Se vuoi capire come in Sicilia si viene uccisi moralmente – non solo di lupara – devi conoscere questa storia che somiglia tanto ad un romanzo di Leonardo Sciascia.
Se vuoi capire in che modo un uomo che denuncia la mafia e il malaffare venga considerato un eretico, devi conoscere la storia di Adolfo Parmaliana, docente di Chimica industriale all’università di Messina, per tanti anni segretario della sezione dei Ds di Terme Vigliatore, il quale nel 2005 con i suoi esposti sul Piano regolatore, sull’abusivismo edilizio, su certe transazioni fatte dai politici locali, contribuì allo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Consiglio comunale del suo paese. Se volete capire cos’è il potere in quest’Isola – le sue zone grigie, le sue ramificazioni, le sue complicità dirette e indirette, i suoi legami a volte chiari a volte ambigui e sfuggenti – dovete conoscere la vicenda di questa persona di cinquant’anni la quale, dopo aver denunciato i rapporti fra mafia, politica ed affari di quel territorio, è stata rinviata a giudizio per diffamazione dalla stessa Procura di Barcellona Pozzo di Gotto alla quale per anni si era rivolta. Invano. E così, al colmo dell’esasperazione, il 2 ottobre del 2008 esce di casa, prende la macchina, fa alcuni chilometri di autostrada, supera il territorio di Barcellona, arriva in quello di Patti, scende dall’auto e si lancia in un burrone dove viene trovato fracassato. Qualche ora dopo gli inquirenti trovano una lettera scritta di suo pugno, l’ultima della sua vita: “La magistratura barcellonese e messinese vorrebbe mettermi alla gogna, vorrebbe umiliarmi, delegittimarmi, perché ho osato fare il mio dovere di cittadino denunciando il malaffare, la mafia, le connivenze, le coperture e le complicità di rappresentanti dello Stato corrotti e deviati”.
Parole pesanti che, dopo la sua morte, diventano macigni contro certe istituzioni che, come dice il fratello Biagio, “invece di indagare sui destinatari delle sue denunce, hanno cercato di colpirlo con il rinvio a giudizio”.
Biagio Parmaliana somiglia in modo impressionante al fratello. Avvocato, dal 2 ottobre 2008 continua le battaglie di Adolfo, “soprattutto per i nipoti Gilda e Basilio”. Apre un fascicolo, prende le carte e comincia a parlare. “Non c’è soltanto la lettera di mio fratello sul tavolo dei magistrati reggini – dice – . C’è soprattutto un rapporto esplosivo (si chiama “Informativa Tsunami”) dei carabinieri di Barcellona sul Comune di Terme Vigliatore, frettolosamente archiviato, ma ripreso dalla Procura di Reggio Calabria,: quell’informativa è fondamentale per capire il sistema di potere contro il quale si batteva mio fratello”.
Nelle oltre 200 pagine firmate dall’ex capitano di Barcellona Pozzo di Gotto, Domenico Cristaldi, si legge di tutto: gli affari sporchi di alcuni politici, i legami con la mafia, le vastissime ramificazioni clientelari, ma soprattutto le protezioni di cui certi amministratori avrebbero beneficiato da parte di qualche magistrato locale. “Quando mio fratello lesse l’informativa si rese conto che il magistrato al quale si era rivolto, il sostituto procuratore di Barcellona, Olindo Canali, lo aveva ingannato: da un lato gli mostrava piena disponibilità nel fare le indagini, dandogli addirittura la sua e-mail privata, dall’altro pensava di proteggere il personaggio contro cui mio fratello aveva rivolto le sue denunce, l’ex sindaco di Terme Vigliatore, Bartolo Cipriano, una carriera nella Democrazia cristiana, poi in Alleanza nazionale, quindi nel centrosinistra (Partito popolare e Margherita) che nel 2001 lo candida addirittura alle nazionali”.
Secondo il rapporto dei carabinieri, su Cipriano “si è riscontrata inequivocabilmente la sua tentacolare posizione di snodo” tra poteri economici “famelici”, poteri politici “malati” e poteri istituzionali. Ma il rapporto dell’Arma si spinge oltre Terme Vigliatore: si sofferma sull’amicizia fra il sostituto Olindo Canali (accusato di “ambiguità” anche da Sonia Alfano nella vicenda che riguarda l’assassinio del padre giornalista, avvenuta nel ‘93) e colui che viene ritenuto il nuovo reggente della cosca barcellonese, Salvatore Rugolo, figlio del patriarca della mafia locale Francesco Rugolo (ucciso negli anni Novanta), e cognato del boss Giuseppe Gullotti, oggi in carcere perché condannato in via definitiva a 30 anni di carcere per essere stato il mandante dell’uccisione di Beppe Alfano. Secondo gli inquirenti, Gullotti è colui che si fece cinquecento chilometri per portare personalmente a Giovanni Brusca il telecomando per la strage di Capaci. Questo per capire cos’è la mafia contro la quale Parmaliana lottava quotidianamente. Nel rapporto si parla di almeno due talpe “molto vicine al Pm Canali”, che dalla Procura barcellonese informavano sia l’ex sindaco di Terme Vigliatore, sia il boss di Barcellona. “Il tutto in cambio di favori”, scrive l’ufficiale dell’Arma. “Nel rapporto dei carabinieri”, seguita Parmaliana, “si parla di un intervento dell’ex Procuratore generale di Messina, Franco Cassata, presso l’allora sostituto procuratore Andrea De Feis, titolare dell’indagine su Terme Vigliatore, per bloccare l’informativa Tsunami. Un fatto anomalo, considerato che l’ex Procuratore generale abita da sempre a Barcellona e qui conosce tutti, mafiosi e antimafiosi. Nel 2001 in un esposto presentato al Csm, mio fratello rivelò che alcuni anni prima aveva invitato il Procuratore generale ad avocare alcune indagini su Terme Vigliatore senza ricevere alcuna risposta. Nello stesso periodo notò che il figlio avvocato aveva ricevuto degli incarichi proprio dal Comune di Terme Vigliatore”.
Fatti denunciati ripetutamente al Csm e al ministro di Grazia e giustizia – anche attraverso interpellanze da parte dei parlamentari del Pd Beppe Lumia, e dell’Italia dei valori Antonio Di Pietro, i quali hanno parlato di “incompatibilità ambientale” – che non hanno sortito alcun esito.
Biagio Parmaliana punta il dito pure nei confronti dei Democratici di sinistra e mostra una lettera del 5 febbraio 2006. Nella missiva, indirizzata all’allora segretario dei Ds Piero Fassino e ai responsabili del partito in Sicilia, il docente universitario denuncia che in una riunione svoltasi nella Federazione provinciale di Messina “sono stato oggetto di intimidazioni e minacce da parte di taluni membri della Direzione in riferimento ad un articolo… che riferisce della compartecipazione di alcuni iscritti e dirigenti del nostro partito nella vicenda riguardante la realizzazione della zona artigianale di Terme Vigliatore”, vicenda cui fa riferimento il decreto di scioglimento per infiltrazioni mafiose.
“Negli ultimi tempi mio fratello era molto amareggiato per essere stato rinviato a giudizio”, dice l’avvocato Parmaliana. Basta leggere la lettera che il docente universitario scrive il 27 settembre scorso a Beppe Lumia: “Caro Beppe… mi sento punito, messo al pubblico ludibrio per essermi battuto per la legalità, per aver contribuito a smascherare un sistema politico-mafioso che dominava nel silenzio generale”. “Solo Lumia e Claudio Fava hanno preso posizione a favore di mio fratello. I vertici messinesi del partito lo hanno isolato alla grande”, afferma Biagio Parmaliana. “Né da Roma né da Palermo gli è pervenuta alcuna solidarietà. E pensare che Adolfo era stato consulente dell’allora sindaco di Roma, Walter Veltroni, per le problematiche ambientali. Neanche da parte sua è arrivata una parola”.
(tratto da “la Repubblica” e “Left)
3. Continua
cavolo… che delusione per lui e anche per me…