Ormai è l’ex presidente del Consiglio comunale di Zafferana Etnea (Catania). Salvatore Sapuppo, sfiduciato dalla sua stessa maggioranza consiliare, annuncia che proporrà ricorso al Tar: “Presenterò ricorso – afferma – perché questa mozione di revoca è nella sostanza una sfiducia sorretta da false motivazioni. La sfiducia al presidente può essere votata solo se questi ha commesso atti gravi illegittimi o se ha avuto un atteggiamento poco consono al suo ruolo nei confronti del sindaco e dei consiglieri. Non c’è niente di tutto questo. In questi anni ho lavorato sempre in modo impeccabile, così come è stato riconosciuto dallo stesso sindaco e dai consiglieri, in particolare del gruppo di maggioranza, ma anche, credo, dai cittadini”. È un fiume in piena l’ex presidente del Civico consesso del comune etneo.
“Ciò che è stato fatto nei miei confronti – dice – non è corretto anche per i numeri. Ritengo che per la sfiducia occorrevano i due terzi dei consiglieri assegnati: due terzi di quindici fa dieci, mentre a votare contro di me sono stati nove su tredici consiglieri effettivi, dato che due si sono dimessi per assumere la carica di assessore”.
E al di là dei numeri?
“Ciò che è importante sottolineare è che nel mio ruolo di presidente del Consiglio non ho commesso alcun atto grave. Qualcuno insinua che nell’ultimo periodo non c’è stata molta attività da parte della presidenza del consiglio. Neanche questo è vero. Tutti sanno che l’attività della presidenza è legata all’attività dell’amministrazione. E’ stato sempre mia abitudine, in caso di proposte da sottoporre al consiglio, convocare subito le commissioni consiliari. Cosa che si può verificare non solo negli ultimi tre anni, ma anche nella mia attività di presidente del Consiglio nella precedente sindacatura”.
Ma allora cosa è successo davvero?
“Sono stato pressato per dimettermi, cosa che avrei fatto dopo l’approvazione in Consiglio del bilancio consuntivo 2016 e del bilancio di previsione 2017. Ma questi atti sono pervenuti in giunta solo qualche giorno fa”.
Secondo voci di Palazzo, lei sarebbe stato sfiduciato perché non avrebbe rispettato il patto, stipulato ad inizio legislatura, secondo cui si sarebbe dovuto dimettere dopo due anni e mezzo per far posto a chi l’ha sostituita. È vero?
“Dopo le elezioni si era detto che allo scadere dei due anni e mezzo ci doveva essere un rimpasto generale, sia in giunta che alla presidenza del Consiglio. Allo scadere degli stessi, si è parlato solo delle mie dimissioni. I patti erano stati diversi: dimissioni sì del presidente del Consiglio, ma contemporaneo rimpasto in giunta. Io mi sarei dimesso da presidente e avrei avuto la possibilità di aspirare ad un posto di assessore, così come altri consiglieri, dopo tanti anni di attività politica e di impegno. Credo che si trattasse di un’aspirazione legittima”.
Quali altri problemi ci sono secondo lei?
“Fin dai tempi dell’ex sindaco Giuseppe Leonardi, ed anche nei primi cinque anni di questa giunta, siamo stati abituati a condividere le decisioni e le scelte dell’amministrazione facendo riunioni di gruppo mediamente ogni quindici giorni. Purtroppo negli ultimi tre anni questo discorso è saltato. Tuttavia ho sempre difeso l’attività del sindaco e degli assessori che avevano tante attività da svolgere. Accanto a me si sono schierati altri tre consiglieri, Alfio Nicotra, Angela Di Bella e Giuseppe Privitera. Non sono solo. Tre consiglieri, oltre me, non hanno condiviso la scelta di mandare a casa il presidente del Consiglio. Questo vuol dire che anche loro riconoscono che ho svolto bene il ruolo”.
Nel frattempo ieri mattina, il sindaco ha azzerato la giunta facendo pervenire una nota di revoca del mandato ai quattro assessori Giovanni Di Prima. Vincenzo Tropea, Angela Di Bella e Salvatore Russo. Il primo cittadino, raggiunto telefonicamente da noi per una dichiarazione, ha detto di non essere al momento disponibile in quanto impedito da motivi familiari: lo farà probabilmente nei prossimi giorni.
Rosalba Mazza
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