Come e perché stamattina sia stato travolto dal trenino della Circumetnea lo sa solo lui, questo ragazzo di 17 anni di Biancavilla (Catania), che fino allo scorso anno frequentava il liceo scientifico di Paternò e da pochi giorni si era iscritto all’istituto psico-pedagogico di Adrano per continuare gli studi. Lo sa solo lui il come e il perché, e le Forze dell’ordine accorse sul posto che stanno ricostruendo la dinamica di questo incidente che ha gettato nella disperazione i familiari e gli amici del ragazzo, attualmente ricoverato all’ospedale Cannizzaro di Catania in gravissime condizioni. Secondo l’agenzia Ansa, il giovane era in sella a uno scooter e improvvisamente è stato travolto dal convoglio. Dopo l’intervento di una squadra dei vigili del fuoco del distaccamento di Paternò, la vittima è stata soccorsa dal 118. Ha riportato un trauma cranico, lesioni interne e la frattura del bacino. Dopo essere stato stabilizzato, è stato portato in sala operatoria per un intervento d’urgenza.
Ma al di là del fatto di cronaca, vorremmo parlare di questo ragazzo che l’autore di questo articolo conosce attraverso chi lo conosce bene. E chi lo conosce bene oggi è triste, molto triste. Non sa darsi pace. Perché – dice – finire sotto un treno è una cosa, finire sotto una macchina un’altra: il primo puoi prevederlo, la seconda spesso no. Eppure stamane, nei pressi della stazione Giaconia, in una zona di campagna a un passo da Paternò, è successo questo e chi lo conosce bene compulsa avidamente il telefonino per avere notizie dai molti compagni che gli vogliono bene.
Dice chi lo conosce bene che il ragazzo che stamattina è finito sotto il treno è un tipo originalissimo, scanzonato, con un’andatura dinoccolata e sempre sorridente. Timido e introverso al cospetto degli sconosciuti, scoppiettante ed istrionico davanti agli amici. Simpaticissimo. Di quella simpatia involontaria che tiri fuori spontaneamente quando per renderti simpatico con gli altri non ci metti mai niente di tuo. È un fatto naturale e basta.
Dice chi lo conosce bene che si tratta di un ragazzo intelligentissimo e dal rendimento scolastico non esaltante. E poi – sempre chi lo conosce bene – parla dei primi giorni di scuola, in quella classe del liceo scientifico Enrico Fermi di Paternò, quando lui, fresco di scuola media, per la prima settimana non si presentò in classe e quando i professori scandivano il suo nome, prima delle lezioni, nessuno rispondeva all’appello.
Dice chi lo conosce bene che si rideva ancora senza conoscerlo, e addirittura – siccome il suo nome di battesimo finisce con la “a” – qualcuno ipotizzava che si trattasse di una ragazza.
Insomma, dice chi lo conosce bene, che per sette giorni l’identità di questo compagno di classe restò un mistero. Poi un bel di’ si presentò questo ragazzino di Biancavilla, smilzo, anticonformista, buono, con quegli occhi neri profondi, specchio di un’anima inquieta, che più che somigliare a un giovane di questi tempi, ricordava i beat degli anni Sessanta, un tipo che più che amare i libri è portato ad amare le donne. E allora fu amore a prima vista fra lui e i compagni, che cominciarono a guardarlo affascinati, perché quando i professori li tratti con rispetto ed educazione, ma al tempo stesso con l’atteggiamento beffardo di chi si diverte a prendere in giro la vita, emani il fascino prorompente della trasgressione, perché a quell’età la vita è troppo bella per essere circoscritta in un’aula scolastica, e perché in fondo a quell’età ti puoi permettere tutto, anche di non pensare a nient’altro che al presente, di gustarlo per intero, di accompagnare una ragazzina alla fermata dell’autobus con la signorilità di un gentiluomo ottocentesco e con la sfrontatezza di un hippy del Duemila.
Dice chi lo conosce bene che quella volta alla fermata dell’autobus si rise di gusto, perché a lui quella ragazzina piaceva tanto, e però gli piaceva di più la libertà di esprimersi a modo suo. Come stamattina, quando, non si sa come e perché, con lo scooter si è preso la libertà di camminare in un posto dove non doveva trovarsi.
Forza ragazzo, la vita è tua.
Nella foto: il luogo dell’incidente
Luciano Mirone
Fra tanta commozione che ci è stata espressa in privato in favore dell’articolo, anche da parte di chi non conosce Elia (il ragazzo investito dal treno di cui ieri non abbiamo ritenuto di menzionare il nome per rispetto di una privacy ormai superata dalla cronaca), ci sono pervenute un paio di proteste da parte di altrettanti compagni della giovane vittima, che accusano questo giornale di avere riportato il falso, sia in merito al fatto che al momento dell’incidente Elia fosse a bordo di uno scooter, sia in merito alla personalità del ragazzo che – secondo qualcuno – non corrisponde alla descrizione fatta dall’articolo. Sul primo punto spieghiamo che la notizia non ce la siamo inventata, ma – come è stato accennato nel “pezzo” – l’abbiamo attinta dall’Ansa, l’agenzia giornalistica più autorevole d’Italia, che a sua volta l’avrà appresa da una fonte ufficiale alla quale la stessa – come è prassi quotidiana – si è rivolta. In ogni caso, come abbiamo scritto ieri, siamo in attesa di una ricostruzione della dinamica da parte Forze dell’ordine, in modo da avere un quadro chiaro sull’accaduto e riportarne i particolari su questa testata. Sul secondo punto ricordiamo che scopo dell’articolo era quello di tracciare un profilo umano del ragazzo attraverso la testimonianza di qualche compagno di scuola che lo ha frequentato nelle aule scolastiche e anche fuori. Ne è uscita fuori la personalità di un giovane simpaticissimo, intelligentissimo e solare (sono parole usate nel “pezzo”) che, secondo qualche lamentela, non corrisponde al temperamento di Elia. Concetti soggettivi che rispettiamo. Eppure a noi risulta che Elia fosse esattamente come è stato descritto nell’articolo (simpaticissimo, intelligentissimo, solare e tanto altro), e così ci piace ricordarlo. Dopodiché smettiamola con queste polemiche inutili: stringiamoci attorno alla famiglia, e preghiamo Iddio che Elia possa salvarsi e campare felicemente altri cento anni.
luciano mirone