“Il caso di Paternò, insieme a quello di Tremestieri Etneo, grida vendetta. Per molto meno i comuni sono stati sottoposti ad accesso ispettivo per verificare la presenza di eventuali infiltrazioni mafiose. E’ insopportabile che il ministro degli Interni non abbia avuto la curiosità di capire cosa stava succedendo a Paternò attraverso una commissione prefettizia”.
Il presidente della Commissione antimafia della Regione Sicilia, Antonello Cracolici, sul Caso Paternò è tranchant e attacca sia il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, sia il presidente del Senato Ignazio La Russa, che nella città delle arance rosse ha il suo feudo elettorale: “Se a Paternò la commissione non è arrivata – dice Cracolici -, dobbiamo chiederne conto al ministro dell’Interno, forse anche al presidente del Senato. Abbiamo tutti interesse a liberare la politica dalla mafia, qui è in gioco la qualità del consenso e della democrazia, a me interessa che chi vince le elezioni, al di là dello schieramento, possa essere considerato un uomo dello Stato e delle istituzioni, e non un uomo a servizio delle organizzazioni criminali”.
“Alla luce dei dati appresi oggi – continua Cracolici – il tribunale del riesame ha accolto il ricorso della procura di Catania che chiedeva provvedimenti restrittivi nei confronti del sindaco, dell’assessore e dell’amministratore coinvolti nell’inchiesta, ma ne ha disposto la sospensione. Oggi non ci sono più alibi: il ministero degli Interni non può avere approcci diversi per questioni simili. A Paternò va disposto l’accesso ispettivo. In gioco c’è la nostra democrazia”.
Nella foto: Paternò (Catania) vista dall’alto
Redazione
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