindia che convivono con le piante esotiche introdotte da miss Florence Trevelyan, una nobildonna della Corte inglese stabilitasi a Taormina alla fine dell’Ottocento”.

Redazione