Scrive la Commissione parlamentare antimafia nella Relazione di maggioranza: “L’uso del predetto stupefacente da parte del dottor Manca, appare avvalorato dal fatto che il 10 febbraio – cioè, il giorno prima di morire o, addirittura, il giorno stesso della morte –, egli, spontaneamente, si recava a Roma per incontrare Monica Mileti al verosimile fine di acquisire eroina – presso la stessa donna o su indicazione di ella”.
L’Informazione: In questo brano la maggioranza della Commissione antimafia presieduta da Rosi Bindi mette in relazione il viaggio che Attilio compie da Viterbo a Roma con il non provato acquisto di eroina presso Monica Mileti. Ma siccome è un collegamento non suffragato da alcun elemento probatorio, la Commissione si trincera dietro l’uso di termini come “appare” e “verosimile”. Facciamo un po’ d’ordine. E’ vero che il pomeriggio del 10 febbraio Attilio Manca si reca nella capitale (per fare ritorno, sempre da solo, nella sua abitazione di Viterbo intorno alle 20) dove incontra Monica Mileti. Nessuno può escludere che i due si vedano per questioni di droga, ma, come detto, in mancanza di prove, nessuno può escludere che si vedano per altre ragioni. Perché si dà per “verosimile” la cessione di eroina escludendo altre ipotesi? Una Commissione antimafia non dovrebbe basarsi più su dati scientifici che su ricostruzioni “verosimili”? Nel messaggio scambiato quel pomeriggio tra Monica e Attilio, l’appuntamento è motivato da una pomata che il medico dovrebbe consegnare alla donna per la cura di un’ustione. Naturalmente è possibile che “pomata” sia una parola d’ordine per significare qualcos’altro, ma anche in questo caso ci vogliono degli elementi certi. Davvero il medico si vede con la Mileti “spontaneamente”? E’ possibile, ma non c’è certezza. Perché? Poco prima della partenza per Roma, Attilio mangia a casa di una amica infermiera. Dopo pranzo fa una telefonata a Salvatore Fugazzotto, uno dei quattro “amici” barcellonesi che successivamente avrebbero testimoniato contro di lui. E’ la terza telefonata che intercorre fra loro in due giorni: il giorno prima è Fugazzotto (dopo aver messaggiato con Ugo Manca) a chiamare Attilio, il 10 febbraio succede il contrario. Secondo Gianluca Manca (fratello di Attilio), l’ultima conversazione con Fugazzotto turba (o comunque altera) lo stato d’animo del medico, fino a quel momento apparso sereno. Non sappiamo se questo particolare sia vero o meno (si tratta di una confidenza che l’infermiera avrebbe fatto a Gianluca), fatto sta che dopo la telefonata, Attilio saluta l’amica e parte improvvisamente per Roma. Non conosciamo il contenuto della conversazione fra Manca e Fugazzotto (una conversazione su cui gli inquirenti non hanno mai mostrato particolare curiosità), e però dalle celle telefoniche risulta che Attilio chiami Monique non da Viterbo, ma quando giunge all’altezza del centro abitato di Ronciglione, circa ventitré chilometri dopo. Da quel momento, fra queste due utenze, risultano tre chiamate e un sms (quello della pomata). Ma perché il dottor Manca, se è deciso a vedere Monica per acquistare la droga, non si organizza prima della partenza, senza rischiare di fare il viaggio a vuoto? Nessuna risposta neanche su questo. Chi esclude che l’urologo, avendo programmato di andare nella capitale per altre ragioni, durante il tragitto abbia chiamato la Mileti per incontrarla solo per consumare qualcosa al bar Canova di piazza del Popolo (come risulta dall’indagine)? E chi può smentire che degli amici comuni di Monica e di Attilio abbiano spinto quest’ultimo ad incontrare la donna romana? Ipotesi. Che però nessuno ha mai cercato di chiarire. Finora l’inchiesta della magistratura di Viterbo si è sforzata di rendere plausibile “solo” la possibilità che il medico si sia recato a Roma per acquistare la droga, escludendo le altre. Il problema è che la “plausibilità” di questa ipotesi si rende tale solo quando determinate circostanze vengono decontestualizzate, ma quando si fa una descrizione precisa dei fatti, dei personaggi e dei retroscena, ecco che la teoria del “medico drogato” non convince. Nella scorsa puntata abbiamo visto chi è Salvatore Fugazzotto – circostanza che la relazione di maggioranza omette –: figlioccio di cresima di Ugo Manca (di cui abbiamo parlato diffusamente), agli inquirenti ha dichiarato di essere un ex tossicodipendente (come gli altri “amici”) e di essersi drogato, in passato, in compagnia di Attilio. Secondo Fugazzotto, l’urologo a volte sniffava l’eroina, altre volte si bucava (addirittura senza laccio emostatico), e per eseguire quest’ultima operazione, il medico (mancino puro) usava anche la mano destra. Peccato che, oltre ad essere contraddetto dai familiari dell’urologo (parte interessata e sicuramente poco obiettiva, secondo l’approccio che gli investigatori hanno sempre avuto con questa famiglia ) sia stato smentito dai numerosi colleghi viterbesi del medico, i quali, oltre ad escludere l’uso di eroina dell’urologo, hanno detto perentoriamente che Attilio faceva qualsiasi cosa esclusivamente con la mano sinistra, comprese le operazioni chirurgiche. E’ Salvatore Fugazzotto – secondo quanto hanno sempre detto la madre, il padre e il fratello di Attilio – la prima persona a fare il nome di Monica Mileti ai familiari di Attilio, quando ancora, nei primi giorni, tutti pensavano che si trattasse di una morte per overdose causata dalla stessa vittima. Dunque è il contesto barcellonese ad inserire la figura di questa donna sulla scena di questa intricatissima vicenda: a presentarla ad Attilio – abbiamo visto nella scorsa puntata – è stato un altro barcellonese, Guido Ginebri. Anche questa strada dunque porta a Barcellona. Ma c’è di più: La versione di Fugazzotto (come quella del resto del gruppetto barcellonese) coincide perfettamente con la scena della morte: due buchi al braccio sinistro di una vittima mancina, e l’assenza di un laccio emostatico e del cucchiaio sciogli-eroina nell’appartamento. Le dichiarazioni degli “amici” barcellonesi – personaggi “screditati”, secondo Fabio Repici, legale , assieme ad Antonio Ingroia, della famiglia Manca – vengono incastonate nel successivo brano della relazione.
Commissione Antimafia: “Monica Mileti aveva precedenti per stupefacenti e, comunque, era una eroinomane – come dalla stessa affermato e come confermato dagli esiti della perquisizione eseguita nella sua abitazione – la quale, conseguentemente, conosceva spacciatori presso cui rifornirsi.
L’Informazione: Di quest’ultima frase possiamo prendere per buono che la Mileti avesse dei precedenti per stupefacenti (come spacciatrice? Nelle carte processuali non viene specificato, quindi ome “eroinomane”, come scritto nella relazione). Il problema è che questo particolare – anche in questo caso senza la descrizione del “contesto” – viene messo in relazione con il viaggio di Attilio a Roma e con il suo successivo decesso. L’”anello” di congiunzione fra queste ipotetiche circostanze – secondo i magistrati di Viterbo e la Commissione antimafia – è la perquisizione effettuata a casa di Monica Mileti, che dà il seguente risultato: ritrovamento di una confezione di siringhe da insulina e di due cucchiaini sporchi di sostanza nerastra. Da qui gli inquirenti imbastiscono un altro teorema: siccome le siringhe sono le stesse di quelle ritrovate a casa di Attilio Manca, è chiaro che a cedere la droga al medico sia stata Monica Mileti. Con quali prove? Secondo chi ha svolto le indagini, quella sostanza nerastra trovata nei cucchiaini è eroina. Ma è stata analizzata? No. E allora? Nell’appartamento della Mileti è stata trovata dell’eroina in polvere? No. Ma anche nel caso in cui quella sostanza nerastra fosse eroina, che c’entra con Attilio Manca’ La donna, fin dall’inizio dichiara agli inquirenti: “Per quanto mi risulta, Attilio Manca non faceva uso di sostanze stupefacenti”. E poi: “Il dott. Manca, per quanto mi risulti, era stimato e professionalmente preparato, mi sembrava un ragazzo perbene, coscienzioso e studioso, ed io proprio per questo gli dicevo che sarebbe diventato una eminenza grigia della medicina”. Quindi? Per i primi anni Monica dorme sonni tranquilli. Tutto cambia quando la famiglia Manca riesce a mobilitare la Società civile e un paio di giornalisti – solo un paio, in verità, che vogliono vederci chiaro – i magistrati di Viterbo rinviano a giudizio la Mileti. Peccato che nel frattempo siamo arrivati nel 2013. Sono trascorsi “solo” nove anni da quando Attilio è morto.
Luciano Mirone
3^ puntata. Continua
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