Per la politica siciliana (non solo siciliana) la lotta alla droga è soltanto una questione di soldi. Dopo un anno in cui il disegno di legge giaceva nei cassetti di Palazzo dei Normanni e migliaia di ragazzini che nel frattempo hanno bruciato irreversibilmente le loro vite a causa del crack (un micidiale fenomeno di massa ormai fuori controllo: una dose 5 Euro, tantissimi dodicenni ridotti come zombie, ragazzine che si prostituiscono per qualche grammo), finalmente la Regione Sicilia ha approvato la legge contro le tossicodipendenze che riserva 11 milioni di Euro ad una serie di iniziative e di strutture sicuramente di ottimo livello che spesso hanno il compito di intervenire “dopo” l’uso dello stupefacente, non “prima”.

Dal mondo del volontariato si è levato qualche mugugno (“Un primo passo, ma fondi insufficienti”), eppure sia da destra che da sinistra sono arrivati cori di esultanza per questa norma voluta fortemente dal cardinale di Palermo Corrado Lorefice (esemplare il  suo grido di dolore lanciato recentemente in cattedrale durante l’omelia per i festeggiamenti di Santa Rosalia) e dalle tante associazioni di volontariato presenti nel territorio che, con spirito di abnegazione, si adoperano quotidianamente con gli scarsi mezzi di cui dispongono per affrontare questa piaga ormai purulenta.

Secondo noi non è solo una questione di soldi. La regione avrebbe potuto stanziare il doppio o il triplo, ma se non si capisce che il problema riguarda il modello di società in cui viviamo (e di cui la politica è responsabile), non ne usciamo.

I comunicati arrivati oggi in redazione – ci riferiamo alla Lega e al Movimento 5 Stelle, ma altri partiti non pare che abbiano avuto dei toni critici – hanno elogiato la “sensibilità” del presidente della Regione Renato Schifani. 

Lo stesso Schifani che alle ultime elezioni è stato eletto grazie ai voti di Marcello Dell’Utri e di Totò Cuffaro (senza una sua presa di distanza né per l’uno né per l’altro), il primo condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, il secondo per favoreggiamento alla mafia.

Ora, siccome anche i muri sanno che droga e mafia sono la stessa cosa, nel senso che la prima è controllata capillarmente dalla seconda, vogliamo continuare a prenderci in giro con la storiella commovente della “sensibilità” e della “disponibilità” del governatore della Sicilia? Per favore!

L’origine del voto con cui molti soggetti vengono eletti viene spesso sottovalutata, eppure secondo noi è il sale di tutto. In Sicilia c’è una politica che da un lato viene eletta con i voti di chi fa affari d’oro con la vendita di droga, mentre dall’altro eroga una pioggia di milioni non per prevenire il fenomeno, ma per “assistere” il giovane quando ormai è entrato nel tunnel, spesso senza uscita, della tossicodipendenza. Una presa d’atto, null’altro.

Se davvero la politica ha a cuore il futuro dei giovani, ha il dovere di fare una lotta seria ai trafficanti di morte, ma anche di migliorare certi contesti come la scuola, il lavoro, la cultura, lo sport, le periferie, gli spazi ricreativi nei quali i ragazzi possono trovare la dimensione ideale per scegliere modelli culturali alternativi a quelli offerti attualmente.

Bisogna avere occhi, orecchie ed una certa dose di sensibilità per vedere, per ascoltare, per comprendere un disagio profondo che il giovane – spesso inconsapevolmente – è costretto ad affrontare, un vuoto di valori per i quali gli adulti (a cominciare da certi genitori troppo protesi ad alimentare il culto dell’Io) hanno responsabilità gravissime.  

Per non parlare della scuola, spesso messa nelle condizioni di non operare o di operare male, inefficace a contenere una valanga come questa.

A prendere le redini di tutto dovrebbe essere la politica, che però non solo non è in grado di affrontare il problema, ma neanche di capirlo, presa com’è dai troppi calcoli quotidiani.

Non vediamo in questa classe dirigente una particolare sensibilità di fronte a un tredicenne che ha finito di vivere perché il crack se lo è divorato. Non c’è la rabbia, l’indignazione, la presa di coscienza di chi ha davvero a cuore il futuro dei ragazzi. Si punta sulla repressione nei confronti degli spacciatori, ma dal giorno dopo tutto torna come prima. Basta andare in certe discoteche per capire che un’intera economia si basa su queste dinamiche perverse, che certa politica fa finta di non vedere, eppure le conosce benissimo, ma si gira dall’altro lato: secondo voi perché? 

Di fronte a un fenomeno così devastante occorrerebbe una mobilitazione in grande stile – dalla presidenza del Consiglio ai sindaci –, una mobilitazione che punti sulla repressione, certo, ma soprattutto sui valori. Il silenzio è diventato troppo assordante.

Luciano Mirone