Se Leoluca Orlando diventerà sindaco di Palermo, cosa cambierà nel panorama politico regionale?
Intanto partiamo dal fatto che nel capoluogo siciliano, le amministrative del 6 e 7 maggio, saranno condizionate da due fattori fondamentali: l’evoluzione della crisi alla Regione – con il conseguente atteggiamento del Partito democratico, che dovrà decidere se continuare a sostenere il governatore Lombardo – e gli eventuali brogli ai seggi elettorali, come avvenne cinque anni fa con stile marcatamente mafioso, quando Diego Cammarata scippò la poltrona di primo cittadino proprio a Orlando. Su questo le istituzioni hanno il dovere di vigilare attentamente.
Dunque, cosa cambierà nella politica regionale se Leoluca Orlando diventerà sindaco di Palermo?
Tre le ipotesi. Partiamo da quella che ci appare meno probabile, ma che doverosamente va posta.
Orlando non va al ballottaggio.
Da quel momento le strade fra lui e la sua città si divideranno definitivamente, almeno dal punto di vista politico; contemporaneamente gli equilibri cambieranno anche all’interno del suo partito, l’Italia dei valori, dove la figura di Orlando subirà un ridimensionamento, e dove anche la leadership di Antonio Di Pietro – che in campagna elettorale si è speso completamente per lui – subirà un contraccolpo notevole.
Alla Regione il flirt fra il Pd e Lombardo – se non si interromperà prima delle elezioni per le vicende giudiziarie del governatore – si trasformerà in una vera e propria love story, viatico per futuri accordi nazionali fra quel partito e il Terzo polo (a prescindere se questo sarà rappresentato da Lombardo o da Tabacci), con Idv e Sel ridotti al rango di eterni oppositori di questa nuova melassa democristiana.
Seconda ipotesi. Orlando va al ballottaggio con Massimo Costa, candidato del centrodestra.
A quel punto, così come è successo con Faraone – altro candidato alle primarie del centrosinistra, che a quanto pare ha deciso di sostenere Orlando – la logica dice che l’ex sindaco della “Primavera” sarà costretto a “trattare” con i pezzi più consistenti del centrosinistra, in primis con Fabrizio Ferrandelli, uscito vittorioso dalle primarie e detentore di un consistente pacchetto di voti. Ferrandelli, ex “pupillo” di Leoluca, militante fino a poche settimane nell’Italia dei valori, potrebbe rappresentare l’ago della bilancia in caso di ballottaggio di Orlando, così come Orlando potrebbe essere determinante in caso di ballottaggio di Ferrandelli.
Quindi – malgrado le fortissime tensioni causate dalle primarie – non è detto che le strade fra il maestro e il suo discepolo non si incroceranno di nuovo.
Ma il rebus è un altro.
Orlando tratterà con due pezzi da Novanta del Pd come il senatore Giuseppe Lumia e il deputato regionale Antonello Cracolici, registi dell’operazione-Ferrandelli e grandi sostenitori di Lombardo alla Regione?
Con chi si schiereranno – ammesso che si schiereranno – i due, se Orlando dovesse andare al ballottaggio?
La logica, anche in questo caso, dice che dovrebbero appoggiare il candidato della stessa coalizione, ma a quali condizioni?
In politica sappiamo benissimo che la logica non sempre viene applicata. Esistono fattori (uno di questi è la convenienza) che condizionano fortemente l’attività dei protagonisti, quindi crediamo che le condizioni per un avvicinamento fra Orlando e Lumia e Cracolici non esistano. Per la semplice ragione che i due fronti sembrano del tutto alternativi, almeno per ora.
Se perfino negli ultimi giorni – in cui il Gip di Catania ha confermato il concorso esterno in associazione mafiosa di Lombardo, ravvisandone la gravità –, Lumia e Cracolici hanno ritenuto di non far cadere la Giunta regionale, acuendo le tensioni all’interno del loro stesso partito, è difficile che lo faranno nell’imminenza delle elezioni. “Toglieremo la fiducia al governatore solo in caso di rinvio a giudizio”, hanno dichiarato.
E questo la dice lunga sulle loro reali intenzioni.
Togliere la fiducia a Lombardo prima delle amministrative palermitane, vuol dire dare indirettamente ragione a Orlando, che ha parlato di accordo scellerato alla Regione, e vuol dire anche creare quel clamore che potrebbe spianargli la strada per Palazzo delle Aquile.
E così i due esponenti del Pd preferiscono rimanere in attesa, magari con la speranza che la posizione giudiziaria di Lombardo si alleggerisca, e che Orlando esca sconfitto dal voto di maggio.
Ma in caso di ballottaggio, Orlando “tratterà” con loro?
La politica orlandiana – tranne “l’accordo di Villa Niscemi”, criticabile quanto vogliamo, ma nato negli anni della seconda sindacatura, in un contesto del tutto differente rispetto a quello odierno, e originato dal tentativo di Leoluca di affrancarsi dall’egemonia asfissiante dell’ex Pci-Pds – si è sempre caratterizzata per la rottura del legame fra mafia e politica, e del consociativismo fra destra e sinistra.
E poi, con la spazzatura in mezzo alle strade, con i disastri lasciati da Cammarata e dallo stesso Lombardo, con la gente che protesta per un pezzo di pane davanti al municipio e alla Regione, tentare una trattativa con Lumia e con Cracolici conviene?
Per Orlando oggi spira un vento simile a quello del 1993, quando, dopo le stragi e dopo Tangentopoli, ridiventò sindaco di Palermo con un voto plebiscitario.
Un vento simile, ma non uguale ad allora.
Nell’aria si avverte lo stesso rigetto per i partiti, ma non la stessa rabbia. C’è depressione, più che collera, gli elettori sono portati a disertare le urne più che a dare un voto di protesta.
Bene fa quindi Orlando a puntare su un nuovo modello economico basato sul turismo e sulla valorizzazione dei luoghi più suggestivi della città, del centro storico, dei grandi mercati come la Vucciria, Ballarò e il Capo da contrapporre ai centri commerciali che hanno decretato il fallimento dell’economia palermitana. Non solo un programma su come uscire dall’emergenza, ma su come rilanciare Palermo. Un modello che intercetta un’esigenza di una Società civile sempre più desiderosa di coniugare la valorizzazione dell’esistente con i principi dello sviluppo.
Non sappiamo se Orlando cercherà accordi con le ali consociative del centrosinistra, sappiamo che farà di tutto per dialogare con quella fascia sociale che da anni diserta le urne.
L’ex sindaco della “Primavera”, che in passato ha messo cervello, anima e cuore per far rinascere la città, che è stato collaudato positivamente dalla stragrande maggioranza dei cittadini, oggi come viene percepito dai palermitani? E’ lui il vero candidato “giovane”?
Se vincerà, il panorama politico regionale, e forse nazionale, potrebbe cambiare: la foto di Vasto che immortala Bersani, Di Pietro e Vendola, potrebbe diventare più nitida, l’accordo col Terzo polo si farà solo con la parte più presentabile dei centristi, per la Giunta Lombardo potrebbe suonare il de profundis.
Questo sia in caso di vittoria al ballottaggio, sia, soprattutto, in caso di vittoria al primo turno.
Ma, ripetiamo, non bisogna sottovalutare il ruolo di Cosa nostra nel tentativo di inquinamento del voto.
Ma anche il ruolo di Lombardo e del Cavaliere che, come in passato, non staranno certamente a guardare.
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