Un momento di riflessione sulla violenza sulle donne e di solidarietà verso le donne che subiscono violenza, nell’ambito di un premio prestigioso come il Brancati di Zafferana Etnea. Un argomento importante dibattuto attraverso il convegno sul tema “Chi ha paura delle donne?”. La solidarietà è quella espressa alla dottoressa barbaramente violentata mentre prestava servizio notturno alla Guardia Medica di Trecastagni, che è una cittadina di Zafferana. “Esprimiamo la nostra più grande solidarietà – dice il sindaco Alfio Russo – alla dottoressa facendole sentire la nostra vicinanza affettiva in questo momento particolarmente difficile della sua vita”.
La riflessione è quella quella offerta dalle relatrici che con grande competenza e umanità affrontano una tematica di scottante attualità.
“La violenza sulle donne – afferma la docente universitaria e saggista Graziella Priulla – è radicata nella nostra cultura che per secoli ha predicato che la donna dovesse prestare obbedienza, sottomissione e fedeltà agli uomini. Non dimentichiamo che la maggior parte della violenza sulle donne si consuma tra le mura domestiche. Le statistiche riportano numeri elevati. Una volta non se ne parlava nemmeno perché le statistiche non raccoglievano dati specifici sulla violenza praticata sulle donne”. “La maggior parte della violenza sulle donne – continua la Priulla – avviene tra le mura di casa. Bisogna scardinare certi pilastri educativi come quello che insegnava alle bambine che i pericoli fossero fuori da casa. Le donne che subivano violenza difficilmente denunciavano”.
Ed allora come si combatte la violenza sulle donne?
“Abbiamo istituito una rete, spiega la professoressa Priulla. “Oggi le donne che subiscono violenza possono contare su un supporto valido a cominciare dai medici del pronto soccorso che non si fermano alle apparenze, ma indagano sul vissuto di molte donne. Anche i medici sono stati preparati frequentando dei corsi specifici. Ma il lavoro più grosso lo stiamo facendo con la scuola. La scuola è un luogo dove si possono affrontare questi temi con la giusta graduazione in base all’età. Bisogna partire da un’educazione di genere. Si tratta di rivedere tutte le discipline che finora sono state viste solo con gli occhi degli uomini. Occorre rivederle anche con gli occhi delle donne. Non è un lavoro facile. Ma ci sono molti docenti che stanno facendo un lavoro invisibile. E’ la prima volta nella storia che si fa questa rivoluzione gentile a cui io credo molto”.
La scrittrice Domitilla Shaula Di Pietro fa testimonianza della sua personale esperienza di violenza subita, una ventina di anni fa, per opera di un uomo che l’ha segregata, violentata e seviziata per oltre sei ore. Un’esperienza terribile che all’epoca la donna non ebbe il coraggio di denunciare perché l’uomo minacciò di morte lei e la sua famiglia. Solo dopo la sua morte di quest’ultimo, avvenuta qualche anno fa, la scrittrice ha avuto il coraggio di parlare della sua personale esperienza scrivendo un libro. Il messaggio che porta è quello di combattere la violenza educando fin da piccoli i bambini ed offrendo alle donne che decidono di denunciare gli strumenti e la giusta protezione per combattere la paura che spesso si prova a denunciare, offrendo adeguate garanzie.
Cristina Merli, presidente dell’Associazione “Donne al centro” che sta aprendo in tutta Italia centri di accoglienza e di supporto delle donne vittime di violenza, parla della sua associazione e di come essa si stia adoperando a vari livelli per far cambiare le leggi e per prevedere pene più severe per gli autori.
Un valido contributo al dibattito viene dalla proiezione del cortometraggio “Il Principe Azzurro” di Vladimir Di Prima le cui immagini danno molti spunti di riflessione.
Rosalba Mazza
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