E se Caputo si candida alla Provincia? È una ipotesi che serpeggia nei Palazzi della politica dopo l’annuncio del sindaco di Belpasso di non volersi ripresentare alla guida della sua città alle prossime elezioni di giugno. Una dichiarazione – quella del 4 dicembre scorso – tassativa, inequivocabile, motivata da ragioni “personali e politiche”. Se l’ipotesi della candidatura alla Provincia è attendibile, abbiamo cercato di verificarlo con lo stesso Caputo senza ottenere né conferme né smentite, ma solo una frase: “A Mirone non rispondo”, in coerenza con la cultura democratica che lo contraddistingue da quando militava nel Fronte della gioventù.
Intanto nei suoi ambienti, seppure cautamente, l’ipotesi Provincia circola, quindi esiste. Se dovesse essere fondata, Caputo si candiderà come presidente o come consigliere provinciale?
Chiariamo un punto. In Sicilia la tanto decantata legge che negli anni scorsi ha soppresso le Province regionali, dopo essere stata approvata dal parlamento nazionale e regionale, è stata rimessa in vigore l’estate scorsa in Sicilia con voto unanime grazie all’accordo centrodestra-centrosinistra, con l’eccezione del Movimento 5 Stelle.
Contrariata dall’ennesimo conflitto Stato-Regione, la presidenza del Consiglio dei ministri ha impugnato la norma davanti alla Corte costituzionale, che però non si è ancora pronunciata. Il parlamento nazionale infatti, quasi contemporaneamente, aveva approvato la soppressione degli enti. Risultato: potremmo trovarci col paradosso di una Sicilia con le Province, e le altre regioni senza.
Nell’Isola si va avanti speditamente, noncuranti della spada di Damocle che pende sulla norma, una spada che potrebbe mozzare i piani di chi ha voluto fortemente il ritorno delle Province in Sicilia. Che da ora in poi si chiameranno Liberi consorzi.
A Palermo addirittura è pronta una nuova legge per precisare meglio le funzioni dei nuovi enti. Secondo quanto ha scritto lo scorso dicembre il quotidiano online LiveSicilia, le elezioni per le provinciali sono previste fra il 15 aprile e il 30 giugno, ma c’è chi non esclude la sessione autunnale, cioè novembre: in attesa di un pronunciamento della Consulta – che intanto dovrebbe comprendere una sospensiva – nessuno si azzarda a fare previsioni.
Nel corso degli ultimi cinque anni – su questo argomento – nel Parlamento dell’Isola abbiamo assistito a un balletto incredibile: quando il vento nazionale spirava contro le Province perché bisognava risparmiare, il coro ha intonato un vigoroso “abbasso le Province” – memorabile la dichiarazione dell’ex governatore Rosario Crocetta nella trasmissione televisiva di Massimo Giletti, che annunciava la soppressione dell’ente prima della decisione del Parlamento nazionale – ; quando il vento ha cominciato a smorzarsi, il coro ha intonato un energico “evviva le Province”, accompagnato da una legge regionale che – presidente ancora Crocetta – nella distrazione dell’agosto siciliano ha spiazzato tutti.
Un modo come un altro – è stato detto da più parti – per parcheggiare certa politica che può consolidare alleanze, amicizie, conoscenze, tenere in caldo i propri voti, mantenere certi equilibri in attesa del salto definitivo: lo stipendio del presidente è come il rancio dei militari: ottimo e abbondante, ed è equiparato a quello del sindaco della Città metropolitana (circa 6mila Euro al mese quello di Catania, anche se Bianco se lo è decurtato a circa 4mila 800 ad inizio mandato).
Niente a che vedere con la paga del sindaco di un paese come Belpasso (2mila 200 Euro passibili di riduzioni a 1600). Una miseria se si pensa alle responsabilità da affrontare quotidianamente e alle poche risorse sganciate da Stato e Regione per opere pubbliche e spese varie. Ne vale la pena? Per amore del paese questo e altro, si dice in politichese, ma a tutto c’è un limite.
Al consigliere provinciale, invece, è riservato il fatidico “gettone”: non si conosce l’importo ma pare che si tratti di un rimborso spese. Stessa sorte toccherà probabilmente agli assessori.
Se un sindaco di una cittadina di quasi 28mila abitanti decide ex abrupto di non ricandidarsi alle comunali – avendo delle ottime chance per la rielezione – il motivo è serio: o ha davvero problemi “personali”, oppure la sua carriera politica è a una svolta.
Possibile che venga interrotta adesso, specie dopo che lui stesso ha voluto fortemente l’elezione all’Ars (cosa alla quale pochi credevano) del suo vice sindaco Giuseppe Zitelli? Possibile che “il sogno” debba finire sul più bello, proprio ora che sui social impazza la propaganda caputiana degli ultimi cinque anni?
Tutto è possibile, ma tutto deve avere una logica, anche perché – se l’esperienza amministrativa dovesse avviarsi alla conclusione – lo stato d’animo del primo cittadino non sarebbe gasato come in questo momento. E invece è gasatissimo.
Se pubblicizzi un prodotto – insegnano gli esperti di marketing – devi investire. Se investi significa che vuoi vendere. Fuor di metafora: se Caputo non mostra l’atteggiamento dimesso di chi non intende ricandidarsi, vuol dire che per la testa ha qualcosa di serio. Troppo ambizioso il personaggio per ritirarsi a vita privata a quarant’anni. Lo ha dimostrato lui stesso saltando sul carro di Papale, di Lombardo, di Leanza, fino a quello del tanto vituperato “sinistrorso” Enzo Bianco, dal quale è sceso subito per salire su quello di Musumeci.
Se continua imperterrito a pubblicizzarsi, vuol dire che sta investendo, e se sta investendo vuol dire che è proiettato verso qualcosa che considera importante. Cosa? Non lo dice, o magari non può dirlo, ma nel frattempo investe…
Intanto – con l’elezione di Giuseppe Zitelli – è diventato un saldo punto di riferimento del centrodestra nel suo collegio, specie all’interno del movimento col quale il suo ex vice sindaco si è presentato alle regionali: Diventerà bellissima, la lista del governatore Nello Musumeci. Quindi – piaccia o no – Caputo è un leader col quale bisognerà fare i conti. Qualora dovesse essere lui il candidato del centrodestra alla presidenza della Provincia, potrà contare su Zitelli, ma soprattutto potrà contare sullo stesso Musumeci, al netto di sindaci, assessori e consiglieri comunali con i quali, in tanti anni di politica, ha stretto rapporti.
Dopo l’elezione di Zitelli lo scenario caputiano è cambiato, si è espanso, è andato oltre il perimetro del suo comune. Un caso che l’annuncio della non ricandidatura sia arrivato un mese dopo le regionali di novembre?
Alcuni sono portati a considerare che quell’annuncio sia arrivato troppo presto rispetto ad una situazione in continua evoluzione: è vero che alla Regione si sta andando avanti speditamente per la formazione delle nuove Province, e però è anche vero che ancora non c’è niente di sicuro: neanche la certezza che nel centrodestra ci sia l’unanimità sul nome da spendere per la candidatura. Quindi – ci si chiede – perché Caputo avrebbe scelto il certo per l’incerto? Non si sa, né lui vuole dirlo.
L’unico fatto certo è che la rinuncia a un nuovo mandato da sindaco ha destabilizzato gli equilibri del suo gruppo, che non appaiono saldi come prima. Adesso qualcuno scalpita per prendere il suo posto. Anche se la linea ufficiale è quella dell’unità (“Sarà scelto un candidato espressione della coalizione”) nel gruppo c’è fibrillazione, trapelano litigi e scontri. Insomma, si è creato un sommovimento che non sappiamo a cosa porterà. Come non sappiamo a cosa porterà una eventuale bocciatura – magari preceduta da una sospensiva – della legge sulle Province (pardon, Liberi consorzi) da parte Corte costituzionale. A quel punto tutto potrebbe tornare al 3 dicembre, quando l’annuncio di Caputo non era ancora stato fatto. In ogni caso, come dicevano i latini, la parola è d’argento, il silenzio è d’oro. E al municipio di Belpasso il silenzio è assordante.
Luciano Mirone
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